rabbia di chi
vorrebbe resistere ed è impotente.
Appena gli fu messo il laccio al collo vi fu un istante in cui stette
immobile fissando il boia e gli astanti. Che cosa passò per la mente
dell'infelice in quel momento? Forse ebbe un lucido intervallo, durante
il quale si vide irremissibilmente perduto. Ma fu un lampo e tornò
subito a piangere e a dibattersi furiosissimamente.
Tutto ciò avvenne in meno di quattro minuti. Alle sette e trentaquattro
minuti precisi si riaprì la porta del carcere e in mezzo al più profondo
silenzio dei presenti Cornetta apparve fra le braccia di quattro uomini
che lo trascinavano a stento.
La forca distava dalla porta del carcere quattro passi soli. Il condannato
vi fu portato sotto di peso, senza che i suoi piedi toccassero terra,
mentre si dibatteva e urlava:
--No, no, che fate? Che fate? Ah! Ah!
Giunti i quattro uomini sotto la corda, in meno che non lo si dice il boia
calò il cappuccio sul viso del condannato, attaccò il laccio all'anello,
battè il piede destro per terra, e a quel segno, tagliata dall'assistente la
corda che sosteneva il peso, tac: la massa di ferro cadde sopra un
materasso e Cornetta venne tirato su, a sei piedi da terra.
Uno degli astanti più vicini alla forca stramazzò svenuto.
Il corpo nero del condannato pendette, rivolto verso l'occidente, il collo
si allungò e le mani si raggrinzarono. Si fermò immobile qualche
secondo e poi fu tutto agitato da una terribile contrazione; le gambe si
allungarono e tremarono parecchie volte: poi tutto finì.
Il collo di Cornetta diventò prima paonazzo, quindi livido e finalmente
nero: le mani bianche. I medici gli sbottonarono il gilè, accostarono
l'orecchio al petto, ma non dissero dopo quanti secondi precisi Cornetta
era spirato: il cadavere fu staccato dalla corda e deposto nella cassa
dopo quattordici minuti.
La giustizia americana era soddisfatta: aveva strozzato un pazzo
furioso.
II.
La danza dei milioni.
Quella orribile esecuzione era stata uno dei primi spettacoli a cui avevo
dovuto assistere nella mia qualità di giornalista negli Stati Uniti: mi
fece, naturalmente, una tristissima impressione.
--Ma si può impiccare un pazzo?--dicevo alla sera in una famiglia
italiana stabilita da ventiquattro o venticinque anni a New-York.--Che
modo è questo di amministrare la giustizia? Si fissa la data
dell'esecuzione, poi si accorda una dilazione, si perdono settimane su
settimane e il condannato impazzisce.
E dopo aver descritto la scena, domandavo:
--Quando si è visto che un condannato ha perduto la ragione, deve
essere permesso in un paese civile di impiccarlo?
--E che cosa avreste voluto che si facesse?--m'interruppe uno degli
interlocutori, un giovane mio amico di ventidue anni, figlio di genitori
italiani, ma nato negli Stati Uniti.--Metterlo in un manicomio, curarlo
perchè guarisse e, appena il disgraziato avesse riacquistato l'uso della
ragione, condurlo sulla forca in tutta la pienezza dei suoi sentimenti?
Dal momento che qui si mantiene la pena di morte, che in Italia dite di
aver abolito, ma che conservate ancora nell'esercito, e posto che
Cornetta era stato condannato a morte, fra il giustiziarlo col cervello
sconvolto e il giustiziarlo con le idee ben chiare e ordinate, mi pare anzi
più umano l'averlo soppresso quando non capiva nulla.
--Infatti Cornetta aveva la fissazione che oggi doveva essere liberato.
Ma dovreste considerare che pazzo significa malato moralmente. Se un
condannato, supponiamo, alla vigilia dell'esecuzione, fosse malato
fisicamente, avesse il tifo o qualche cosa di simile che gli impedisse di
alzarsi dal letto, lo si impiccherebbe? Io non capisco come voi
americani o americanizzati trattiate i pazzi come i malvagi sani. Se vi
fu mai un assassino col cervello guasto era certo l'uccisore del
presidente Garfield, Guiteau, affetto da mania religiosa, che si credeva
inviato da Dio e che in prigione sorrideva dolcemente contemplando
nel soffitto il seggio di gloria e l'aureola luminosa che l'attendevano
nella Nuova Gerusalemme. Ora neppure per Guiteau si volle
riconoscere che un manicomio era più opportuno della forca.
--Ah! sì, il manicomio! Se non si sbrigavano a impiccarlo, sarebbe stato
linciato!
--Eh! già: ricordo che vi fu perfino uno, il sergente Mason, che gli tirò
una revolverata mentre lo conducevano dal carcere al tribunale. E
appena fu fissato il giorno dell'esecuzione, quanti cittadini si offrirono
di sostituire il boia! Fu spedita a Washington una vera collezione di
corde per il collo di Guiteau; le signore americane mandarono una
cappa nera, filettata di rosso con le loro mani, per incappucciare il
condannato! E il dì dell'impiccagione fu giorno di gioia in tutta
l'Unione. Alla mattina, di buon'ora, in diverse città, Guiteau veniva
anticipatamente impiccato in effigie da una folla entusiasta. Ve ne
ricordate? I birrai distribuivano gratis lager-beer ed ale per celebrare
l'esecuzione dell'assassino presidenziale che saliva il patibolo gridando
con voce ferma e inspirata: Gloria, gloria, alleluia!
--Ebbene?--fece il giovane italo-americano--e non è
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