Roberta | Page 7

Luciano Zuccoli
case si snodava la strada, che
dall'altro lato, verso le colline, aveva alcune ville non illustri, coi
giardini grigi per il predominio degli ulivi.
E tutti i giorni Emilia tornava, dal bagno alla villetta, ove l'attendevano

Roberta e le piccole cose le quali aiutano a precipitar le ore: un libro,
una lettera, un discorso con Roberta appena convalescente, una
passeggiata per le camere ombrose. Ma, breve come un lampo o lungo
come uno spasimo, imperava il sogno sognato ad occhi aperti sopra una
poltrona a dondolo; e le due sorelle abbandonate nelle due poltrone,
sognavano ad occhi aperti con le mani sulle ginocchia in atteggiamento
da idoli insensibili; mentre quel tempo precipitava, che esse dovevano
piangere in avvenire per l'ineffabile attrattiva delle cose perdute.
Dì sera, il giardino era tutto una festa; certi fiori non s'aprivano se non
nell'umidità dell'ombra, ed effondevano un odor vellutato, un odor
misterioso di notte romantica ed antica. Fra i bassi filari degli aranci,
migliaia di lucciole nottiludie trescavano, vibrando i piccoli lampi
verdognoli, alternando la loro luce così, da sembrare la fosforescenza
delle acque sotto i raggi di luna. Erano disposte a brevi intervalli
sapienti; volavano e lampeggiavano ad intervalli, s'innalzavano fin
sopra la casa e ritornavano ai filari degli alberelli e vibravano la luce
mite, che bastava a inebbriarle co' suoi giuochi puerili.
Emilia scendeva nel giardino ad aspirare il profumo selvatico delle
notti serene. Coglieva a volo nelle mani bianche e sottili qualche
lucciola sperduta e la posava tra i capelli, ridendo in su, verso Roberta
che guardava dalla finestra. I cani abbaiavano invisibili, sui colli neri; i
palmizii non si muovevano per alito d'aria; il silenzio massimo non era
calato per anco sulla terra, ma già i romori s'affievolivano a grado a
grado. In breve il sonno penetrava negli umili edifizii, mentre tutte le
cose non umane proseguivano il loro ciclo eterno, senza fatica.
Ma innanzi al letto, Emilia si chiedeva s'ella pure avrebbe dormito. Le
pareva che inutilmente la sua alcova fosse chiusa: qualcuno vi
passeggiava in ispirito ogni sera. Inutilmente celava il suo corpo sotto
vesti senza linee: qualcuno l'aveva già posseduto in ispirito e conosceva
l'arco mortifero del suo braccio, ove la testa dell'amante avrebbe
riposato presso il seno.
Le vecchie regole morali che avevano fiancheggiate la sua adolescenza,
e a cui Emilia ricorreva per salvezza, si rivelavano goffe come una
processione di gesuiti attraverso a una folla di donna scarlatte.
Altre volte, ogni formula imperativa era agevole, un sentiero diritto per
una campagna senza sterpi; ma procedendo, a poco a poco la strada
invasa da viluppi d'erba tenace, si smarriva in una palude di verde

sdrucciolo.
E le idee scarne assolute dei tempi rosei mutavano in una fuga di statue,
a cui il cuore appendeva corone di rimpianto o di rimorso....
Così, prima che sorgesse il dramma, la giornata simmetrica si
dissolveva nel circolo del tempo.

III.
Mentre Cesare Lascaris percorreva la strada ineguale, a piccole salite e
a piccole discese, tra il villaggio e Pieve di Sori, Emilia comparve
ritornando dal bagno, per un viottolo di fianco digradante al mare.
Aveva un gaio abito lilla, e camminava con passo così leggero, che non
avrebbe lasciato orma se il terriccio fosse stato di cera liquefatta.
Portava alta la testa, un po' indietro; fra le labbra semichiuse
apparivano i denti candidi.
Ambedue i giovani eran diretti verso Pieve, a una passeggiata; da
parecchi giorni non si erano visti. Emilia gradì l'offerta
d'accompagnarla.
Imperava dovunque una molle rilassatezza. La campagna verde, a
sinistra, inturgidiva sotto il calor sensuale; oltre la strada, a destra, il
mare si stendeva ampio; e tra i due azzurri cupi del cielo e delle acque,
una vela, porporina di raggi, somigliava a una svelta lingua di fuoco.
Era uno di quei giorni frequenti, in cui la complessa vita d'ogni cosa ha
una solennità d'indimenticabile concordia; e dagli umili ai più alti gradi
della scala creativa, tutto gioisce d'un benessere il quale sembra eterno,
senza possibilità di mutamenti, senza ricordi d'altri stati meno giocondi.
Nulla rammentava il tempo, la parabola triste, la decadenza, la morte;
era nell'aria una galoppata di note ilari, un inno d'oblio e d'impassibilità
quasi non crudele per ogni miseria.
Emilia aperse il parasole bianco a merletti: intorno alla testa e alle
spalle, le sfolgorò uno scudo rotondo, una parma di luce scintillante.
Ella sentiva la gioia d'essere tra quella pomposa gioia di vita; Cesare al
suo fianco, ritraendosi un poco, la studiava furtivamente.
Parlarono, sul principio, di cose leggère, variazioni di temi comuni cui
era troppo difficile sfuggire in quel giorno: la tranquillità della
campagna, i paragoni tra la campagna e la città, furono i temi. Poi
Emilia parlò di sua sorella.
Percorrevano allora l'ultimo tratto di strada nelle vicinanze di Pieve; a

destra, il muricciuolo di riparo era finito, e sul pendio scendente
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