Nel sogno | Page 2

Neera

sottilissima, immateriale, gli davano una somiglianza perfetta coi santi
più conosciuti del martirologio cristiano.
Vestiva una tonaca informe di lana bruna sciolta ai fianchi e cadente
sopra un paio di rozze scarpe allacciate a mo' dei sandali antichi con
striscioline di cuoio. La testa era nuda, cinta da pochi capelli lunghi e
svolazzanti dietro l'orecchio, col segno della sacra tonsura ancora
visibile benchè da parecchi anni sconosciuta al rasoio.
La sua età appariva incerta. Come tutti coloro che sono assorti in un
mondo superiore, sembrava sfuggire alla legge comune della vecchiaia.
La sua età era quella di chi ama e di chi crede.
* * *
Nato nei campi, nutrito fin dalle fascie dell'ossigeno dei monti,
cresciuto insieme agli uccelli, alle farfalle, ai fiori, egli non aveva mai
saputo staccarsi dalla sua patria naturale, e, quando era stato il
momento di scegliere il suo posto nel mondo, gli parve che nessuno
potesse soddisfare meglio i suoi desideri che quello di una adorazione
continua al divino Fattore.

Sorgere col sole del mattino, schiudersi colla gemma e colla crisalide,
olezzare col petalo, lavorare coll'ape, combattere col vento, gemere
colla fonte, meditare col sasso, fremere col bosco, alzarsi coll'allodola e
piegare al tramonto calmo e solenne cantando le lodi di Dio: ecco il suo
ideale.
Fu prete a vent'anni. Nè lotte, nè ostacoli si frapposero al compimento
della sua vocazione.
Egli tese le sue ali d'angelo, e passò dal mondo dell'innocenza a quello
della penitenza, senza toccare il fuoco. L'anima sua, monda di terrene
passioni, poteva appropriarsi il detto dell'apostolo: "La grazia comincia
dove è spento l'orgoglio e quando l'uomo si è vuotato di sè, allora solo
si riempie della sapienza."
Vuotato di sè egli era fino all'ultimo punto; la sua persona non gli
apparteneva che a guisa di un abito tolto a prestito, e similmente
considerava tutti gl'interessi degli uomini. Soleva ripetere con grande
compunzione la teoria di San Tommaso:
"Nell'universo ciascuna creatura è per la sua perfezione; le creature più
ignobili sono per le più nobili, onde quelle che stanno al di sotto
dell'uomo devono servire l'uomo; poi tutte le creature sono per la
perfezione dell'universo, e infine tutto l'universo tende a Dio come a
suo fine."
Questo scopo della perfezione lo investiva di un ardore continuo, lo
traeva agli eccessi. Egli andava a cercare i miserabili nelle loro tane più
infette, divideva con loro il suo pane e si coricava al loro fianco.
Egli visse a lungo coi beoni, coi ladri, cogli appestati, cogli atei; passò
quale meteora nei covili infesti del vizio e del delitto; predicò la sua
parola d'amore e di pace sui trivii dove le più sozze vendette si
compivano in tragedie di sangue. Passò inascoltato, puro e disilluso, ed
andò a portare la sua fede ardente in altri luoghi.
Egli volle conoscere il mondo dei felici che, non avendo nessuna lotta,
nè di denaro, nè di sensi, nè di ignoranza, parevano i meglio disposti ad

accogliere la grazia; ma anche qui naufragò nei gorghi più crassi del
materialismo e della indifferenza. Le divine parole "ciascuna creatura è
per la sua perfezione" sembrava che si fossero arrestate alla soglia di
quel tempio di egoisti. Non vi erano fra loro creature nobili, nè ignobili,
ma solo una massa uniforme e compatta di pilori e di ventri.
Andò, andò ancora, cercando con ansia amorosa là dove la fede gli
indicava più sicuro tabernacolo ai suoi ideali, e fu l'ultimo, il più
terribile dei disinganni.
Allora, afflitto, non scorato; misero, ma non solo, poichè Dio era nel
suo cuore, si ridusse all'unica adorazione del Creatore, rimettendo a Lui,
che guida la caduta delle foglie, anche la salute degli uomini. Calmato
così di ogni sete terrena, il suo misticismo si rivolse tutto alla
contemplazione.
* * *
Fu allora che incominciò a vedere angeli erranti nell'accavallamento
delle nubi, schiere di cherubini sui prati quando saliva la nebbia, e, se
l'arcobaleno cingeva i monti, si buttava in ginocchio in preda all'estasi,
tendendo le pupille verso le vette dove gli sembrava di scorgere
profetiche parole scritte in lingue di fuoco.
Se dall'estasi religiosa passava all'umiltà della vita quotidiana, in ogni
atto, in ogni detto portava una tale astrazione dal reale che ben presto
vennero a parlare di lui come di un fenomeno, come di un essere
vivente in sogno.
Aveva in quel tempo cura d'anime in un povero paesello, di cui egli era
anche il più povero abitante; ma starsene scalzo sulla soglia della sua
casetta, mangiare radici, rattopparsi da sè i propri abiti, non gli
parevano cose contrarie alla sua divina missione.
Senonchè il fervore ascetico cresceva fuor di misura; già egli non
beveva neppure una goccia del vino consacrato, avendo per il vino una
ripugnanza da isterico, e meglio, quella santa mortificazione del palato
che, pari a S. Girolamo, gli avrebbe fatto sorbire
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