Ugo: Scene del secolo X | Page 6

Ambrogio Bazzero
irremissibilmente l'antaccia di quercia, si
trovò a un tratto separato da' suoi capitani, si volse all'indietro e scorse
tutto buio, si volse all'innanzi, ed ecco in capo al corritoio il paggio
nero, il quale recava un cuscino nero e s'inchinava rispettoso,
dicendo:--Messere Oldrado è pronto a prestarvi l'omaggio.--Adalberto
si contorse molto iroso, irosissimo più che del pericolo, d'avere avuto
per un momento paura, s'avanzò, e, sotto l'usciale sollevato dal paggio,
entrò nella chiesa. Quivi trovò Oldrado solo e ritto, in aria così beffarda
che pareva gli dicesse:--Sono il marito di Guidinga: lasciate fare a me!

Avete saputo fare voi?--Che in quei tempi non si trovasse neppure
schermo alle vendette ai piedi degli altari, si sa, e si sa che gli
accorgimenti per condurre allo scopo i giuochi insidiosissimi avevano
tutto lo studio delle faccende scrupolose. Adalberto doveva ascoltare
quell'araldo bianco, vipera forse del tradimento? Doveva sgozzarlo!
Doveva aspettare le tre ore? E rivederlo ancora? Doveva sgozzarlo! E il
pronte s'era messo giù, il secondo portone spalancato, i porticati
apparivano deserti. I traditori tutti! Ed egli si era lasciato cogliere! Oh il
suo furioso amore per Guidinga era di quelli che si spaventano dei
mezzi? Ma se lo scopo era già per sè stesso tremendo e ineluttabile!... E
quell'arcone che menava al corritoio, e il coirritoio che menata alla
chiesa! Che c'era nel corritoio? Una porta inchiovata che valse una
muraglia: i suoi cavalieri al di là forse erano scannati: egli al di qua
forse con tutta la irrisione di una vendetta pensata e ripensata era tratto
all'inganno, e dall'inganno alla morte! O Guidinga! Guidinga!
Messere Oldrado era là nella chiesa solo e ritto. Aveva faccia di quelle
che anche nel sonno mostrano aggrottate le sopraciglia, rugosa
tenacemente la fronte, aperta la bocca al grido di battaglia, collo da far
disperare quelli che, per amore di qualche taglia bandita da alcuno
prepotentaccio vicino, dessero ascolto all'inferno, e arrotassero la
coltellazza e già preparassero il sacco, come Giuditta la gagliarda;
torace che portava tre usberghi e poi chiedeva anche il quarto, braccia
da armaiuolo milanese, gambe le quali se inforcavano gli arcioni vi si
serravano con tanta saldezza, sì che non ci fosse lancia da cavaliero
poderoso da allentarle o farle staffeggiare.
--O conte,--disse per il primo Oldrado:--mi accorgo che la cerimonia
poco soddisfa il vostro amor proprio.
E l'altro:--Messere neppure è da scudiero la insidia.
--Voi sbagliate: non sono armato e mi dichiaro vassallo vostro.
--Consento--con questa risoluzione Adalberto richiamò tutto il suo
odio;
E Oldrado:--Ed io consento. Udite: un debole cerbiatto tanto fa che un
giorno o l'altro debba essere dilaniato da uno sparviero: ma gli può
ficcare attraverso la gola un ossicino da mettergli tanto strozzamento da
far maledire il pasto.
--Messere, Oldrado, che le azioni vostre mi permettano di chiamarvi
cavaliere!

--Vi dissi: non sono armato e mi dichiaro vassallo vostro. Volete
ricevere l'omaggio? O fuggite le pompe?
--Voglio.
--Io pure. Bonello, fatti avanti--comandò Oldrado; e il paggio che si era
fermato sulla porta, entrò nella chiesa e recò il cuscino. Il padrone lo
prese, lo depose ai piedi di uno scanno larghissimo, a seggio baronale,
e invitò Adalberto. Il quale con grande dignità s'assise, e le parole
furono poche.
--Cavaliero, riconoscete vostro signore Adalberto, conte di Auriate?
--Riconosco.
--A quale istituzione?
--Questo tocca a voi.
--Sì: e giacchè avete parlato di sparviero, sia ad instituzione collo
sparviero.
--Collo sparviero.
--Giurate.
--Giuro a messere Domineiddio.
Poi spaventoso Adalberto corse per tutto il castello, e, ghignando, entrò
nella stanza di madonna Guidinga....
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Il signore di Auriate, quando furono introdotti nella sua sala della torre
Guidello ed Ingo, si levò impazientissimo, interrogando:--E così,
araldo?
--Con la grazia somma--rispose Guidello:--io ho salve l'ossa, voi la
onoratezza di cavaliero.
--Come andò?
--Il sagrato ci parve una benedizione del cielo: spiegai il bando e diedi
l'avviso.
--Chi accorse? Venne Ugo?
--Messere sì, c'era Ugo.
--Dunque?
--Con Ugo, lo scudiero: c'erano messere Ildebrandino, messere
Aginaldo, messer Baldo, con certi uomini di facce così sinistre!... Il
chierico bisbigliò un esorcismo di tutto cuore, ed io di tutto cuore
risposi.
A questo punto anche mastro Ingo entrò interlocutore:--Cavaliero

potentissimo, mio padrone, vi dico che qui ai vostri comandi scrivo
quanti malefizi volete, ma quando tirano cert'arie ai quattro venti....
Gridò il signore:--Dì su, Guidello.
E l'araldo:--Vi dico: vidi l'Aimone d'Oldrado, con quel ceffo di cane
rabbioso!
--Chi ti parla di scudieri?--interruppe sdegnosamente il signore:--E chi
ti dice che quelli siano a sproni d'argento?
--Messere, dico per dire.
--Parla di quei dappochi coi garzoni di falconerìa, e tieni le loro
imprese per narrare quando i miei servi stregghiano i somieri.
--Fatemi perdono.
--A un patto, Guidello: che la tua mano un dì
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