Piccoli eroi | Page 8

Cordelia
suo paese, della
propria famiglia e dei suoi simili, e forse è un eroe tanto più grande,
perchè il suo eroismo è ignorato e non vi è spinto dall'idea della gloria
che è sprone a grandi sagrifizi. Se vorrete, vi leggerò quando sarete
stati ubbidienti, alcune storie vere, ch'io ho raccolto, di eroismi ignorati,
nella speranza che possano esservi utili; sarà un modo di occupare
queste serate d'autunno.

--Brava!--disse Vittorio.--Che gioia! I tuoi racconti mi piacciono tanto.
--Vediamo questi eroi!--disse Carlo,--anzi, dovresti cominciare subito.
--Per questa sera,--rispose Maria,--contentati di studiare; il mio
manoscritto è in fondo al baule.
--È tanto noioso questo latino! Ora poi che sono in vacanza....
--Ebbene lascia stare,--disse il signor Morandi interrompendo la sua
lettura,--ti prometto che se non passi l'esame ti mando a fare il
ciabattino.
I fanciulli diedero in una risata, mentre Mario continuava colla matita a
scarabocchiare sulla carta.
--Ecco il tuo ritratto,--disse a Carlo quando ebbe terminato.
Le ragazze ansiose s'avvicinarono a Mario e si misero a ridere con tutta
la forza dei loro polmoni, alla vista d'una figura che avea un po' il
profilo di Carlo, seduta al bischetto con un paio di scarpe in mano
tirando lo spago; con sotto la scritta: l'eroe dello spago.
Carlo, indispettito, diede uno schiaffo a Mario che si ribellò, e
incominciarono a picchiarsi e a prendersi per i capelli.
Maria li divise e rivoltasi a Carlo disse tranquillamente:
--Un eroe che batte un ragazzo più giovane di lui! Che vergogna!
Carlo rimase mortificato da quelle parole, ma tenne tutta la sera il
broncio al fratello, il quale andava dicendo che, volere o non volere,
avrebbe illustrato tutti gli avvenimenti e i tipi che gli sarebbero passati
davanti durante le vacanze e i racconti che si sarebbero fatti intorno a
lui. Se suo fratello voleva essere un eroe, egli aspirava alla gloria d'un
grande artista e voleva esercitarsi a cogliere il vero che gli cadeva
sott'occhi.

I RACCONTI DI MARIA.
I ragazzi non si dimenticarono la promessa di Maria e non la lasciarono
in pace finchè non cercò il manoscritto. La sera dopo quando furono
tutti radunati intorno alla tavola la supplicarono impazienti di
incominciarne la lettura.
Aveva appena lette le prime parole, che entrò don Vincenzo assieme al
professore Damiati.
--Continui pure,--dissero.
Maria voleva sospendere la lettura dicendo che erano storielle scritte
per i ragazzi e non potevano interessare persone come loro.
Ma non ci fu verso, vollero che continuasse, altrimenti minacciavano di
andarsene.
--Sono tutta confusa,--disse Maria,--di avere un simile uditorio, non so
più dove sia rimasta,--soggiunse riprendendo il manoscritto.
--Incominci dal principio,--disse il professore,--vogliamo sentir tutto, e
mentre Mario stava temperando la matita per illustrare il racconto,
come diceva lui, tutti gli altri fecero silenzio per ascoltare la lettura di
Maria.
Essa incominciò colla voce un po' tremante, ma chiara e armoniosa, a
leggere il suo racconto.

LA FIGLIA DEL CANTONIERE.
Pierina era la figlia, del guardiano della casa cantoniera numero 6,
posta presso ad un modesto villaggio, sulla via del Gottardo.
Fra i primi ricordi dell'infanzia, al primo risvegliarsi della sua
intelligenza intorpidita, essa rammentava che parecchie volte al giorno,
suo padre usciva con qualche cosa arrotolata oppure con un lanternino

in mano, e pochi momenti dopo, si sentiva uno strepito, che pareva il
terremoto e faceva scuotere fino dalle fondamenta la piccola casa, poi il
rumore si affievoliva, finchè si dileguava in lontananza. Non sapeva
che cosa fosse, ma quando usciva il padre, essa stava attenta,
aspettando il solito rumore.
Una sera che il babbo era assente, ed essa un po' irrequieta, la mamma
accese il lanternino, la prese fra le braccia e uscì sulla strada.
L'impressione che provò quella volta non la dimenticò più.
Vide lontano una massa scura, grande, gigantesca, con due occhi rossi
infocati, che sbuffava e mandava lampi di fuoco, come un mostro
fantastico, e quella massa nera veniva precipitosamente verso di loro
come se volesse ingoiarle, stritolarle. Nascose la testa sulla spalla della
mamma, chiuse gli occhi e si mise a gridare.
La mamma non si mosse: stette ferma al suo posto finchè il mostro fu
passato e si sentì il rumore diminuire in lontananza e ad un certo punto
cessare.
Pierina continuava a piangere e a tremare.
--Bisognerà bene che ti abitui al passaggio del treno, mia piccola
paurosa,--le disse la madre riconducendola in casa.
E infatti s'abituò in breve a quel rumore, anzi quando cominciò a
camminare e sentiva lo strepito della macchina, voleva correr fuori a
veder il vapore, e avrebbe voluto toccarlo, e colle manine tese faceva
festa al luccicore dell'ottone intorno alla locomotiva, seguiva cogli
occhi la colonna di fumo, ed esclamava guardando in alto: bello! bello!
In poco tempo, quell'oggetto che l'aveva tanto sgomentata era divenuto
il suo divertimento, anzi, quando lo sentiva in distanza, correva sulla
strada ferrata in mezzo
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