Poesie inedite vol. II | Page 6

Silvio Pellico
lealtà nativa?De' figli del Tr?on, popol rapace?Nelle battaglie, e in sue pareti onesto.?Ma quando già il crudel quasi dispera,?Ecco s'incontra in uomo onde il sembiante?Tosto il colpisce; e fra sè dice:--?è desso!??Ed esulta, e più guata, e vieppiù esulta.?Quel benedetto dall'orribil genio?Era un prode straniero, e fama tace?Di qual progenie, e nome avea Guelardo.?Sul suo destrier peregrinava, e ladri?Or assaliva, degli oppressi a scampo,?Or dispogliava ei stesso i passeggeri,?Se mercadanti, e più se ebrei. Nè spoglio?Pur quelli avrìa, se a povertà costretto?Non l'avesse un fratel, che del paterno?Retaggio spossessollo.
A che di bosco?In bosco errasse, ei non sapea. Sperava?Dal caso alte venture, e perchè tarde?Erano al suo desìo, volgea frequente?Il pensier di distruggersi; e più volte?Dall'altissime balze misurava?Coll'occhio i precipizi, e mestamente?Rideagli il core, e si sarìa slanciato?Nelle cupe voragini, se voce,?O aspetto di mortali, o speranze altre?Non l'avesser ritratto.
--O cavaliere,?Salve.
--Scòstati, scòstati, o romito;?Oro non tengo.
--Ed oro a te non chieggo;?Ben d'acquistarne santa via t'accenno.?Vile è il mestier cui t'adducea sciagura,?Ma nobile è il tuo spirto. A me tue sorti?Occulta sap?enza ha rivelate:?Vanne a Bamberga; ad Ebelin ti mostra:?Grazia agli occhi di lui, grazia otterrai?A' clementi occhi del regnante istesso.?Così Satan, e sparve.
Incerto è quegli?Se fu delirio o vis?one. Al cielo?Volge supplice il viso: in cor gl'irrompe?De' suoi misfatti alta vergogna; aspira?A cancellarli, e quindi in poi di tutte?Virtù di cavaliere andare ornato.?In quel fervor del pentimento, incontra?Un mendico, e su lui getta il mantello,?E sen compiace, e dice:--Uom non m'avanza?In carità e giustizia.
E Sàtan rise,?E non veduto gli baciò la fronte.?Alla real Bamberga andò Guelardo,?Mosse alle auguste soglie, ad Ebelino?Supplice presentossi, e p?amente?Da quella bella e grande alma si vide?Ascoltato, compianto, e di non tarda?A?ta lieto. Un fascino infernale?Sovra la fronte di Guelardo imposto?Ha del demone il bacio. Allo straniero?Conglutinossi d'Ebelino il core?In breve tempo; e nella reggia e in campo?Quei Gionata parea, questi Davidde.?Mirabile brillava ad ogni ciglio?Quella forte amistà: Saran fremeva?Ch'ella durasse, e il volgersi degli anni?Affrettar non potea. Nè ratto varco?Sperabil era tra i pensieri onesti?Che Guelardo nodriva e la sua infamia,?Tra l'amor suo per Ebelin, tra il dolce?Nella virtù emularlo, e il desiderio?Scellerato di spegnerlo. Ma il tristo?Angiol si confortava misurando?L'immortal suo avvenire. Appo sì lunghi?Secoli, breve istante eran poch'anni.?Ed intanto ci godeva, a quell'imago?Che tigre, sebben avida di sangue,?Mira la preda, e ascosa sta, e sollazzo?Tragge di quella contemplando i moti?E l'amabil fidanza, ed assapora?Più lentamente la decreta strage.?Dopo tanto aspettar, s'appressa il giorno?Sospirato dall'invido. Al novello?Otton contrarie qua e là in Italia?Eran le menti di non pochi, e speme?Vivea secreta ch'italo Ebelino?Secretamente lor plaudesse. Il core?Di molti era per esso, e nelle ardite?Congrèghe entro a' castelli, ed appo il volgo?Susurravan, più splendido rinomo?Non avervi del suo; null'uom più voti?A suo pro riunir; doversi acciaro?Dittatorio offerirgli, o regio scettro.?L'augusto sir dalla germana sede?Contezza ebbe di fremiti e lamenti?Nell'alme de' Lombardi esasperate,?Ed a sedarle con prudenza invìa?Ebelino e Guelardo.
Alla venuta?Di questi sommi giù dall'alpe, e al grido?Che fama addoppia de' lor alti pregi,?E più de' pregi di colui, che sembra?D'onnipotenza quasi insignorito,?Ferve ognor più l'insana speme, e tutta?In congressi pacifici prorompe,?Ove i duo messi imper?ali invano?Senno indiceano e obbed?enza.
--O prodi!?Così Ebelin risponde al temerario?De' corrucciosi invito; io condottiero?Mai contr'Otton non moverò, chè avvinto?Gli son da conoscente animo e onore,?E il portai fra mie braccia. E quando insieme?Del moribondo padre suo le coltri?Inondavam di pianto, il sacro vecchio?Nostre mani congiunse, e disse:--Un figlio,?O Ebelino, ti lascio;--ed a te lascio,?O figlio, un padre in Ebelino!--Ed era?In tai detti spirato. Allora il figlio?Gettommi al collo ambe le braccia, e molto?Pianse, e chiamommi padre suo, e lo strinsi,?E il chiamai figlio. Ove pur reo di patti?Violati con voi fosse il mio sire,?Biasmo sincer da mie labbra paterne?Avriane, sì; retti n'avrìa consigli,?Ma non odio, non guerra, non perfidia!?--Deh! tacc?ano, Ebelin, privati affetti,?Ov'è causa di popoli. Ed ignota?Mal tu presumi essere a noi l'ingrata?Alma d'Ottone anco ver te, che dritti?Tanti acquistasti a guiderdone e lode.?Ombra a lui fa la tua virtù: onorarti?Finge, ma stolta è finzione omai?Ond'ogni cor magnanimo s'adira.?Possente sei, ma più non sei quel desso?Che ne' duo regni un dì tutto volvea.?T?ofanìa il governa, e da Bisanzio?Sul germanico seggio ov'ei l'assunse?Recò le greche astuzie, e lo circonda?Di greci consiglieri. Essi con lei?Van macchinando contro te ogni giorno;?Che se finor cadute anco non sono?Le podestà che a te largì il monarca,?Della tua rinomanza egli è prodigio,?E nel tiranno è di pudor reliquia.?Bada a' perigli, a tua salvezza bada:?D'Otton l'iniquità rotto ha i legami?D'ogni giusto con esso.
Un de' maggiori?Così parlò fra gli adunati audaci.?Nè, sebbene oltrespinta, era appien falsa?La parola di sdegno e di sospetto?Circa l'imperadrice e i cortegiani?Ch'ella a sue nozze addotti avea di Grecia.?Ma la candida e ferma alma del pio?Ebelin s'adirò. L'imperadrice?E Otton con nobil gagliardìa difese,?E de' Greci sorrise. Ei sì facondo?Favellava, e amichevole e verace,?Che i più irati l'udìan con reverenza:?Con tenerezza quasi, ancor che invitti?Nel feroce
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