Ugo: Scene del secolo X | Page 5

Ambrogio Bazzero
per mettere putti a' maestri, per mutare luogo, per
accingersi a viaggio per terra od acqua, per far compagnìa, per parlare
con uomini di qualunque stato e dignità, per trattare negozii, per entrare
nei bagni, per torre servi, per mandare messi, per andare a caccia nelle
selve o nei fiumi. Vostra Celsitudine domanda se avrà vittoria nella
intrapresa guerresca. Questa richiesta non nasce da elezione o consiglio,
ma dall'influsso della costellazione che in quest'ora si ritrova nel cielo.
Ho interrogato gli astri: ho interrogato la sorte. La sorte si fa sicura,
tirando i punti di numero incerto, avendo voltata la faccia nella luna,
con altre osservanze, dal raccogliere i quali punti si fanno quattro figure
che si chiamano matri, dalle quali si cavano altre non poche, e i loro
aspetti si nominano con nome dei pianeti, e così il rispetto, che hanno
fra loro, come li considerano nel cielo. Perocchè mentre l'uomo dal

desiderio di ricercare le cose future segna i punti, egli è venuto a questo
per la costellazione della sua natività, talchè la forza del cielo guidi la
sua mano, talchè non faccia nè più nè meno punti di quello che basta al
giudicio delle cose che ricerchiamo: la quale divinazione si chiama
Geomanzìa. Mio signore, gli astri e la sorte hanno risposto: vittoria!
Adalberto, prima che l'astrologo fosse a metà della noiosa chiaccherata,
sbuffando, fece trarre le torri di legno e le macchine guerresche, i
trabuchi, le manganelle, le petriere; si pose a capo dei cavalieri, e colla
somma ragione del più forte e del più ladro, mosse al castello
d'Ildebrandino. Mandò Guidaccio con quaranta lance al cavaliero,
dicendo: messer Adalberto l'aspettava per la prossima Pasqua di
Resurrezione all'omaggio: da cavaliero non mancasse: era istituito
vassallo col guanto da volare gli astori, con molto onore, con
giuramento.
Il presidio della rôcca era inferiore assai alla scorta dell'araldo: per il
che messere Ildebrandino, sporgendo il capo tra un merlo e l'altro a
guardar giù, dovette dirsi:--Sono spacciato!--e tanto dovette mordersi le
labbra a sangue, che fosse lì lì per scagliare, a vece di risposta, il
trombetto a gambe levate: pure pensò alla ruina di Lamberto,
l'oppositore del vescovo di Saluzzo, e, serrato tra le quaranta lance, lui
stesso sentì il bisogno di guardarsi alle spalle. Domandò a
Guidaccio:--Messere l'araldo, avete altro a dire?
--Messere sì.
--Vi ascolto.
--Le nostre torri d'assedio e i nostri trabuchi sono fatti colle legna dei
ribelli vinti: il cavaliero Lamberto, lo rammentate?
--Chi vi disse?
--Il mio signore.
--Il nostro signore è potentissimo--e Ildebrandino, amarissimo, fece una
reverenza di sommessione, e aggiunse:--È ventura l'essere sotto le
bandiere del signore, quando si hanno sproni d'oro e fortuna nemica,
ma anima sempre libera. Suonate la tromba per noi: i nostri figli, ove
Dio li conceda, spero ricorderanno questi squilli!
Così s'arrese Ildebrandino. Messere Adalberto, quando Guidaccio gli
ricomparve innanzi, per poco non gli dette la mazza sul capo. Egli
desiderava l'araldo insultato o peggio, le lance catturate, il ponte
levatoio alzato a precipizio, inalberato sulle torri lo stendardo,

tumultuosamente bandita l'oste: invece l'impresa si racconciava, come
una briga da' frati, con un inchino e un--Fiat voluntas tua.
Con tempestoso desiderio Adalberto si fece capo della vanguardia delle
lance, e, mandato Guidaccio in coda alla torma a fare compagnìa
all'arnese più disutile, l'astrologo, corse al castello di Oldrado.... In
quello c'era madonna Guidinga!... Ad Adalberto scoppiava il cuore al
fragorosissimo segno dell'arme! Fu calato il ponte, s'aperse il portone, e
venne innanzi un garzonotto tutto in bianco, con un bastoncello alzato,
il quale proclamò:--Quelle non essere le regole delle castella, doversi
procedere come l'uso fra onorati cavalieri comporta. Passate tre ore da
questa dichiarazione, mandate pure l'araldo, e noi risponderemo, e
mandatelo suonando le campanelle dalle torri di legno, noi
risponderemo suonando i pifferi dalle torri di sasso.--E il garzonotto
tanto tenne levato il bastoncello bianco, a segno di inviolabilità, sicchè
nessuno potè coglierlo in fallo, e nessuno per tema di essere tacciato
misleale alzò la mano su di lui. Ch'ei fosse venuto, insultando, non c'era
dubbio: ch'ei si partisse sano e salvo, era stizza di tutti, ma norma di
guerra, la quale tanto più feriva messer Adalberto che aveva voluto solo
procedere colla forza e senza lealtà.--O Guidinga! o schiava di messer
Oldrado!--smaniava, tormentandosi, Adalberto.... Ma per consiglio dei
capitani aspettò... Tre ore sulle brage dell'inferno, tre eternità!
Si schiuse tutto il portone, segno d'arresa, e comparve il garzonotto in
nero, e lesse il bando, per cui--al molto glorioso signore di Auriate si
calavano le bandiere.--Messere Adalberto galoppò dritto nella rôcca, e
ambiziosissimo s'impose:--Prima regoliamo la bisogna del marito!
Venga Oldrado, ed oggi stesso riceverò da lui l'omaggio. Questo suo
vitupero sarà la più bella gioia per Guidinga!--E, scavalcato, passando
per la porticina stretta che da un corritoio dava nella chiesa solitaria,
udì dietro le spalle sbattersi
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