lo stupro, ancorchè volontario, è uno speciale peccato di lussuria che sta da sè. Ed avendo il Conc. Trid. sess. 14, can. 7 definito essere necessario, per diritto divino, dichiarare al confessionale le circostanze che mutano specie al peccato, sorge qui quest'altra questione di pratica giornaliera, cioè, se coloro i quali sono colpevoli di stupro volontario, sia di fatto, sia col desiderio, o pel piacere, sieno tenuti di manifestare la circostanza della verginità. Generalmente i teologi affermano essere ciò necessario come conseguenza del principio ammesso.
?Nonpertanto--dice Sylvius, t. 13, p. 835--l'opinione contraria non manca di probabilità, e perciò non reputiamo da condannarsi coloro che non chiedono, ad una giovane penitente, se essa sia vergine o deflorata.?
Billuart, e con esso, t. 13, p. 357, Wiggers, Boudart e Daelman, sostengono che la circostanza della verginità nello stupro volontario non aggiunge una speciale malizia alla fornicazione, ma è solamente una malizia veniale, che non è quindi necessario di svelare nella confessione. Infatti se questa malizia fosse, di sua natura, mortale, a più forte ragione sarebbe tale in questo caso in cui--come dice S. Tommaso--la perdita dell'imene della verginità mette la giovane sulla via della prostituzione, e reca grave offesa ai suoi parenti. Ma la fanciulla non sembra, per questo solo fatto, messa in prossimo pericolo di prostituirsi; e se, ignari e consapevoli i parenti, essa acconsente liberamente al suo sverginamento, nessuna ingiuria vi ha in ciò per essi.
Inoltre se la malizia dello stupro volontario fosse semipre mortale la ragazza, accusando se stessa di godimenti venerei, sarebbe tenuta di dichiarare se fosse o no vergine, in guisa che, nel caso di un peccato puramente intimo e forse dubbio, ella dovesse in qualche modo fare una confessione generale. Similmente, l'uomo che desidera il godimento di una donna, è obbligato di dichiarare s'egli la giudicava vergine o deflorata. Se poi il penitente o la penitente non si spiegassero spontaneamente su di ciò, allora dovrebbe incombere l'obbligo al confessore di interrogarneli; ma siccome ciò è molto increscioso, così i più fra i confessori respingono questa pratica.
Di più, gli autori generalmente insegnano che la circostanza della verginità in un uomo che volontariamente si fa stuprare, non aggiunge malizia mortale alla semplice fornicazione. Nè la differenza fra la perdita volontaria della verginità nella donna o nell'uomo sembra tanto rilevante da essere peccato mortale lo sverginamento in un caso, e nell'altro no.
Billuart, t. 13, p. 360, assevera che prima di abbracciare questa opinione, si trovò in serii imbrogli e diede ad altri non poche molestie interrogando i penitenti su questi casi, e raramente ne riuscì soddisfatto.
Io stesso confesso che nei primi anni del mio sacerdozio mi avvenne la stessa cosa e non una volta sola. Perciò prudentemente ora mi astengo dal movere codeste invereconde domande, quante volte mi sembrano importune, e ciò per le seguenti ragioni:
1. Per la probabilità della opinione or ora esposta;
2. Per la difficoltà di uniformarsi ad altra opinione;
3. Pel timore di scandolezzare i penitenti e di ispirare loro avversione contro il tribunale della penitenza;
4. Per la buona fede nella quale sono i fedeli circa l'obbligo di dichiarare la circostanza di cui si tratta. D'altronde, per volere la pienezza della confessione non si è obbligati ad esporsi a tali inconvenienti.
ARTICOLO III.--Del ratto.--Il ratto, in generale, è il forzare una persona qualunque, ovvero i suoi parenti, allo scopo di saziare su di essa una libidine. Questa definizione si adatta egualmente al ratto per violenza e al ratto per seduzione, ed è in conformità alle nozioni che dell'uno e dell'altro abbiam dato nel nostro Trattato sul matrimonio[3]
[3] La seconda parte di questo volume è precisamente il supplemento del Trattato, al quale qui allude l'Autore. (Nota del traduttore)
Noi diciamo: 1. Non tenendo qui conto della circostanza del trasferimento da un luogo ad un altro (che generalmente i teologi richiedono) imperocchè una donna può essere forzata nel luogo stesso ove si trova, diciamo che la forza, che si può anche dir violenza, può essere fisica (e questa ognuno la capisce) e può essere morale, cioè se fatta ad una minorenne incutendo un timore assolutamente o relativamente grave, o con importune preghiere o con blandizie o incitamenti alla sensualità.
La fornicazione con una minorenne consenziente all'insaputa de' suoi genitori, e senza che vi sia trasferimento da un luogo ad un altro, non è propriamente un ratto, perchè qui non esiste violenza: ma è un oltraggio ai parenti, a cui era affidata la custodia della castità della loro figlia.
Noi abbiam detto: 2.° una persona qualunque, imperocchè ogni essere umano sia vergine o no, sia libero o coniugato, sia laico o consacrato a Dio, sia maschio o femmina, può essere oggetto di ratto.
Similmente, quegli che usasse violenza alla sua fidanzata, o, essendo minorenne, la sottrasse, senza il volere de' suoi parenti, sarebbe un vero ratto, perocchè l'essere fidanzati non conferisce nessun diritto a far ciò.
Abbiam detto:
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