bara
Le tue parole; io compio il tuo
desìo....
E sento, amico, che mi è meno amara
L'ultima volta che ti
dico: Addio!
[1] Questi versi vennero letti dall'autore il giorno 28 dicembre 1875 sul
feretro del poeta delle Penombre.
ANACREONTE
Fra le colonne--d'un bianco tempio
Sacro a Minerva,--la Dea propizia
Ai savî, austera Dea,
Pensieroso sedea
Anacrëonte,--cantor dei fervidi
Baci e degli inni--nati fra i calici
E
delle porporine
Rose allacciate al crine.
Sedea pensoso,--stringendo l'abile
Stil nella destra,--la intatta tavola
Sulle gambe giacente
Guardando avidamente.
Un sacerdote--dall'occhio linceo
Di là passava;--vide l'insolito
Vate
nel sacro albergo
E gli si fece a tergo.
Ei non udìllo;--come le statue
Chiuse nel tempio--pareva immobile,
E la fisa pupilla
Non mandava scintilla.
Spesso la destra--la cerea tavola
Avvicinava;--ma sulla tenue
Veste
che la copriva
Non un verso scolpiva.
E d'inusato--pallor coprivansi
D'Anacrëonte--le tempia, e l'unghia
Tormentava la lama
Con rabbïosa brama.
Nella clessidra--cadea la polvere,
E intorno, intorno--con suon
monotono,
Sotto le arcate fosche,
Ronzavano le mosche.
Alfin lo stile--sovra la tavola
L'acuta punta--venne a configgere,
E
con note indefesse
Questo cantico impresse:
"Perchè mi manca nel pensier la vita?
"Perchè come una spugna
inaridita
"Mi sta il cervel nel cranio?
"Perchè la luce mi niega i
colori?
"Perchè il profumo mi niegano i fiori,
"E la Musa un
esametro?
"Non sono io quello che i ridenti canti
"Questa notte vergò?--Perchè
gli incanti
"Söavi, perchè l'estasi
"E l'armonia dei non studiati carmi,
"Come donne, veniano a visitarmi,
"Innamorate e ingenue?
"Ed or ch'io chieggo un verso, una melòde;
"Or che una sete mi
esagita e rode
"Di profumi e di cantici,
"Non una lieta immagin mi
consola,
"E invano alla mia Musa una parola
"Io chieggo in
elemosina!
"Forse Minerva, l'äustera diva,
"Si vendica di me;--greggia votiva
"Non reco;--nel suo tempio
"Prima di questo giorno io non entrai;
"Gli amori, il vin, le rose io sempre amai!;
"Minerva ama il trapezio!
"_Anacrëonte dai versi söavi
"Non t'è propizia la Diva dei savi!_"
"Dirà ridendo il popolo....
"Stolto!... Il più savio è chi gode la vita!
"Il più savio son io!... Pòpol m'addita
"Qual'è dunque il mio tempio!
"No!... Minerva è propizia al mio poeta!
"Io sono un savio dalla
fronte lieta!...
"Rido, ma penso!--Ahi!... dubito
"Che la mia Musa,
de' miei baci stanca,
"Or m'abbandoni!... Già il mio crin s'imbianca
"E gli occhi miei si offuscano!...
"Nave sdruscita, si rintana in porto
"A morir nella noja e lo sconforto!
"Oh!... splendide memorie!...
"Solcasti l'onde un dì, di fiori ornata,
"E sulla tua bandiera inalberata
"Stava scritto:--Odi Erotiche.
"Venian da lunge a udir la melodia
"Che dalle tue seriche sarchie
uscia
"Sotto la man de' Zeffiri,
"E del mar della vita i nocchier
stanchi
"Si fean dappresso ai tuoi dorati fianchi
"Per guarir dalla
noja.
"Giungevan mesti e cogli occhi infossati
"E partivano lieti e consolati
"In cor benedicendoti;
"E, giunti in patria, alle persone care
"Recavan, talismano salutare,
"Un'ode a Bacco o a Venere.
"Or sei sdruscita; le sarchie di seta
"Son rotte; il fianco tuo puzza di
creta
"Guasto dal tarlo e fracido!...
"Povera nave, ti rintana in porto
"Ahimè!... Pria di perire di sconforto
"Languirai di memorie!
"O Musa mia, dammi un ultimo canto,
"L'estremo bacio sia, l'estremo
incanto
"Dell'amor tuo!... D'un'estasi
"Fammi ancora bëato!... E
poi... ch'io muoja!
"Più della morte ho in orrore la noja....
"E il
dolore di perderti!
"Ahi!... Vane preci!... Nel pensier la vita
"Mi langue!... Come spugna
inaridita
"Mi sta il cervel nel cranio!
"Ahimè!... La luce mi nega i
colori!
"Ahimè!... Un profumo mi niegano i fiori
"E la Musa un
esametro!"
Sovra il suo ciglio--brillò una lagrima;
Scosso era il labbro--da un
lieve tremito;
E la spaziosa fronte
Chinava Anacrëonte.
Allor dei vate--battè sull'omero
Il sacerdote,--la cerea tavola
Colla
destra additando,
E disse sogghignando:
"Pazzi e pöeti--sono sinonimi!
"Tu della Musa--ti lagni, il ciglio
"Ancor molle hai di pianto....
"Ed hai crëato un canto!
Luglio 1875.
EVO MEDIO
(A GIUSEPPE GIACOSA)
Oh!... Il bel tempo dei miracoli,
Dei giulivi menestrelli,
Delle fate,
degli spiriti
E dei magici castelli!
Oh! il bel tempo dei pigmei,
Delle imprese e dei tornei!
Oh!... Il bel tempo delle maglie,
Dei vestiti di velluto,
Quando Iddio,
la dama e il trono
Si rubavano il tributo,
E cantavasi il perdono
Sul motivo dei fendenti,
Ed insieme pullulavano
I castelli ed i
conventi!
Oh!... Il bel tempo dell'assiduo
Alternar di paci e guerre,
Quando i
vescovi aggiravansi
Cavalcando per le terre,
Mentre ai piè delle
Eminenze
Chiedean tutti le indulgenze!
Beppe, il mondo di quell'epoca
Pare un mondo immaginario!
Il
ladron della mattina
Bacia a sera un reliquiario;
Sulla massa che
cammina,
Come pecore attruppate,
S'erge sempre, quasi a bussola,
Il cocuzzolo d'un frate.
Eran più che innumerevoli
I colori delle tonache;
Una mistica
lussuria
Dava l'estasi alle monache;
E cantavansi a distesa
Inni e
salmi nella chiesa.
Sovra un asse Frate Angelico
Dipingea le sue Madonne;
Sempre
azzuro il manto aveano,
Sempre rosse avean le gonne;
N'era il capo
incoronato
Da un bel circolo dorato.
Gli alchimisti si sfiatavano
Sulle brage dei fornelli;
I teologi
soffiavano
Nei fanatici cervelli;
Il delirio universale
Era l'or
filosofale.
Si chiedeva allo Zodïaco
L'avvenir delle persone;
I romiti
fabbricavano
Le medaglie e le corone;
E diceano i benefíci
Dei
flagelli e dei cilici.
Come noi si va in America,
Lor si andava in Palestina;
Qual tesor
ne riportavano
Una scheggia peregrina
Della croce di Gesù....
Nè
chiedevano di più!
Oh!... I corteggi all'Evo Medio
Nei trionfi e nelle feste!
Oh! i
cavalli, i fanti, i carri,
L'oro e i drappi sulle teste!
Eran splendidi e
bizzarri
I corteggi d'un possente,
Smaglïanti come il crotalo
Sotto
il sol d'Affrica ardente.
Nani, alfieri, paggi e chierici,
Gente bella e foggie strane
E buffoni
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