a me! Avete saputo fare voi?--Che in quei tempi non si trovasse neppure schermo alle vendette ai piedi degli altari, si sa, e si sa che gli accorgimenti per condurre allo scopo i giuochi insidiosissimi avevano tutto lo studio delle faccende scrupolose. Adalberto doveva ascoltare quell'araldo bianco, vipera forse del tradimento? Doveva sgozzarlo! Doveva aspettare le tre ore? E rivederlo ancora? Doveva sgozzarlo! E il pronte s'era messo giù, il secondo portone spalancato, i porticati apparivano deserti. I traditori tutti! Ed egli si era lasciato cogliere! Oh il suo furioso amore per Guidinga era di quelli che si spaventano dei mezzi? Ma se lo scopo era già per sè stesso tremendo e ineluttabile!... E quell'arcone che menava al corritoio, e il coirritoio che menata alla chiesa! Che c'era nel corritoio? Una porta inchiovata che valse una muraglia: i suoi cavalieri al di là forse erano scannati: egli al di qua forse con tutta la irrisione di una vendetta pensata e ripensata era tratto all'inganno, e dall'inganno alla morte! O Guidinga! Guidinga!
Messere Oldrado era là nella chiesa solo e ritto. Aveva faccia di quelle che anche nel sonno mostrano aggrottate le sopraciglia, rugosa tenacemente la fronte, aperta la bocca al grido di battaglia, collo da far disperare quelli che, per amore di qualche taglia bandita da alcuno prepotentaccio vicino, dessero ascolto all'inferno, e arrotassero la coltellazza e già preparassero il sacco, come Giuditta la gagliarda; torace che portava tre usberghi e poi chiedeva anche il quarto, braccia da armaiuolo milanese, gambe le quali se inforcavano gli arcioni vi si serravano con tanta saldezza, sì che non ci fosse lancia da cavaliero poderoso da allentarle o farle staffeggiare.
--O conte,--disse per il primo Oldrado:--mi accorgo che la cerimonia poco soddisfa il vostro amor proprio.
E l'altro:--Messere neppure è da scudiero la insidia.
--Voi sbagliate: non sono armato e mi dichiaro vassallo vostro.
--Consento--con questa risoluzione Adalberto richiamò tutto il suo odio;
E Oldrado:--Ed io consento. Udite: un debole cerbiatto tanto fa che un giorno o l'altro debba essere dilaniato da uno sparviero: ma gli può ficcare attraverso la gola un ossicino da mettergli tanto strozzamento da far maledire il pasto.
--Messere, Oldrado, che le azioni vostre mi permettano di chiamarvi cavaliere!
--Vi dissi: non sono armato e mi dichiaro vassallo vostro. Volete ricevere l'omaggio? O fuggite le pompe?
--Voglio.
--Io pure. Bonello, fatti avanti--comandò Oldrado; e il paggio che si era fermato sulla porta, entrò nella chiesa e recò il cuscino. Il padrone lo prese, lo depose ai piedi di uno scanno larghissimo, a seggio baronale, e invitò Adalberto. Il quale con grande dignità s'assise, e le parole furono poche.
--Cavaliero, riconoscete vostro signore Adalberto, conte di Auriate?
--Riconosco.
--A quale istituzione?
--Questo tocca a voi.
--Sì: e giacchè avete parlato di sparviero, sia ad instituzione collo sparviero.
--Collo sparviero.
--Giurate.
--Giuro a messere Domineiddio.
Poi spaventoso Adalberto corse per tutto il castello, e, ghignando, entrò nella stanza di madonna Guidinga....
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il signore di Auriate, quando furono introdotti nella sua sala della torre Guidello ed Ingo, si levò impazientissimo, interrogando:--E così, araldo?
--Con la grazia somma--rispose Guidello:--io ho salve l'ossa, voi la onoratezza di cavaliero.
--Come andò?
--Il sagrato ci parve una benedizione del cielo: spiegai il bando e diedi l'avviso.
--Chi accorse? Venne Ugo?
--Messere sì, c'era Ugo.
--Dunque?
--Con Ugo, lo scudiero: c'erano messere Ildebrandino, messere Aginaldo, messer Baldo, con certi uomini di facce così sinistre!... Il chierico bisbigliò un esorcismo di tutto cuore, ed io di tutto cuore risposi.
A questo punto anche mastro Ingo entrò interlocutore:--Cavaliero potentissimo, mio padrone, vi dico che qui ai vostri comandi scrivo quanti malefizi volete, ma quando tirano cert'arie ai quattro venti....
Gridò il signore:--Dì su, Guidello.
E l'araldo:--Vi dico: vidi l'Aimone d'Oldrado, con quel ceffo di cane rabbioso!
--Chi ti parla di scudieri?--interruppe sdegnosamente il signore:--E chi ti dice che quelli siano a sproni d'argento?
--Messere, dico per dire.
--Parla di quei dappochi coi garzoni di falconerìa, e tieni le loro imprese per narrare quando i miei servi stregghiano i somieri.
--Fatemi perdono.
--A un patto, Guidello: che la tua mano un dì o l'altro corregga la scappata della lingua. Hai capito?
--Presto capito, e presto fatto con l'aiuto del mio santo protettore.
--Dunque c'era Ugo. E disse?
--Nessuno dei cavalieri parlò.
--IL bando fu pubblicato a tutte le castella?
--Messere sì.
--Senti, Guidello, tienti bene nutrito e conserva buon petto. Orvìa--e messere prese una borsa dal tavolaccio:--La gola è asciutta: a voi.
--Ecco qui--disse l'araldo e cavò di petto alcune monete di rame, le noverò, poi, dandone una metà al chierico che gli stava serrato alle coste, cupido come un bracco alla ferma:--Che mi rimane?
--Ma c'è il padrone che pensa. Vanne, Guidello, chiedi a Filippuccio, e quegli ti condurrà dove c'è mensa rizzata.
Si mosse con reverenza l'araldo, e si mosse anche il chierico.
--Ingo,--lo trattenne il cavaliero:--restate, chè ho da parlarvi.
Ingo, già stizzito per la paura, per
Continue reading on your phone by scaning this QR Code
Tip: The current page has been bookmarked automatically. If you wish to continue reading later, just open the
Dertz Homepage, and click on the 'continue reading' link at the bottom of the page.