tenerezza.
A lui pareva una cosa tanto naturale quella di rispettare l'ultima volontà
di suo padre!
"Bisogna dire--pensò fra sè--che la cosa a Milano non sia creduta molto
facile."
Anche il tutore il giorno dopo abbordò la questione del testamento.
Don Ignazio, più ancora, del marchese, temeva che l'Enrico si ribellasse
alla protratta maggior età e volesse tentare la lite, la quale aveva
certamente assai probabilità di essere vinta, ma non la certezza. E
s'ingannava!
A lui pure l'Enrico dichiarò quello che il giorno prima aveva risposto al
marchese, intendere cioè di rispettare il testamento, quantunque fosse
persuaso che legalmente parlando quella clausola non avrebbe avuta
una sanzione!
Il cavaliere Martelli era fuori di sè per la gioia.
--Che bravo figliolo! Chi l'avrebbe detto! Che bravo figliolo! Allora
discorriamo un poco del tuo avvenire--soggiunse egli col suo miglior
sorriso.
Il ribollimento del suo dolore, fece scoppiar l'Enrico in nuovo pianto.
--Via Enrico--disse il tutore tra l'ammirazione e il compatimento--non
rammaricarti poi troppo colle tristi memorie. Tuo padre, come pure la
tua povera mamma, erano due degne e sante creature che ti stanno
guardando di lassù e che ti proteggeranno contro i pericoli della vita.
--Son qua, se lo crede necessario,--disse il giovinetto.
--Hai tu pensato qualche volta a quello che vorrai farne della tua
vita?--cominciò a bruciapelo don Ignazio.
--Quello che vorrò farne della mia vita?--ripetè Enrico---ma credo che
farò anch'io nè più nè meno di quello che fanno tutti gli altri.
--Gli altri, gli altri!--sclamò il tutore con una smorfia--chi sarebbero
secondo te questi altri?
Enrico fu un poco sorpreso di questa specie di interrogatorio, ma
dissimulando rispose:
--I miei amici d'infanzia, i giovani della mia età, i miei compagni di
collegio... non saprei io... quelli che conoscerò in società... per esempio,
mio cugino Lorenzo e Gigi Prato e Ferdinando Sappia che sono
maggiori di me, ma che mi volevano tanto bene, e Alfonso Sant'Albano,
che veniva sempre a trovarmi, con la sua mamma e con cui giuocavo...
ti ricordi zio? precisamente in questo salotto, prima di andar in
collegio....
--Ascolta, caro il mio figliolo; questo già non è il momento di farti un
predicozzo sui cattivi compagni, però....
--Come!--interruppe Enrico--mio cugino Lorenzo e Gigi Prato e
Santalbano sarebbero cattivi compagni?
--Non dico questo... non faccio il nome a nessuno io... parlo in generale.
Ti basti di sapere che acqua torbida non fa bel specchio. Qui a Milano
ci sono dei giovani, così detti del buon genere, che buttano via il tempo,
la salute e i quattrini in cavalli, in cene, in ball... in baldorie, in
frascherie insomma, e che so io.
--Io non ho davvero queste intenzioni--disse Enrico seriamente.--In
collegio mi hanno insegnato che cosa si deve fare per diventare un
uomo che possa far onore al proprio paese.
--Tu mi consoli, caro Enrico--sclamò con giubilo don Ignazio.--Mi
piace sentirti a parlare così dei Barnabiti!
Enrico sorrise.
--Dunque siamo intesi. Ora veniamo alla morale. Tu già non avrai più
nessun danaro di quello che ti ho spedito per fare il viaggio.
--Non solo non ne ho più di quello, ma siccome, fatto il conto
all'ingrosso, quello che tu mi hai mandato non sarebbe stato sufficiente
per venire fino a Milano....
--Come! come! Ti sbagli,
--Io non volevo farmi vedere a piangere e ho preso un cuppè tutto per
me, caro zio. Tu mi hai mandato il denaro misurato per viaggiare nei
secondi posti.
--Io viaggio sempre nei secondi.
--Io no; sempre nei primi. Mi feci dunque prestare duecento franchi da
un compagno a cui bisogna li rimandi subito.
--Cominciamo male!--disse il tutore grattandosi in capo.--Dunque non
hai più neppur un centesimo?
--Ma no, caro zio; l'ultima lira l'ho data al facchino, che portò le mie
valigie sul legno, tanto è vero che il cocchiere l'ha pagato la portinaia a
cui debbo un altro paio di franchi.
--Ma caro Enrico, dovevi sapere che non si dà un franco al facchino
della stazione.
--Non avevo altro. Non potevo farmi dar indietro il resto in spiccioli.
--Io ai facchini do sempre dieci centesimi e sono contentoni.
--Sarà benissimo.
--E poi che necessità di prendere un legno? C'è l'omnibus della stazione,
che passa qui davanti alla porta.
Enrico cominciava sul serio a inquietarsi.
--Ti dicevo dunque--continuava il tutore--che per metterti nella società
che conviene al tuo rango e alla tua educazione ci vuole un po' di
denaro in tasca.
--Lo credo io!
--Però, tu non devi aver bisogno di molto. Qui hai il tuo
bell'appartamento di sei camere. Hai la balia per la guardaroba e il
palafreniere come cameriere e per la scuderia. Colazione, pranzo e
vestiario tutto pagato. È un lusso asiatico. Veniamo dunque al concreto
e fissiamo questa benedetta cifra dei minuti piaceri, che è lo scoglio più
difficile da sorpassare coi pupilli. Quanto ti pare che ti dovrà
abbisognare per le tue
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