Ugo: Scene del secolo X | Page 4

Ambrogio Bazzero
il quale fa il mestiero, è pagato, e se ne va dal ponte:
imparò che negli steccati dei giuochi d'arme, se le cadute da cavallo
v'incarnano gli anelli di maglia nelle membra, perchè la lancia
dell'avversario vi coglie, è meglio che quelli vadano fino al cuore a
condensarvi dentro tutto l'odio, e questa vi avesse passato fuor fuora,
senza accorgervi di provare vergogna! Imparò che le dita ci furono date
da natura per contare le vendette da farsi: segnar croce colla penna è da
monaco, tagliare colla spada da cavaliero: si vive collo usbergo
maledetto, si muore coll'abito immacolato di qualche monistero.
Insomma tanto e tanto: sicchè, quando dallo stanzone dell'armi uscì un
feretro, e un altro, e un altro, all'ultimo messere Adalberto schiuse la
portaccia colle sue mani stesse. Partì, per sempre suo padre, messer
Brunone: ma venne dentro subito un ospite aspettato e vagheggiato:

l'orgoglio del comandare! Adalberto se gli abbracciò siffattamente, che
si trovò tolta la requie di giorno e il sonno di notte.
Il cavaliere, divenuto signore, sentì tutta la potenza del suo volere e
s'ingagliardì tristamente ne' suoi disegni d'impero e di conquisto. Si
trovò forte per un vastissimo patrimonio. Dal suo castello, sui monti di
Saluzzo, poteva fino alle cime di Monviso spingere i segugi,
inseguendo camozzi su terreni suoi: da oriente a Po se sorgevano torri
di cavalieri, stavano a condizione di ubbidienza a lui; alzavano i
pennoni degli avi a seconda della investitura dei feudi, a patto fastoso
dell'omaggio, e a patto più valido di bei mucchi d'oro e di giornate
d'armi. Su quello adunque che c'era non so chi osasse scuotere una
lancia adorna di una banderuola di ribellione: a quei tempi le idee
manco sottomesse di un valentuomo si pagavano a slogature di membra,
a flagellazioni da ebrei, a carezze d'aguzzino: e dico poco; lascio le
scuri, le forche, e i quattro cavalli per gli squartamenti.
Messer Adalberto fece atto da padrone, riconfermando i feudi e
ricevendo con bieca superbia l'omaggio. Se non che, siccome da
desiderio nasce cupidigia, comandare su quello che si ha è molto, poter
comandare su quello che si vorrebbe avere è moltissimo: il cavaliero
guardò le armi del padre sepolto, e disse:--Quello scudo egli adoperò
quando mosse al castello di Baldo. Quel petto ebbe le falde smagliate
dalla lancia di Aginaldo. Su questa sella messere passò vittorioso sui
ponti dei nemici!
Guardò le sue armi: lucentissime nei giuochi di guerra e nel giorno
della festa, quelle non erano da cavaliero: buone solo per chi avesse
speroni d'argento. L'armatura che si sogna nelle cupide veglie
dell'ambizione è quella ammaccata, schiodata, fatta nera dalla pece e
dagli olii bollenti, quella che si sveste la sera dopo il combattimento
furioso, esclamando:--Datela da riassettare alle mani del vinto!
Duri erano i tempi; e così avvenne di Adalberto, come di tutti. Ho detto:
indole ruvida e attesa impaziente. Comandava: e, per vero dire, nessuna
differenza metteva tra il ringhiare a un soggetto signore:--Messere, mi
obbedirete!--e al suo cavallo:--Torci a diritta.--Sorrise alla sua
spada:--Se vuoi fodero, cercala alla pelle di un mio nemico.--Acquetò
gli scrupoli di suo fratello monaco:--Pensateci: voglio la mia eterna
salvazione: pregate o vi faccio baciare una medaglia
arroventata.--Voleva comandare: e sapeva che c'era una rôcca da cui

non poteva passare, se non guardandosi alle terga, e nel fossato della
quale giacevano con poco convenevole sepoltura, insaccati nelle
ferraglie rose dal tempo, gli avanzi di un suo avo Adalberto, il quale
v'era andato a conquisto e non a morte da stoccate traditore. Sapeva che
c'era un altro castello in cui gemeva una donna! Per Adalberto non era
amore, era furore!
Adalberto bandì a' suoi vassalli le giornate d'armi, poi si fece predire la
ventura dall'astrologo, e perchè questi sapeva che nel suo mestiero
bisognava vedere le stelle, come voleva il padrone, per non vederle da
stare sul cavalletto della tortura, come voleva il tormentatore, gliela
predisse buona, e così:--Egli è opinione degli astrologhi che quando
l'animo dell'uomo è spinto al desiderio di sapere alcuna cosa in un
subito, ciò nasca non da elezione o consiglio, ma dall'influsso della
costellazione, che in quell'ora si ritrova nel cielo. E però se costui
domanderà consiglio all'astrologo, esso potrà dirgli il vero della cosa
che gli domanderà dalla figura del cielo fatta in quell'ora della
interrogazione, cioè: se l'amico assente sia vivo o morto, se
l'ambasciatore mandato ritornerà salvo, se ritroverà ovvero spedirà
prosperamente la cosa per la quale egli è stato mandato, se il tempo
sarà buono per seminare, tagliare legni per le fabbriche, acciocchè non
siano mangiati dai tarli e corrotti dalla tarma, per cavare il sangue, per
tagliare membri, per risanare, per prendere medicine, per fondare case,
per menare moglie, per comperare, per vendere, per vestire nuovi
vestimenti, per vendemmiare, per bere il vino in pace, per incominciare
opera di alchimìa,
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