esortatori fremebondi venga
Di talun la
caduta. Ogni pensiero
Della bella arpatrice era incalzante
A virtù,
ma siccome i detti blandi
Di madre, che a virtù sprona e accarezza
L'indociletto garzoncello, o come
I detti d'una figlia a piè del padre.
Quell'umiltà, quella dolcissim'arte,
Que' prorotti dal cor supplici
versi
Vinser l'alma del grande Imperadore,
E gl'intenti ei capì di
Rafaella.
Battè le regie palme, e alla percossa
Unissona fur segno,
onde gli astanti
Baroni il plauso prolungàr sì forte,
Che ne tremaro
il suolo e le colonne.
Otton chiamò la vergine, le cinse
L'eburneo
collo di splendenti gemme,
E dal suoi rïalzandola, degnossi
Dirle:--Qual grazia chiederesti?--Ed ella:
--Se t'offese Aldiger, deh!
gli perdona,
E mite sii nelle condanne, o sire!
Cessò la festa, e
pieno di söave
Commozïone era d'Otton lo spirto,
Ed all'intime
stanze dei riposi
Riträendosi, disse al più fidato
De' cancellieri
suoi:--M'avea lo schietto,
Ma severo Aldiger mosso a tal ira,
Ch'io
divisava d'Ugonel la morte;
Pacato or sono, e indugierò.
Felice
Quel freno ai moti del rigor! felice
La sapïente vergine che a
brame
Di verità togliea l'impeto scabro
Delle audaci parole, e
ammorbidìa
Con abbondante carità i consigli!
Il sospendersi i
fulmini, die' loco
A gravi scoprimenti: entrò discordia
Fra gl'inimici
d'Ugonel; le accuse
Si contraddisser; la menzogna apparve;
Del
Sassone Emerigo l'omicida
Fu manifesto e dato a morte; e colmo
Di
gloria uscì del carcer suo Ugonello.
Fu grato all'Imperante il liberato
Ed alla vergin trovadrice; e vide
Ch'ella amava Aldigero, e che
Aldigero
Per l'emula ne'carmi si struggea,
E fra i varii parenti
accordo trasse,
E l'imen si compiè. Sorrise Ottone
Ai degni sposi, e
a Rafaella disse:
--Temprato dal tuo pio genio celeste,
Il vigor
d'Aldiger più non m'irrìta.
Nè da quel dì Romeo gl'impeti incauti
Non temè del figliuol: fatto era questi
Prode leon che a gentil maga è
ligio.
EBELINO
CANTICA.
L'idea di questa cantica non è tutta mia. Il tema vennemi fornito da un
romanzo storico tedesco, ch'io lessi già tempo, e di cui ignoro l'autore.
Il merito letterario di quel libro mi pareva debole, ma il personaggio
d'Ebelino vi spiccava con tratti forti, e mi rimase vivamente impresso
nella fantasia, come nobile modello di pazienza ne' dolori. Ivi narravasi
d'Ebelino, non so con qual fondamento, ch'ei fosse un povero cavaliero
scacciato nell'adolescenza con atroci minaccie di morte da sette
disumani fratelli, e divenuto uno de' liberatori della regina Adelaide.
Questo giovane prode passato in Germania coll'illustre vedova di
Lotario, allorch'ella sposò in seconde nozze Ottone I, dipingevasi dal
mio autore quale un nuovo Giuseppe alla corte d'Egitto, potentissimo e
sapientissimo; e a fine di meglio somigliare al vicerè di Faraone,
Ebelino scopriva anche i suoi fratelli, venuti d'Italia a Bamberga senza
che immaginassero chi egli fosse, e perdonava loro. Conservata alcun
tempo la sua alta fortuna sotto Ottone II, cadeva poscia vittima d'un
traditore collegato a molti invidi rivali; ma il traditore stesso, agitato da
visioni spaventevoli, confessava indi a poco l'innocenza
dell'immolato Ebelino.
EBELINO.
_Si bona suscepimus de manu Dei, mala quare non suscipiamus!_
_Job._ 2, 10.
Inno d'amore e di compianto al giusto,
Al giusto denigrato! Ebelin,
fido
Campion del magno Ottone e consigliero,
Colui che al
generoso Imperadore
Verità generose favellava,
E i biasimati torti
indi con mente
Pronta e amorevol correggea e sagace;
Colui, che,
senza ambizïon nè orgoglio,
Spesso invece del sir ponea la destra
Al timon dell'impero, e lo volgea
Del sir con tanta gloria e securanza,
Che questi, anco in cimento arduo serrando
Le auguste ciglia al
sonno, a lui dicea:
«Vigila or tu, che il signor tuo riposa;»
Quell'Ebelin, che, lagrimato il sacro
Cener del magno Otton, d'Otton
novello
Fu parimente lunghi anni sostegno
Di giustizia nel calle, e
guida e sprone;
Sì che a nessun parea che dilettoso
Ne' poveri tuguri
e nelle sale
Fervesse crocchio, ove lodato il nome
Non fosse
d'Ebelin,--quell'Ebelino
Morì esecrato, ed era giusto! Amore
E
compianto agli oppressi!
Un dì l'Eterno,
Come a' giorni di Giobbe, al suo cospetto
Avea tutti
gli spirti, e a Sàtan disse:
--Onde vieni?
E il maligno:--Ho circuita
Dell'uom la terra, e non rinvenni un santo.
Ed il Signore:--O di calunnie padre,
Non vedestù l'amico mio
Ebelino,
Ch'uomo a lui simil non racchiude il mondo
Tanta in
prosperi dì serba innocenza?
E l'angiol di menzogna ambe le labbra
Si morse, e crollò il capo, e disdegnoso
Disse:--Ebelin? Dov'è il suo
pregio? Ei t'ama
Perchè di beni è colmo. Il braccio or alza,
Percuotilo, e vedrai s'ei non t'imprechi.
Ed il Signor:--Giorni di prova
a' retti
Forse non io so stabilir? Va; pongo
Entro a tue mani
dispietate or quanto
Agli occhi della terra Ebelin porta,
Fuorchè la
vita.
L'avversario allora
Avventossi precipite dal grembo
Della nembosa
nube, onde i mortali
Atterria lampeggiando; ed in un punto
Fu su
roccia dell'alpi. Ivi gigante
Si soffermò, e da questo lato i campi
Della lieta penisola mirando,
E dall'altro le selve popolose
De'
boreali, l'una all'altra palma
Battè plaudendo al sovrastante lutto
D'entrambo i regni, ed esclamò:--Vittoria!
La più squisita voluttà del
male
Pensò un momento qual si fosse, e al giusto
Fermò ignominia
cagionar per mano...
Di chi?--D'amico traditore! Il colpo
Più
doloroso e a dementar più adatto
Chi molto amando irreprensibil
visse!
--Un Giuda voglio! Il dèmone ruggia
Giù dall'alpe
scagliandosi e correndo
Pe' teutonici boschi, e visitando
Con
infernal, veloce accorgimento
Città e castella.
Iva ei cercando l'uomo,
In cui scernesse il dolce volto, e i dolci
Atti,
e l'irrequïeto occhio geloso
Del venditor di Cristo; e non volgare
Mente
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