Poesie inedite vol. I | Page 7

Silvio Pellico
santo?Io sopportassi l'egro mio destino,?E che tutto il mio core arder dovesse?In avvenir di quelle fiamme istesse.
L'ombra del tempio al giovinetto è invito?A pensieri gentili ed elevati:?Tacite preci, canto, augusto rito,?Tutto ivi il trae da' ciechi impeti usati;?Tutto l'inizia a pregiar l'uom, munito?Di ragione e d'affetti alti ispirati;?Santa filosofia quivi il matura?Sì che in terra egli stampi orma secura.
Che se ignobile in terra orma sovente?Stampa il mortal che pio fu giovanetto,?Non è già perchè sia guida impotente?Relig?one a obbed?ente petto,?Ma perchè alla celeste Conducente?Sveltosi l'uom, s'affida a novo affetto,?E segue il proprio orgoglio e i vili esempi,?E teme la beffarda ira degli empi.
Oh come lor beffarda ira scagliata?Contro gli altari l'alma mia percosse!?Ed, ahi! la prima voce scellerata,?Che da innocente fede mi rimosse,?Uscì da tal, che, dopo aver sacrata?Sua vita al tempio, il divin giogo scosse!?Quanto è alta luce pio, ver Sacerdote,?Tant'è funesto mastro ogni Iscariote!
D'inferno una smania?Tormenta quel tristo,?Che indegno consacra?La coppa di Cristo,?Che insegna il Vangelo?Con labbro infedel;?Che invidia de' laici?Le vesti e la chioma,?Che irato sogghigna?Sui cenni di Roma,?Che nutre eresia?Mal cinta da vel.
Ossesso quel petto?Qu?ete non gode?Se in alme innocenti?Non getta sua frode,?Se non avvelena?Lor candida fè:?Ei spera, involando?Credenti al Signore,?Estinguere il verme?Che rodegli il core,?E dirsi: ?Per gli empi??Castigo non v'è?.
Tal fu lo sciagurato, onde la prima?F?ata io stupefatto e impaurito?Intesi accenti di bestemmia astuti?Contro a' misteri, dietro cui l'eterna?Maestà del Signore all'uom traluce.?Avess'io a quell'apostata strappata?L'indegna larva! L'avess'io al cospetto?De' giusti vilipeso! Io stoltamente?Tacqui, e volsi nel cor le rie parole?Dell'incarnato Sàtana, e sorrisi?Al suo ingegnoso e perfido sorriso,?E in forse stetti, fra i dettami austeri?Da verità segnatimi, e i dettami?Lieti e superbi del parlante serpe.?Da quel funesto giorno io non potei,?No, disamar le sante are paterne,?Ma a quando a quando io le mirava, incerto?Se venerar le dovess'io, siccome?Ne' miei dì d'innocenza, o se più senno?Fosse obbl?arle o irriderle, e aver soli?Idoli i miei voleri e il mio ardimento.?Così varcai l'adolescenza, e gli anni?Toccai di giovinezza, ebbro di studi?E di speranza nelle forze innate?Del mio altero intelletto. E pure i templi?Secreto avean per me fascino sempre!?E sovente io gettava i baldanzosi?Libri, e fuggìa le argute, empie congreghe,?Per raddurmi solingo e sconfortato?Sotto i tuoi grand?osi archi vetusti,?Lugdunense Basilica, ove i primi?Apostoli di Gallia hanno sepolcro!?Oh bella chiesa! Quante volte prono?Colà pregando e meditando io piansi?Le natìe abbandonate Itale sponde,?E il focolar lontano, ove la madre?Ed il padre e i fratelli erano assisi,?E piansi in un mie tenebre, miei dubbi,?Mie pass?oni, ed il perduto Iddio!?Perduto, no, per me non era! e il lume?Di lui mi sfolgorava alcune volte?Sì che sparìan le tenebre, e di novo?Io mandava dal core inni di gioia.?Ma tempi erano quei di non verace?Filosofia, sulle rovine sorta?Di molti altari, e sovra molto sangue;?E la Gallica terra, infra sue pesti,?Di sacerdoti rinnegati avanzo?Chiudea velenosissimo; e i più feri,?Più stud?osi e scaltri eran nemici?De' sacri templi, r?aperti allora,?E dal Corso magnanimo scettrato?Arditamente in onoranza posti.?Un di que' Giudi inverecondi a' passi?Miei s'attaccò: l'ornavan lusinghieri?Eletti modi, e pronto ingegno, e il foco?De' sottili motteggi scoppiettanti,?E facile parola, e d'infiniti?Libri conoscimento, e quell'audace?Sentenz?ar che sicuranza appare.?Sommessa voce ripetea d'orecchio?In orecchio: ?Ei fu monaco?! E la macchia?Sciagurata d'apostata sembrava?Sedergli orrenda sulla calva fronte,?E dir: ?Nessun più sulla terra l'ami!??E nessun più l'amava, e nondimeno?Ascondean tutti l'intimo ribrezzo,?E cortesi accoglieanlo, e davan plauso?Alla dolce arte della sua favella.?Quella canizie al disonor devota?Orror metteami e in un pietà. Più giorni?L'esecrai, l'osservai, gli porsi ascolto?Come a stupendo rettile, e gli chiusi?I miei pensieri; indi scemò l'occulto?Raccapriccio, e piegai più tollerante?L'alma alle grazie di quel falso ingegno.?Oh pe' giovani cuori alta sventura?Lo scontrarsi in sagaci empi, che fama?Di lunghi studi grandeggiar fa al guardo?Dell'attonito volgo, e d'intelletti?Che pur volgo non sono! Al rinnegato,?Pur non amandol, mi parea di stima?Ir debitor per l'inclite faville?Del possente suo spirto, e palesava?Ei di mia riverenza e d'amistade?Gentil, singolar brama; e questa brama?Era al mio stolto orgoglio esca gradita.?Lunghe non fur tra noi le avvicendate?Confidenze ed indagini, e m'invase?Giusto corruccio, e da colui mi svelsi:?Ma le illudenti sue dottrine, a guisa?Di succhiante invisibile vampiro,?Stavan su me, riedean cacciate, e furmi?A tutti i giovanili anni tormento.

Più vivo in me si raccendea l'amore?Delle case di Dio, quando rividi,?Bella Italia, il tuo sole animatore,?E m'accolsero i cari Insubri lidi,?Dove gli avi mostrar quanto al Signore?Fosser devoti e a grande intento fidi;?Tal sacra ergendo maestosa mole,?Che a lodarla il mortal non ha parole.
Troppo ancora in Milan l'anima mia?Tra giochi e alteri studii vaneggiava,?E glor?osi amici e fama ambìa,?Ed ogni dì più folli ombre afferrava.?Ma pur di salutar malinconia?Frequente un'ora i gaudii miei turbava,?E al tempio allora io rivolgeva il piede,?E in me scendea consolatrice fede.
E l'amato mio Foscolo infelice,?Sebben lui fede ancor non consolasse,?Talor volea con umile cervice?Mescersi all'alme per cordoglio lasse,?Che la bella de' cieli Imperadrice?Imploravan che a lor grazia impetrasse;?E quando al tempio a sera ei mi seguiva,?Indi commosso
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