Vecchie cadenze e nuove | Page 8

Emilio de Marchi
generosi e forti?Farei nel core gli amorosi incanti.
II.
Allora, o verga magica, vorrei?Stender lunga una tavola imbandita?A fiori, a lumi, a lucidi trofei,?Colma d'ogni allegrezza più squisita.
E Siri e Turchi ed Arabi e Giudei,?Misti al popol di Cristo che ne invita,?E ciechi e vecchi logori vedrei?Inebriarsi a una seconda vita.
O festa lunga fino all'orizzonte!?Verrian dal mar le navi pellegrine,?Verrian dai campi i miseri e dal monte,
Verrian gli afflitti e l'anime meschine,?Ch'han la vergogna ed il delitto in fronte,?A chieder grazia, disciogliendo il crine.
III.
Al nuovo cenno si aprirebbe il coro?Del paradiso e giù dagli sgabelli?Vedrei scendere i santi in veste d'oro?Luminose le barbe ed i capelli.
In litania d'amor, nel concistoro?S'udrian cantar cogli esuli fratelli:?IN TERRA PAX, IN TERRA PAX... e a loro?Dal cimiter rispondere gli avelli.
E rose e perle e di mille colori?Le gioie spargerei sul mio cammino,?Adornando di lauro ogni stamberga.
Quando il gallo cantasse a mattutino,?Vedreste, o bimbi, un gran giardino a fiori,?E tramutato il mondo in Norimberga.
IV.
Stanotte a mezzanotte, quando spunta?La dicembrina luna,?Andiam, devoti amici, sulla punta?De' piedi a meditar presso una cuna.
Nel tenero sorriso?De' bimbi che riposano?è in terra un luccicar di paradiso.
A mezzanotte fra tintinni e canti?Per una liscia scalinata d'oro,?Scende nei sogni loro?Iddio con tutti i santi.
? * *
Se Dio tu cerchi invan nella morente?Speranza dei mortali,?E stanche in ciel va dibattendo l'ali?La superba ragion che il dubbio espia,?Oh credi almeno a questa poesia!?Fin che sorride un piccol innocente?Nei sogni della culla,?è Dio che dolcemente?Colla ragion dei padri si trastulla.
LA CHIESETTA
Sul sasso ignuda sta, carca le spalle?D'anni e di doglie la chiesetta antica;?Dal fondo guarda a lei tutta la valle,?Come tu pensi alla lontana amica.?Apresi a stento un praticel davanti?Tra gli orli dell'abisso e il vecchio muro,?Che le scosse sentì di non so quanti?Secoli e sta di sua bontà sicuro,?Una sola è la squilla, agli echi tutti?Nota del monte e povero è l'altare;?Un Cristo piange il suo dolor dai brutti?Occhi tra ceri stanchi d'aspettare.?Aspetta stanco anch'esso un cataletto?Che un qualche morto a scuoterlo si muova;?Per l'ampia soglia luminoso e schietto?Entra il sol, entra il vento, entra la piova,?Entra del fieno l'alito e dei fiori,?Entran le rondinelle, entrano i cuori.
CANZONETTE DI PRIMAVERA
I.
La bella primavera, o cittadini,?Di violette adorna,?Ecco tra noi ritorna.?April l'accoglierà ne' suoi giardini?E sotto i pergolati?Di fresco inghirlandati,
Uscite ad incontrarla, o quanti siete?Belle fanciulle e quanti?Desiderosi amanti:?E voi, che vecchi stanchi, non potete?Discendere le scale,?Correte al davanzale.
Ella sen vien di molli aure vestita?Nel rugiadosi umori?Il sen colmo di fiorì:?E dove passa colle rosee dita?Crolla le siepi e scioglie?Del mandorlo le foglie.
S'increspa il flutto e brilla?Bianco nel prato il torrentel; sul clivo?S'illumina ogni villa.?Andiamo ad incontrare,?O cittadini, in lungo stuol giulivo?Le rondini sul mare.
II.
Di raggi d'oro il sole?Rallegra le finestre:?E dalle stalle fuggono le fole,?Che le comari al novellar maestre?Allungan, quando fiocca,?Sul filo della rocca.
S'apre il mattin. D'argento,?Fanciulla, è l'alba e ride:?Tu la mantiglia sciorinando al vento,?Scoti la polve e le lusinghe infide,?Che in mezzo a false rose?Il carneval vi pose.
O mio dolore assorto,?O miei pensieri bruni,?Itene fuor, libratevi nell'orto?A far bisbiglio tra le siepi e i pruni:?E vi trasformi il sole?In rose ed in viole.
LASCIAMOLE VOLAR....
_Alle allieve del Collegio Bianchi-Morand
l'ultimo giorno di scuola._
Apriamo le finestre oggi a costoro,?Apriam la gabbia d'oro,?Lasciamole volar queste figliuole?All'aria, al verde, al sole.
Già troppo le vedemmo gli occhi inchini?Sui vecchi libri e sui gualciti lini?A tessere la vita?Rinchiusa e scolorita.
Mal tornan le viole?Entro il recinto oscuro,?Lenta si svolge abbarbicata al muro?L'edera senza sole.
Oggi le chiaman dall'erbose rive?Dai margini fioriti a larghi gridi?Dai numerosi lidi?Del mar, dalle cascate fuggitive
Le liberali voci di natura?A respirar la pura?Energia della vita tutta quanta?Che gioca, ride, canta.
Lasciamole volar. Le selve, i piani?Han bisogno di voci allegre e oneste?Ahimè! già troppo meste?Son le giornate dei lavori umani....
Queste alle selve, ai monti?Vadano, il crin fiorito?Degli altri uccelli al gorgheggiante invito?A farsi belle a specchio delle fonti
Nel sangue che scintilla?Più vivo balza il cor che lo riceve?Divina è la pupilla?Che più lembi di ciel dischiude e beve:
Quanto rapì nella stagione oscura?Il pigro e curvo inverno,?Col suo tesoro eterno?A cento a cento renderà natura.
Il sol che pinge i fiori?Il mar che mai non posa?Ritornerà sui languidi pallori?Il bel color di rosa.
A lor che un giorno soffriran la guerra?Dei torbidi elementi?Giovi produrre le radici in terra?Profonde e dar tutta la chioma ai venti.
A lor che un giorno forniranno i nidi?Nei verdi amplessi ai teneri usignuoli?Tornin benigni i soli?Tornin le brezze degli aperti lidi.
Lieto trionfo nostro?Sarà quel dì che sulle belle gote?Vedrem stampato in rubiconde note?Quel che scriviamo in troppo nero inchiostro.
Volate dunque ad imparar la grande?Storia che parla e vive?Nelle libere cose. Iddìo la spande?Nell'universo e in mezzo al cor la scrive.
Nell'ampia scuola ove il saper si stende?Del ciel, nel libro aperto di natura?Ragiona una scrittura?Che molte cose insegna a chi la intende;
Per gli stellati numeri si svolve?Una dottrina arcana?Che tutta passa della scienza umana?La radunata polve.
Questa dolce sapienza or dunque cada?A
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