Tempesta e bonaccia | Page 5

la Marchesa Colombi
bisogno che quell'amore fosse durevole.
Fulvia mostrava troppa potenza d'amore e di sacrifizio, perchè quelle
idee fossero inerenti al suo carattere. L'amore in lei doveva, una volta
nato, assorbire tutto il suo essere, sovrapporsi ad ogni interesse, ad ogni
considerazione, non colla sfrontatezza che calpesta le leggi, ma colla
nobile abnegazione che persiste, e vince.
Credetti comprendere che circostanze speciali non le permettessero la
speranza d'un amore più completo, ed ella si adoperasse ad idealizzare
quel poco che le veniva concesso, tanto per rapire la sua fugace scintilla
al fuoco celeste.
Ma quali fossero queste circostanze, non mi riesciva d'immaginarlo.
Un'artista giovane, libera, corteggiata, perchè non potrebbe amare?
perchè non potrebbe vagheggiare di unirsi per sempre all'uomo amato?
Forse un punto nero nel suo passato non le permetteva di abusare della
fede d'un uomo d'onore!

Ma tutto in lei si opponeva a questo sospetto.
Da tutti i suoi atti, da tutte le parole traspariva la confidente lealtà della
donna onesta.
Tuttavia, per l'interessamento che m'inspirava l'amico mio, sentivo il
bisogno di scrutare più profondamente l'animo di Fulvia.
--Giorgio è innamorato di lei, nevvero? le domandai senza altri
preamboli.
--Non mi ha mai detto questo.
--Non l'ha detto, ma l'ha fatto comprendere.
--Non so. Io non mi occupo d'indovinare sciarade.
--Sia sincera, Fulvia, mi dica la verità. Crede che Giorgio l'ami?
--Non posso dirle ch'io lo creda propriamente; ma certo se non mi
amasse, sarebbe un gran commediante.
--Dimostra di amarla molto dunque?
--Prende tutte le apparenze d'un sentimento profondo e represso.
--Represso?
--Certo. Represso.
--Non le disse mai una parola d'amore?
--Mai.
--Non le piace Giorgio?
--Sì; mi era simpatico, e la sua voce mi risuonava possentemente in
cuore.

--E poi?
--Cosa vuole! io ho una iettatura. Mi piacciono gli amori da romanzo.
Vorrei che l'amore fosse così anche nella realtà. Ed invece è tutt'altro. E
quando mi pare di scontrarmi in una passione come quelle che si
leggono, è come una goccia di mercurio; mi sfugge mentre sto per
afferrarla.
--Io non sono forte nello stile figurato, e forse non la comprendo,
osservai. Ma è certo che Giorgio non mi sembra punto inclinato a fare
con lei la goccia di mercurio.
--Eppure, prima che il sogno si facesse realtà, è passato un soffio di
vento, ed ha rovesciato l'idolo dal piedestallo.
--Così, domandai con involontaria acrimonia, lei ha avuto per Giorgio
il quarto d'ora di idolatria?
--Con che tuono lo dice?
--Con che tuono? Non sono le sue parole? Non ha detto che si crea un
idolo? E che quell'idolo cade ben presto dal suo piedestallo?
--Sì, ho detto codesto, ed è vero. Ma ebbi torto di dirglielo. Io le apro
schiettamente il mio animo, come se fossimo vecchi amici. Le spiego
un fenomeno che accade a me, che nasce forse da una eccessiva
delicatezza di sentimento, e che ad ogni modo apporta conseguenze
penose, per me, come per altri; e lei mi risponde con un'ironia che sente
il rimprovero. Ci ho colpa io se sono fatta così?
Ella mi volse quell'apostrofe con una voce in cui strisciava l'accento
allentato del disinganno che sembra volgersi indietro, e staccarsi con
pena da una credenza passata; il suo cuore aveva sofferto della mia
ironia, e nelle sue parole mi pareva di sentire gocciolare le lagrime che
respingeva dagli occhi.
Confesso che non mi ero mai conosciuto prima d'allora tanta equità di
sentimento e tanta facoltà di compunzione. Neppure nelle rimembranze

azzurre della mia prima confessione, trovavo nulla di simile al sincero
pentimento, al profondo dolore che mi strinse il cuore al pensiero di
aver offeso il mio prossimo nella persona di Fulvia.
Curvai come una parentesi la mia lunga persona per mettere la mia
testa al livello di quella di lei, e le dissi, con intima convinzione:
--Oh! perdoni, signora Fulvia, lo giuro sull'anima mia che non ho
voluto offenderla; dica, mi perdona?
Ella mi stese la mano senza parlare, e volle sorridermi per supplire alla
parola; ma le sue labbra tremavano in quel momento, ed i suoi occhi mi
apparvero natanti in uno strato cristallino... Povero cuore di donna,
tenero, generoso! Fulvia era commossa; ed io! Ah, non sapevo che
desse tanto rimorso l'offendere il prossimo. Ripregai quel prossimo
gentile di perdonarmi: e che me lo dimostrasse continuando quel
discorso interrotto: ero così felice di quelle confidenze e così dolente di
averle demeritate: ma no, non le avevo demeritate; ella non lo credeva.
No? Ebbene, perchè non proseguiva? Perchè non voleva dirmi come
era svanito in lei quel nascente amore per Giorgio?...
Un sorriso, una stretta di mano... ed il prossimo clemente continuava
così:
--Si ricorda la festa da ballo di martedì? Io, senza esser punto
innamorata di Giorgio, avevo avuto la debolezza di farmi bella per lui.
Mi pareva che mi amasse come vorrei essere amata io, per una
leggerezza di cui
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