la sorte. La sorte si fa sicura, tirando i punti di numero incerto, avendo voltata la faccia nella luna, con altre osservanze, dal raccogliere i quali punti si fanno quattro figure che si chiamano matri, dalle quali si cavano altre non poche, e i loro aspetti si nominano con nome dei pianeti, e così il rispetto, che hanno fra loro, come li considerano nel cielo. Perocchè mentre l'uomo dal desiderio di ricercare le cose future segna i punti, egli è venuto a questo per la costellazione della sua natività, talchè la forza del cielo guidi la sua mano, talchè non faccia nè più nè meno punti di quello che basta al giudicio delle cose che ricerchiamo: la quale divinazione si chiama Geomanzìa. Mio signore, gli astri e la sorte hanno risposto: vittoria!
Adalberto, prima che l'astrologo fosse a metà della noiosa chiaccherata, sbuffando, fece trarre le torri di legno e le macchine guerresche, i trabuchi, le manganelle, le petriere; si pose a capo dei cavalieri, e colla somma ragione del più forte e del più ladro, mosse al castello d'Ildebrandino. Mandò Guidaccio con quaranta lance al cavaliero, dicendo: messer Adalberto l'aspettava per la prossima Pasqua di Resurrezione all'omaggio: da cavaliero non mancasse: era istituito vassallo col guanto da volare gli astori, con molto onore, con giuramento.
Il presidio della r?cca era inferiore assai alla scorta dell'araldo: per il che messere Ildebrandino, sporgendo il capo tra un merlo e l'altro a guardar giù, dovette dirsi:--Sono spacciato!--e tanto dovette mordersi le labbra a sangue, che fosse lì lì per scagliare, a vece di risposta, il trombetto a gambe levate: pure pensò alla ruina di Lamberto, l'oppositore del vescovo di Saluzzo, e, serrato tra le quaranta lance, lui stesso sentì il bisogno di guardarsi alle spalle. Domandò a Guidaccio:--Messere l'araldo, avete altro a dire?
--Messere sì.
--Vi ascolto.
--Le nostre torri d'assedio e i nostri trabuchi sono fatti colle legna dei ribelli vinti: il cavaliero Lamberto, lo rammentate?
--Chi vi disse?
--Il mio signore.
--Il nostro signore è potentissimo--e Ildebrandino, amarissimo, fece una reverenza di sommessione, e aggiunse:--è ventura l'essere sotto le bandiere del signore, quando si hanno sproni d'oro e fortuna nemica, ma anima sempre libera. Suonate la tromba per noi: i nostri figli, ove Dio li conceda, spero ricorderanno questi squilli!
Così s'arrese Ildebrandino. Messere Adalberto, quando Guidaccio gli ricomparve innanzi, per poco non gli dette la mazza sul capo. Egli desiderava l'araldo insultato o peggio, le lance catturate, il ponte levatoio alzato a precipizio, inalberato sulle torri lo stendardo, tumultuosamente bandita l'oste: invece l'impresa si racconciava, come una briga da' frati, con un inchino e un--Fiat voluntas tua.
Con tempestoso desiderio Adalberto si fece capo della vanguardia delle lance, e, mandato Guidaccio in coda alla torma a fare compagnìa all'arnese più disutile, l'astrologo, corse al castello di Oldrado.... In quello c'era madonna Guidinga!... Ad Adalberto scoppiava il cuore al fragorosissimo segno dell'arme! Fu calato il ponte, s'aperse il portone, e venne innanzi un garzonotto tutto in bianco, con un bastoncello alzato, il quale proclamò:--Quelle non essere le regole delle castella, doversi procedere come l'uso fra onorati cavalieri comporta. Passate tre ore da questa dichiarazione, mandate pure l'araldo, e noi risponderemo, e mandatelo suonando le campanelle dalle torri di legno, noi risponderemo suonando i pifferi dalle torri di sasso.--E il garzonotto tanto tenne levato il bastoncello bianco, a segno di inviolabilità, sicchè nessuno potè coglierlo in fallo, e nessuno per tema di essere tacciato misleale alzò la mano su di lui. Ch'ei fosse venuto, insultando, non c'era dubbio: ch'ei si partisse sano e salvo, era stizza di tutti, ma norma di guerra, la quale tanto più feriva messer Adalberto che aveva voluto solo procedere colla forza e senza lealtà.--O Guidinga! o schiava di messer Oldrado!--smaniava, tormentandosi, Adalberto.... Ma per consiglio dei capitani aspettò... Tre ore sulle brage dell'inferno, tre eternità!
Si schiuse tutto il portone, segno d'arresa, e comparve il garzonotto in nero, e lesse il bando, per cui--al molto glorioso signore di Auriate si calavano le bandiere.--Messere Adalberto galoppò dritto nella r?cca, e ambiziosissimo s'impose:--Prima regoliamo la bisogna del marito! Venga Oldrado, ed oggi stesso riceverò da lui l'omaggio. Questo suo vitupero sarà la più bella gioia per Guidinga!--E, scavalcato, passando per la porticina stretta che da un corritoio dava nella chiesa solitaria, udì dietro le spalle sbattersi irremissibilmente l'antaccia di quercia, si trovò a un tratto separato da' suoi capitani, si volse all'indietro e scorse tutto buio, si volse all'innanzi, ed ecco in capo al corritoio il paggio nero, il quale recava un cuscino nero e s'inchinava rispettoso, dicendo:--Messere Oldrado è pronto a prestarvi l'omaggio.--Adalberto si contorse molto iroso, irosissimo più che del pericolo, d'avere avuto per un momento paura, s'avanzò, e, sotto l'usciale sollevato dal paggio, entrò nella chiesa. Quivi trovò Oldrado solo e ritto, in aria così beffarda che pareva gli dicesse:--Sono il marito di Guidinga: lasciate fare
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