una freschezza che
molte lodate liriche di quel tempo hanno perduto da un pezzo: e
rileggendo gli ultimi acquerelli, Àncora, Stelle cadenti, Barcanera, ecc.,
non so perchè mi risuoni nell'anima qualche accento dell'Heine, e a
volte dello Sterne, senza essere nè dell'uno nè dell'altro.
Non c'è imitazione, ma forse anche il Bazzero derivava da una fonte
comune, che ha le sue scaturigini in un'elevata coscienza della nostra
pochezza in faccia all'universo.
Il pessimismo, che fa tanto desiderare al Bazzero la morte e il riposo
sottoterra, non è come la rigida convinzione leopardiana un precetto
sterile, ma è un dolore che cerca riposo disciogliendosi. Nel mare
dell'essere egli non vuole affogarsi, ma diffondersi e coi mille atomi
accesi della sua coscienza fecondare per l'umanità qualche divina idea
consolatrice.
Qual poteva essere il suo modello in questo genere pittoresco? quanti
dei nostri pittori eccellenti che trattarono abilmente la penna sappero
fondere così intimamente le due arti come il Bazzero? Il canto intitolato:
Genova, comincia a pag. 217, con un'evocazione storica che tocca
spesso a un'epica maestà, e scorrendo attraverso alle più luminose
memorie della superba città, finisce in una finissima e aristocratica
visione della donna genovese. Gli ultimi acquerelli: Convogli, Osteria,
Montanari, son quadri fiamminghi. Barcanera è un'elegìa carica di
mestizia, che più si rilegge e più persuade che la poesia esiste: Buona
vendemmia vince quanto di più grazioso ha scritto Teocrito.
Spesso i legami sono così tenui e i passaggi così rapidi, che un lettore
comune crederà che le parti siano sconnesse, e accuserà ingiustamente
di incoerenza e di oscurità ciò che a una seconda o a una terza lettura
ricomparirebbe agli occhi suoi in una naturale corrispondenza.
Si può pretendere che un lettore moderno legga due volte? In questi
Acquerelli è notevole ancora come il Bazzero abbia saputo trasfondere
la sua vasta coltura storica nella poesia senza sciupare nè l'una nè l'altra.
Io non so s'egli pensasse mai a un grande poema storico, ma è certo che
da questi frammenti, come dai pezzi d'un'antica rovina, si può arguire
una costruzione artistica d'immenso valore. Ciò che rimpiangiamo nel
Bazzero è non solo un dolce amico, un'anima candida, un caldo artista,
una giovinezza recisa, ma anche una grande speranza.
Lagrime e sorrisi: è un lavoro più giovanile che egli pubblicò in una
privata edizione, e del quale mostrò sempre di fare un gran conto. È un
seguito dì massime, di sentenze, di consigli dedicati alla sorella sua e
dentro già vi traduce il suo genio e la sua coscienza. Il pensiero
dominante in queste massime è che l'amore e l'arte, più che ogni altra
lusinga, più che ogni altro compenso di gloria e di ricchezza, sono i
veri beneficii del vivere umano. L'amore consiglia la carità; amando
s'impara a pregare, e si ritrova Dio. Ama chi piange e le lagrime sono il
battesimo della virtù. Come la natura crea il nostro corpo, così l'arte
crea il nostro spirito.
Molta giovinezza, vale a dire pochissima esperienza, troverete in queste
massime, che non si possono nemmeno avvicinare a quelle del
gentilissimo Vauvenargues, morto giovane e saggio. La vita in quasi
tutti gli scritti dell'amico nostro è ancora al primo suo momento,
quando più la si sente che non la si comprenda. Ma la giovinezza è la
stagione dei fiori, e se anche con fiori non si possono fare che delle
inutili ghirlande, bene amiamo averne pieni i giardini e la casa. Mi
guardi il cielo dunque ch'io voglia ridurre queste massime e l'arte tutta
del Bazzero a un sistema, e rilevarne le frequenti contraddizioni, e la
non molta profondità pratica. Leggano le anime più giovinette queste
pagine e lascino che la dolce poesia trabocchi dagli orli. Arido è il
tempo e aride le ragioni del tempo: beato chi s'inebria una volta nella
sua vita! vien per tutti necessariamente e troppo presto la stagione che
la mente vede più chiaro le cose del mondo nei loro rapporti relativi e
proporzionali, ma è sempre un giorno triste quando si scopre il primo
capello bianco. Il Bazzero non ebbe il tempo di affilare la sua filosofa
fino a farne uno strumento di morte contro sè stesso; e morì prima che
la critica di sè corrodesse la sua abbondante spontaneità. Storia e
filosofia sono ancora in lui, come nel primo stadio della civiltà, allo
stato poetico. Egli non seppe mai, come i modernissimi scrittori fanno,
rendersi il minuto conto dell'opera propria e calcolare la quantità degli
elementi che entravano a comporre il suo ideale, farne dei prospetti,
rintracciarne la derivazione, pesare a piccole dosi la produzione
chimica del proprio pensiero.
Le Corrispondenze segnano un passo dalla poesia colorita alla poesia
del disegno. Sono meno abbaglianti degli Acquerelli, ma più
consistenti. L'impressione va perdendo alcun poco della sua vaporosità
per concretarsi in un corpo. Ci sono ancora i prediletti sfondi, i mari
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