Roberta | Page 4

Luciano Zuccoli
Emilia negli
occhi, e ricadeva sui guanciali.
In quei passaggi di pesante angoscia, esse comprendevano, o
chiaramente o vagamente, che nè per loro nè per altri la vita non aveva
indulgenze, che i benigni non esistevano, e che la lotta non era solo in
grandi giorni di battaglia, ma in tutti i meschini giorni dell'anno, in tutte
le piccole ore del giorno.
--È finito?--disse Roberta ansiosa.--Guarda se è finito.... Mi fa così
male...
Emilia andò a guardare, socchiudendo le imposte. Per quanto si vedeva
da quella finestra sul fianco della casa, l'uragano pareva cominciasse
allora. Il monte di Santa Croce era fosco sotto le proiezioni oscure della
nuvolaglia, e la collana d'uliveti che ne discendeva e si propagava sul
versante, aveva preso il colore sinistro e scialbo dei giorni di tempesta.
Le case a tinte vive, secondo il concetto degli antichi marinai, i quali da
lontano volevano riconoscerle e salutarle, aspettavano silenziose la
cavalcata delle nubi, illuminandosi al riflesso dei lampi.... E a un tratto,
per la violenza del tuono, le nuvole si spalancarono come porte
gigantesche e mostrarono il fulmine ricurvo, dorato, arme classica e
divina, che si sfoderò precipitando dietro la montagna.... Susseguì il
vento, la pioggia sferzò, ora verticale, ora a sghimbescio, a capriccio
del vento, e l'uragano si stabilì sopra il paese.
--Siamo alla fine,--rispose Emilia, accostando le gelosie.--Come stai,
cara? Va meglio?
La sorella teneva le palpebre calate e sul volto le era scesa una
maschera di sublime indifferenza per ogni cosa mortale.
--Vuoi dormire?--soggiunse Emilia con voce più cauta.
Roberta scosse un poco la testa; ad occhi chiusi sembrava assorta
nell'ascolto del male,--dava tregua o saliva di grado in grado senza
ostacoli?--e il mutismo d'una rassegnazione interamente fisica le aveva
invaso l'anima. Emilia, rimasta a guardarla, fece un gesto perduto, a
sgombrar le visioni di certezza che andavano stringendola intorno. Con

le mani serrate, immobile a' piedi del letto, ella pensava alla morte
prossima; sua sorella doveva morire, forse quello stesso giorno,
soffocata dal sangue rigurgitante nelle caverne dei polmoni. La fantasia,
rinforzata dalla meccanica dei racconti uditi e delle memorie, dipingeva
l'avvenimento, a grandi tratti prima, e poi ne' particolari più minuti e
dolorosi: la donna si sentiva già piangere e mormorare le parole
profonde, dissennate, che echeggiano inutilmente nelle case tragiche
per la morte. Aveva gli occhi fissi al letto, e lo vedeva vuoto.
--Vuoi il ghiaccio? Devo prepararlo?--ella domandò, scuotendosi e
avvicinandosi.
Ma a quel ricordo della malattia antica, Roberta alzò faticosamente le
palpebre e negò con la testa. Emilia le toccò il polso, la fronte, le
tempia.
--È fresca; non ha febbre. Non ha mai febbre,--mormorò, quasi parlasse
con le visioni di certezza ch'erano intorno.--È la febbre, da temersi.
L'altra volta l'aveva, ed è stata così male. Oggi non ha febbre; è
fresca....
E se avesse obbedito all'istinto, avrebbe seguitato, gestendo contro le
ombre del terrore: «--Capite, capite, che non può morire? Si salverà
pure questa volta; continueremo la nostra via, l'una a fianco dell'altra,
come ci siamo promesso.».
Non era passata un'ora dalla ricomparsa della malattia, ed Emilia aveva
già smarrito ogni senso della vita abituale, quasi soffrisse da mesi, da
anni. La mattinata semplice e monotona s'era dispersa tra le memorie
bianche; la giovane ritrovava in sè medesima lo stato un po' febbrile,
l'espressione laconica, il gesto attivo e silenzioso dei momenti solenni.
--Roberta,--disse con l'inesorabile ostinazione della paura,--stai meglio?
Vuoi riposare?
L'ammalata sbarrò gli occhi cercando per la camera: vide la sorella a'
piedi del letto e la fissò a lungo, ancòra con l'indifferenza serena di chi
è già per altre vie lontane e mute.
Poi, senza tosse, senza fremiti, recò alle labbia la pezzuola, e l'arrossò
ampiamente.
--Dio!--esclamò Emilia, accorrendo a sostenerla.
Il sangue sgorgava, non più roseo ma purpureo, una fontana vitale entro
la catinella che Emilia teneva con una mano.
--Coraggio, cara, fatti coraggio,--susurrò Emilia.--È una crisi

momentanea, lo sai....
Il sangue sgorgava, e le due sorelle s'erano avvinghiate intorno al busto
tenacemente, guardando quella vita liquida, quella morte liquida, cui
alcuna scienza umana non avrebbe potuto arrestare. Emilia era curva
sotto un peso invisibile; Roberta non dava segno di terrore, ma stava
rigida nell'attesa fredda e spaventevole, ritrovata fra le abitudini delle
sue sofferenze.
La crisi cessò, il sangue ristette.
--Ti porterò il ghiaccio,--disse Emilia, posando la catinella
insanguinata--Il ghiaccio ti guarisce, non è vero?
Ma non appena uscita dalla camera, traversando il gran salotto centrale,
Emilia s'aggrappò a un mobile. Libera di naufragare nella disperazione
ampia, senza difese, ella vedeva immancabilmente certa la soluzione;
era destinata a seguitar tutta sola la sua strada, poichè la compagna le
sarebbe caduta al fianco fra breve. E per una satanica raffinatezza della
fantasia, una folla di episodii rosei le corse incontro; e per malvagia
associazione d'idee, ella ricordò alcune pagine lette sbadatamente o
alcuni discorsi distrattamente ascoltati
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