Speranze e glorie; Le tre capitali | Page 2

Edmondo de Amicis
sociale, compresi in questo volume, e alcune
minori cose contenute nell'altro libro che s'intitola Lotte civili.
L'ultima volta che il De Amicis parlò in pubblico fu il 20 marzo 1898,
per pronunziare la commemorazione, pur essa qui stampata, di Felice
Cavallotti, al teatro Nazionale di Torino; teatro popolare, riboccante
quel giorno, ricordo bene, del popolo più misto che si potesse vedere, e
che l'oratore sollevò tutto nel consenso e nell'ammirazione
irresistibilmente.
Egli fu eletto deputato del 1.º collegio di Torino il 17 luglio di
quell'anno. S'era lasciato presentare candidato per obbedire al bisogno
di una protesta politica del suo partito allora insorto e perseguitato. Ma
rinunziò all'ufficio, e il Parlamento non udì mai la sua parola. Due
giorni prima dell'elezione gli era morta la madre amatissima. E pochi
mesi dopo gli morì il figlio primogenito Furio: dolore atroce che non
trovò mai più conforto.
«Folgorato nel capo», lo scrittore si ritrasse nell'ombra e nel silenzio
della sua casa desolata; abbandonò per sempre la vita pubblica, non
accettò più di fare conferenze e discorsi; e da allora in poi fu tutto nel
quotidiano solitario lavoro, col quale però il suo spirito chiuso ai
richiami esterni comunicava così largamente con gli innumerevoli
lettori fedeli.
In questo libro, Speranze e Glorie, edito prima dal Giannotta di Catania,
il De Amicis riunì i suoi più importanti discorsi d'argomento

commemorativo e sociale. Un altro simile volume, Lotte civili,
raccoglie i suoi scritti polemici per il socialismo e per la pace dei
popoli. Con questi due libri si determina l'azione politica dello scrittore;
la quale, a riscontro della sua opera letteraria, non deve rimanere
dimenticata, perchè è troppo gran parte di quella generosa vita
intellettuale, a cui non mancò mai la rispettosa e affettuosa attenzione
degli italiani.
Torino, aprile 1911.
DINO MANTOVANI.

Speranze e Glorie.

I.
Per una distribuzione di premi.
ALLE ALUNNE.
Vi parlo, non perchè io pensi che non sarebbe compiuta senza le mie
parole questa cara festa dedicata a voi; ma per prolungare a me di
qualche momento il piacere vivissimo di vedervi.
Quanto vi potrei dire di più opportuno e di più degno ve lo dicono ogni
giorno le vostre brave insegnanti, e con assai maggiore autorità che non
possa esser la mia; perchè esse vi esortano al lavoro e ve ne dànno le
prime l'esempio; vi raccomandano la bontà e vi dimostrano con gli atti
che cosa sia l'esser buone; vi dicono:--Studiate, educatevi per la
famiglia e per la patria--e alla patria, alle famiglie rendono con l'opera
loro un servigio che soverchia ogni ricompensa e ogni gratitudine.
A me non resta che rallegrarmi con voi per il premio che avete meritato
e che abbiamo avuto la gioia di porgervi.
Ma il dire che v'abbiamo dato un premio non è l'espressione propria

della verità. Il vostro premio non è nel modesto ricordo che, per nostra
mano, vi ha offerto la vostra città natale, per dimostrarvi che ha a cuore
i vostri studi e che v'è grata della gloria che dànno alle sue scuole,
dell'onore che fanno al suo nome gli sforzi vittoriosi della vostra
volontà e del vostro ingegno.
Il vostro premio è nella serenità della vostra coscienza, nella stima delle
vostre compagne, nella compiacenza delle vostre maestre, nel bacio dei
vostri parenti; è nel raddoppiato vigore di volontà che questo trionfo
delle vostre fatiche v'infonde; è nella dolce memoria, che
v'accompagnerà per tutta la vita, d'aver ricompensato degnamente tutti
coloro che vi hanno amate e educate, che hanno lavorato e palpitato per
voi.
Sì, il vostro miglior premio l'avrete, nell'avvenire, quando questo tempo
vi parrà tanto lontano da confondersi quasi nella vostra mente con
quello della primissima infanzia. Anche allora, fra molti e molti anni,
ricordandovi della vostra fanciullezza, voi rivedrete sovente col
pensiero questa sala affollata, i visi delle vostre compagne e delle
vostre maestre, e la vostra piccola immagine sorridente, col premio
stretto sul cuore, illuminata dalla stessa luce che in questo momento
v'illumina, e ogni minima cosa come in questo punto la vedrete, come
se riviveste in questo giorno. E direte tra voi:--Che bel giorno! La mia
maestra era contenta, mia madre era commossa, mio padre m'aspettava
a casa col cuore pieno di gioia e d'alterezza, ed io.... quant'ero felice!--E
rimarrete maravigliate di risentirne ancora tanta dolcezza. E se in
quell'ora avrete il cuore amareggiato da un'offesa, vi sentirete più
disposte a perdonarla. E se avrete da compiere uno sforzo per mettere
in atto un proposito gentile o per fare un sacrificio generoso, vi riuscirà
più facile di compierlo. E se avrete sotto gli occhi il ritratto di vostra
madre lo bacierete con più affettuosa tenerezza perchè vi parrà di
vederla sorridere per ringraziarvi di questa giornata luminosa che le
avete data.
Continuate dunque a studiare e a esser buone per aver nell'avvenire
molti di questi ricordi che
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