Nel sogno | Page 3

Neera
senza accorgersene,

olio per acqua. Di più si prese a vociferare che, nel suo stato continuo
di rapimento, gli accadesse di compiere il suo parco asciolvere,
consistente in una cipolla o in poche foglie d'insalata, prima di
celebrare la messa.
E, a proposito della messa e delle altre funzioni domenicali, la sua
condotta si faceva sempre più stravagante. Egli si rifiutava all'obbligo
fisso della domenica, dicendo che tutti i giorni appartengono al Signore,
e non si deve dedicare un giorno solo a chi è padrone dei secoli. Ma in
tutte le stagioni, con tutti i tempi, i lavoratori se lo vedevano comparire
davanti, ed inginocchiato in mezzo all'erba accompagnare l'opera dei
campi con cantilene soavi e tenere o con inni ardenti di fede.
Una volta, mentre predicava in chiesa nell'occasione di una lunga
siccità che minacciava di abbruciare tutte quante le messi, vide
attraverso le finestre annuvolarsi il cielo e sui vetri cadere fitti fitti i
primi goccioloni di una benefica pioggia.
Trasportato di riconoscenza, scese dal pulpito, e colle braccia, e colla
voce e coll'esempio traendosi dietro la folla dei fedeli, li schierò tutti
fuori del tempio, in aperta campagna, facendo loro ammirare la bontà
della Provvidenza, e invitandoli a cantare nel pieno trionfo della natura
il trionfo di Dio.
Dopo quel giorno, gli rimase l'abitudine delle prediche sotto il cielo.
Nei caldi meriggi dell'estate specialmente, egli raccoglieva i suoi
parrocchiani all'ombra maestosa delle quercie e, umile in mezzo agli
umili, parlava loro da fratello a fratelli, usando il dialetto famigliare a
tutti, evitando le citazioni, servendosi della parola del Signore nella sua
forma più umana per poter giungere fino all'ultimo dei cuori, fino al
piccoletto cuore dei fanciulli a cui egli permetteva di trastullarsi intorno
a lui.
Un forestiero, capitato a sentire una di queste prediche, se ne mostrò
scandalizzato, e osò dirgli apertamente che vi era una casa consacrata
alla preghiera e che questa casa era il tempio. Ma egli rispose pronto
colle parole stesse di S. Matteo: "Vi dico che qui vi è alcuno maggiore

del tempio." Ed anzi, avendo in quel giorno dimenticata la croce colla
quale soleva benedire il suo docile popolo, colse dal prato un fiorellino,
e, con esso tracciando nell'aria le mistiche linee, pronunciò col
massimo fervore questa poetica invocazione:
"O Voi, dalla cui mano misteriosa prendo questo fiore in tutta la sua
purezza, mentre il legno della croce è stato lavorato dagli uomini,
Divino Fattore, questa purezza, questo profumo versateli sui vostri
servi, così che noi possiamo, simili al fiore, seguire la vostra legge, e,
chinando il capo alla mano che ci coglie, dire: Ei volle!"
* * *
I parrocchiani gli volevano bene, ma i suoi compagni del clero, che
vedevano in lui un esempio troppo pericoloso, non tardarono a
mormorare: e che egli era un mattoide, che a furia di prendere il
Vangelo alla lettera avrebbe ricondotta la società ai tempi barbari, che
invece di andare cantando e predicando nei prati, avrebbe fatto meglio
a curare la sua chiesa, la quale, meschinella, si covriva di ragnateli, e
non si trovava mai olio nelle lampade, che era una vergogna.
Il buon prete cercò sulle prime di scusarsi, disse:--È vero, la lampada
della chiesa manca spesso d'olio, perchè io non cerco mai un soldo alle
mie pecorelle già così crudelmente tosate; anzi do loro spesso anche i
piccoli proventi delle messe, e una volta staccai la lampadina d'innanzi
al Santissimo per portarla ad una povera donna che aveva due bambini
malati in una stalla, i quali nell'oscurità della notte gridavano
continuamente, sì che lei correva dall'uno all'altro al buio chiamando la
Madonna. Se ho fatto male, me ne pento, ma l'Altissimo vede la mia
intenzione, e sa che non tolsi l'olio alla chiesa se non quando ebbi dato
tutto il mio.
I suoi compagni lo accusarono ancora di soverchia indulgenza verso i
parrocchiani, perchè li rimandava assolti di tutte le loro colpe.
--Le loro colpe!--esclamò allora, arrossendo di rossore e di
sdegno.--Ma quali sono le loro colpe, poichè vivono al cospetto di Dio,
riconoscendolo e adorandolo, poichè lavorano e poichè si amano gli uni

cogli altri? e quando essi vengono umilmente a dirmi: "padre, ho
peccato" come non dovrei compatirli se io stesso pecco, e Dio volle che
l'errore fosse diffuso in tutte le cose create, sì che non sempre il melo
dà pomi, nè la spica è sempre piena di grano, ed alcuna volta la gallina
e la tortora si cibano delle proprie uova uccidendo i loro figliuoli?
A codeste ragioni gli avversari si guardavano tra loro sogghignando e
scuotendo la testa.
* * *
Un ultimo fatto diè il crollo alla riputazione del troppo semplice pastore,
e fu quando lo trovarono un giorno con un lembo di sottana ritagliata
grottescamente fin sopra il ginocchio, così ridotta da lui stesso per
averne regalato
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