colmo bicchiere alla bocca, lo vuot�� d'un fiato.
L'esempio fu seguito da tutti.
--Ah yes! altro bicchiere, grid�� l'inglese facendo scoppiettare il suo frustino, altro ancora, eppoi vincere.
--V��h, v��h, l'inglese s'infiamma! osserv�� Piero con un po' d'ironia.
--To', �� vero, aggiunse Tonio.
--Yes! e perch�� non m'infiammare? Non avere forse puledro inglese pi�� nobile sangue che non italiano? Non valere cavallo inglese tre volte cavallo italiano?
--Guarda Franz, disse Marco ridendo, che te la lascio passare perch�� hai avuta la prudenza di limitare il confronto ai soli cavalli delle due razze, ma se mi facevi una questione d'uomini, t'avrei provato che avevi torto.
--Ah, io non conoscere che vostri cavalli, uomini non ancora.
--Sta sempre a te se vuoi farne la conoscenza, not�� Piero con malizia.
--Ed io la fare molto volontieri, anche subito; e Franz balzava in piedi scoppiettando bruscamente il suo frustino.
Piero, giovinetto molto ardito, d'un salto fu davanti all'inglese e si preparava a rispondere alla sfida, se non che la voce amorevole di Marco tuon��:
--Ma s��, fatemi delle scene adesso; diavolo, che non si sappia reggere ad uno scherzo? Gi��, Franz, al tuo posto; io non voglio andar a dormire col peso di due partite in sulle spalle; qua il mazzo adunque e giuochiamo.
--�� vero, brontol�� l'inglese tornandosi a sedere, non perdiamo tempo inutilmente.
--Gi��, perch�� a momenti torner�� il padrone, aggiunse Tonio.
--Oh, per questo, disse Marco, possiamo star certi che il padrone non lo vedremo tanto presto. Oggi �� sabato, ed in questo giorno le sartine sogliono guadagnarsi di notte le ore di riposo dell'indomani, e fra il padrone e le sartine corrono adesso certi rapporti...
--Ah s��?...
--Tien dietro forse ad una di loro?
--E che bella tosa, aggiunse Marco.
--Ecco un'avventura che il padrone incomincier��, e che noi come al solito dovremo terminare.
--Sicuro, lui fiuta la preda, a noi acchiapparla e mettergliela nel carniere.
--Diventate conti e milionari, eppoi farete lo stesso.
--Bravo Marco, hai ragione.
--Scommetto che tutto finire come altre volte con un viaggio a Magenta, osserv�� Franz; miei cavalli oramai sapere a memoria la strada.
--Tanto meglio, la faranno pi�� in fretta.
A por fine a questa enigmatica conversazione si fece sentire il passo d'un uomo salire lentamente lo scalone. Tutti tesero attenti l'orecchio.
--�� lui, esclamarono in coro i quattro servi, e balzarono in piedi.
--Va adagio, brutto segno, congettur�� Marco accendendo un lume.
Infatti poco dopo entr�� il conte Sampieri e girando attorno uno sguardo bieco senza neppur curarsi degli ossequiosi inchini dei suoi servi s'intern�� negli appartamenti.
Marco lo segu��.
Arrivato il conte nel suo salotto si gett�� senza profferire parola sur una sedia ed appoggiati i gomiti alle ginocchia si nascose il volto nelle mani.
Marco si ferm�� rispettosamente davanti al conte aspettando i suoi ordini.
Pass�� qualche minuto, alla fine Marco vedendo che il padrone non sembrava accorgersi di lui, non osando parlare pel primo sapendo quanto veemente ed impetuoso egli fosse, si pose a passeggiare per la camera movendo or questo or quell'altro mobile, fingendo porli in assetto, ma in sostanza al puro scopo di far un po' di rumore.
Infatti Sampieri alz�� la fronte; vi si scorgeva impresse le traccie d'una lotta crudele combattuta internamente.
--Che fai Marco, grid�� dispettoso, ritirati e non mi seccare pi�� oltre.
--Signor conte, bel�� umile il servo...
--Vattene in tua malora, url�� Sampieri.
--Gli ��...
--E che, non obbedisci? bada Marco...--I suoi occhi scintillavano di rabbia.
--Ebbene me ne vado, lo lascer�� solo...--Ed il servo mosse verso la porta.
Il conte lo accompagnava con lo sguardo ed allorquando lo vide uscire quasi pentitosi del suo piglio troppo severo:
--Marco! chiam�� con voce pi�� dolce.
Il servo rientr��.
--Dove vai adesso?
--A dormire, signor conte, non me n'ha ella data licenza?
--E mi abbandoni qui soletto come un cane mentre ne ho tanto bisogno di compagnia?
Il conte sembrava commosso.
--Ma non �� forse quello ch'io bramo di rimanere con lei? Oh ma senta, signor padrone, proruppe il servo con espressione assai risoluta, se �� una vendetta incompiuta, un odio non soddisfatto, un insulto patito, quello che lo rende cos�� triste, si ricordi ch'io sono sempre pronto a farmi fare in mille pezzi per lei, comandi, io non verrei meno di fronte a qualsiasi pericolo, fossa anche di provare al boia che so fare il suo mestiere.
--Lo credo, Marco, esclam�� il conte rabbonito, tu mi sei affezionato e fedele, lo credo, ma ora non mi puoi far nulla. Ho l'inferno nel cuore, la confusione nella testa, sono malato.
--Ma di una malattia non incurabile signor conte: disse Marco moderando la voce, penso io a guarirla. Lei ha bisogno di cambiare un po' d'aria, d'abbandonare per esempio Milano e fare una gita al suo castello di Magenta. L'aria di quel paese gli ha sempre fatto bene lo neghi se lo pu��, gli ha sempre portata la salute in mezzo ad un nembo di gioie, di voluttuosi piaceri... Magenta, ecco la ricetta infallibile.
Il conte alz�� gli occhi ed incontr�� lo sguardo di Marco.
Servo e padrone si compresero pienamente, un sorriso malizioso sfiorava
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