Speranze e glorie; Le tre capitali | Page 7

Edmondo de Amicis
per lungo tempo interi
aspetti della società, ordini interi di idee, e anche di avvenimenti
periodici e notissimi, che per l'osservatore attento sono i segni
indubitabili di una grande trasformazione sociale.
Mi domanderete per prima cosa: ma voi, per quistione sociale, che cosa
intendete?
È questa una delle molte domande alle quali non si può meglio
rispondere che con un'altra domanda.
Ed ecco la mia risposta interrogativa.
Questo fatto della vita misera e del malcontento giustificato del
maggior numero degli uomini, fatto comune a paesi poveri e ricchi, di
tutti i gradi di civiltà, è effetto d'una legge di natura o delle leggi umane?
Questa forza che accumula a un polo della società la ricchezza e la
cultura, e all'altro il pauperismo e l'ignoranza, che restringe quasi a una
classe sola gli effetti benefici della civiltà e della scienza, che preclude
quasi affatto alle moltitudini l'educazione e la vita dello spirito, che fa
sussistere gli uni in faccia agli altri tanti tesori superflui e tanti bisogni
insoddisfatti, tanti ozi felici e tante disperate fatiche, è un destino

dell'umanità o deriva da viziose istituzioni sociali? Che la civiltà
procedente stritoli sotto i suoi passi miriadi di creature umane; che
sotto i piedi di questa società incivilita stia aperta, come una minaccia
per tutti, la voragine spaventosa della miseria; che prenda forma più
selvaggia ogni giorno questa battaglia per la vita che assorbe il meglio
delle forze di tutti, e perverte le coscienze e inferocisce i cuori,
atterrando intorno a ogni vincitore cento vinti; che milioni d'uomini che
lavorano sian ridotti a paventare e a maledire come un flagello ogni
invenzione dell'ingegno umano la quale abbia per effetto di scemare il
bisogno che ha la società dei loro sudori; che il pane, che l'esistenza di
famiglie innumerevoli dipendano anche in tempi ordinari dalle mille
vicende di una disordinata e furiosa guerra mercantile, della quale esse
non hanno nè colpa nè coscienza; è una necessità ineluttabile o è
conseguenza d'una lunga serie d'errori? Che, in fine, ogni nazione abbia
nel suo seno due popoli, di cui l'uno diffida e teme e l'altro freme e
minaccia; che per contenere non pochi ribelli, ma moltitudini intere,
sian necessari il terrore delle leggi e la forza delle armi; che le grida
festose di pochi inneggianti al progresso siano costantemente coperte
dal lamento immenso, crescente, implacabile d'una folla infinita, è
questo il prodotto d'una misteriosa legge sociale su cui l'uomo non può
nulla, o è effetto dell'egoismo umano compenetratosi con le istituzioni
e con gli usi, di qualche impedimento enorme che sia nell'organesimo
della società, rimosso il quale circolerebbe agevolmente il sangue in
tutte le sue membra e le verrebbe la salute e la pace? In una parola, v'è
o non v'è qualche sovrano rimedio, o un complesso di rimedi, a tanto
cumulo di mali?
A questa domanda il socialismo risponde:--Sì.
Milioni di voci rispondono:--No.
Ebbene, io non son qui per sostenere l'affermazione. Io son
venuto--poichè suppongo che nella classe in cui vivete v'accada più
sovente di udir la seconda risposta che la prima--son venuto a
dirvi:--Non accettate la risposta che vi suggeriscono: cercatela voi
stessi;--son venuto a combattere le ragioni di coloro che vi voglion
distogliere dal cercarla perchè accettiate a occhi chiusi la loro.

Queste ragioni son parecchie e assai diverse, e credo che a pochi tra voi
non sia già occorso di udirle tutte.
La più ovvia è questa. Vi dicono:--Raccoglietevi nei vostri studi,
pensate a diventar nella vostra professione valenti ed utili, e avrete
compiuto il vostro dovere verso la società; pensino altri a raddrizzare il
mondo.--Non date retta a costoro. Non è più onestamente possibile di
restringersi a servire la società solo quel tanto che è necessario per
provvedere ai nostri interessi. Le condizioni del tempo in cui viviamo
son così fatte che convien correggere la definizione antica dell'uomo
onesto, e dire che per essere tale non basta più ad alcuno neppur
l'esercizio delle più elette virtù private, se egli chiude l'orecchio e il
cuore al grido dei dolori umani, s'egli non s'adopera direttamente per la
rigenerazione dei suoi simili e per il trionfo della giustizia, se non volge
almeno una parte della propria operosità a cercare coscienziosamente al
servizio di qual dottrina sociale, per il bene di tutti, debba impiegare le
sue forze. E non badate neppure a chi vi consiglia l'astensione, dicendo
che v'occuperete della quistione sociale più tardi, perchè quelli stessi
che vi dicono ora:--Attenetevi ai vostri studi--vi diranno
allora:--Attenetevi ai vostri affari,--e vi vorranno relegare nella fortezza
della casa e dell'ufficio come ora vi vogliono chiudere nel santuario
della letteratura e della scienza. Occupatevi ora di quella quistione, ora
che avete l'intelletto e l'animo aperto a tutte le grandi idee, ora che
potete esperimentare in voi la verità di quello che un economista
dottissimo disse: che l'intelligenza della scienza sociale

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