movimento rapidissimo delle
innumerevoli fiammelle delle carrozze, che sembrano miriadi di
lucciole mulinate dal vento, le lanterne porporine degli omnibus, le
grandi sale ardenti aperte sulla strada, le botteghe che somigliano a
cave d'oro e d'argento incandescente, le centomila finestre illuminate,
gli alberi che paiono accesi; tutti questi splendori teatrali, frastagliati
dalla verzura, che lascia vedere ora sì ora no le illuminazioni lontane, e
presenta lo spettacolo ad apparizioni successive; tutta questa luce rotta,
rispecchiata, variopinta, mobilissima, piovuta e saettata, raccolta a
torrenti e sparpagliata a stelle e a diamanti, produce la prima volta
un'impressione di cui non si può dare l'idea. Par di vedere un solo
immenso fuoco d'artifizio, che debba spegnersi improvvisamente, e
lasciar tutta la città sepolta nel fumo. Sui marciapiedi non c'è una riga
d'ombra; ci si ritroverebbe una spilla. Tutti i visi sono rischiarati. Si
vede la propria immagine riflessa da tutte le parti. Si vede tutto, in
fondo ai caffè, sino agli ultimi specchi delle sale riposte, incisi dai
diamanti delle belle peccatrici. Nella folla abbonda il bel sesso che di
giorno pareva sopraffatto e disperso. Gli sguardi languidi e interrogativi
s'incrociano e gareggiano. Davanti a ogni caffè c'è la platea d'un teatro,
di cui il boulevard è il palcoscenico. Tutti i visi sono rivolti verso la
strada. Ed è curioso: fuor che le carrozze, non si sente nessun forte
rumore. Si guarda molto e si parla poco, o a bassa voce, come per
rispetto al luogo, o perchè la gran luce impone un certo riserbo. V'è una
specie di silenzio signorile. Andate innanzi, innanzi, sempre in mezzo a
un incendio, tra una folla immobile e una folla seduta, e vi sembra di
passare di salone in salone, in un immenso palazzo scoperto, o per un
seguito di vastissimi patios spagnuoli, fra le pompe d'una veglia, in
mezzo a un milione di invitati, senza sapere quando arriverete all'uscita,
se pur c'è un'uscita.
E intanto, passo passo, arrivate sulla piazza dell'Opéra.
E qui Parigi notturna vi fa uno dei suoi più bei colpi di scena. Avete
dinanzi la facciata del Teatro, enorme e spudorata, risplendente di
lampade colossali negli intercolonni elegantissimi; dinanzi alla quale
sboccano le vie Auber e Halévy; a destra la gran fornace del boulevard
degli Italiani; a sinistra il boulevard infocato delle Cappuccine che si
prolunga fra i due muri ardenti del boulevard della Maddalena; e
voltandovi, vedete tre grandi vie divergenti che v'abbagliano come tre
abissi luminosi: la via della Pace, tutta smagliante d'ori e di gioielli, in
fondo alla quale si drizza sul cielo stellato la mole nera della colonna
Vendôme; l'Avenue dell'Opéra inondata di luce elettrica; la via Quattro
settembre lucente di mille fiammelle; e sette file continue di carrozze
che vengono dai due boulevards e dalle cinque strade, incrociandosi
furiosamente sulla piazza, e una folla che accorre e una folla che fugge,
sotto una pioggia di luce rossa e di luce bianchissima, diffusa da grandi
globi di cristallo spulito, che fan l'effetto di ghirlande e di corone di
lune piene, e colorano gli alberi, gli alti edifizi, la moltitudine, dei
riflessi bizzarri e misteriosi della scena finale d'un ballo fantastico. Qui
proprio si prova per qualche momento una sensazione che somiglia a
quella dell'hasciss. Quella rosa di strade sfolgoranti, che conducono al
Théâtre français, alle Tuileries, alla Concordia, ai Campi Elisi, che vi
portano ciascuna una voce della gran festa di Parigi, che vi chiamano e
che v'attirano da sette parti come le entrate maestose di sette palazzi
fatati, vi accendono nel cervello o nelle ossa il furore dei piaceri.
Vorreste veder tutto ed esser da per tutto ad un tempo; a sentire dalla
bocca del grande Got l'efface sublime dei Fourchambault a folleggiare
a Mabille, a nuotare nella Senna, a cenare alla Maison dorée; vorreste
volare di palco scenico in palco scenico, di ballo in ballo, di giardino in
giardino, di splendore in splendore, e profondere l'oro, lo champagne e
i bons mots, e vivere dieci anni in una notte.
Eppure non è questo il più bello spettacolo della notte. Si va innanzi
fino alla Maddalena, si svolta in Rue royale, si sbocca in piazza della
Concordia, e là si lascia sfuggire la più alta e più allegra esclamazione
di meraviglia che strappi Parigi dalle labbra d'uno straniero. Non c'è
sicuramente un'altra piazza di città europea dove la grazia, la luce, l'arte,
la natura, s'aiutino così mirabilmente fra loro per formare uno
spettacolo che rapisca l'immaginazione. A primo aspetto non si
raccapezza nulla, nè i confini della piazza, nè le distanze, nè dove si sia,
nè che cosa si veda. È uno sterminato teatro aperto, in mezzo a uno
sterminato giardino ardente, che fa pensare all'accampamento
illuminato di un esercito di trecento mila uomini. Ma quando si è
arrivati nel centro della piazza, ai piedi dell'obelisco di Sesostri, fra
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