Nana a Milano | Page 7

Cletto Arrighi
* * * *
Enrico ed Elisa, primi cugini per parte della madre, erano cresciuti insieme e si erano anche picchiati qualche garontolino giuocando a moscacieca nelle anticamere dell'avito palazzo. Enrico quasi non la riconosceva più, tanto s'era fatta grande, bella e vistosa uscendo dall'età ingrata.
I saluti, le condoglianze, le frasi scambiate fra di loro son tutte cose che il lettore intelligente imagina da sè. Elisa negli occhi, nel sorriso, nel colorito del viso, bello e innocente, mostrava una felicità così sincera e grande, che non c'era da sbagliarsi. Povera fanciulla! Ella s'era avvezzata già da qualche tempo a considerare apertamente il contino come il suo amante, come il suo futuro sposo. Era una cosa quasi convenuta in famiglia. Sua madre e la balia glielo ripetevano spesso. La balia qualche volta, non ridendo, la chiamava contessina. La mente dell'Elisa, per non dir ancora il suo cuore, era piena dell'imagine di Enrico, bello, giovine, conte, simpatico, ricco. Perchè non l'avrebbe essa desiderato per marito?
Del resto l'Elisa non ne sapeva nulla più in là!
Dopo una mezz'ora di condoglianze, di domande, di risposte, di progetti, di spiegazioni la signora, Martelli fece all'Enrico l'ambasciata del marchese d'Arco.
--Ci vado subito dal povero vecchio. Mi vuol sempre tanto bene?
--Oh sì,--disse la Elisa,--come tutti, del resto.
La madre diede a sua figlia uno sguardo significante.
Di lì a poco la signora Martelli domandò a suo marito se aveva pensato di invitare l'Enrico a pranzo.
--C'è anche Aldo Rubieri, che desidera di conoscerlo.
--Non faceva però bisogno d'invitarlo,--rispose don Ignazio,--dove vuoi che vada a pranzare oggi se non è con noi?
--Aldo Rubieri, il bravo scultore?--domandò Enrico.
--Lui! Io gli faccio tutti i suoi affari,--rispose il notaio.
--Oh! bravo, bravo, pranziamo insieme--aveva sclamato intanto l'Elisa battendo le palme una contro l'altra.
Ma l'esplosione di gioia erasi troncata di botto perchè ella aveva incontrato di nuovo lo sguardo severo di sua madre.
* * * * *
--Non vuoi proprio dunque imparare a dissimulare un poco i tuoi sentimenti?--le diss'ella quando furono sole.
--Ma che cosa ho fatto poi? Non m'hai detto tu stessa qualche volta che sono destinata ad essere la sua sposa?
--Certo--disse la madre--ma se vuoi che egli prenda molta stima di te, è necessario....
--Ch'io finga di non volergli bene?--interruppe l'Elisa.
--Non dico questo.... Tu sei sempre estrema nelle tue frasi. E poi pensa che c'è tempo. Egli non ha che ventun'anni. Figurati quanti ne devono passare ancora prima ch'egli abbia l'età conveniente per sposarti.
--Ah, non troppo poi!--sclamò l'Elisa con un adorabile atto di sorpresa--io ne ho quasi sedici, sai mamma, e fra quattro anni sarò già vecchia perchè ne avrò venti.
--Oh!--sospirò la madre alzando gli occhi alla soffitta,--esse credono di esser già vecchie a venti anni!
* * * * *
Un lungo colloquio ebbe luogo più tardi fra il marchese d'Arco e il giovine conte, che era andato in quella stessa giornata a cercare di lui.
--Tu sai come ti ha trattato tuo padre?--gli domandò il marchese fissando negli occhi il giovine con molta attenzione.
Enrico piegò leggermente il capo sul petto e rispose:
--Sì.
--E quali sono le tue intenzioni in proposito?--domandò il marchese con una leggerissima emozione nella voce. Tu fra poco in faccia alla legge sarai maggiorenne.
E il suo sguardo nelle pupille di Enrico raddoppiava d'intensità. Era ansioso.
--Io voglio rispettare religiosamente la volontà di mio padre,--rispose il giovane alzando la testa con molta naturalezza.
Il viso pallido del marchese, si illuminò; gli occhi gli si inumidirono. Allungò le braccia e attirò al petto il giovine conte, che non sapeva spiegarsi bene il perchè di tanta tenerezza.
A lui pareva una cosa tanto naturale quella di rispettare l'ultima volontà di suo padre!
"Bisogna dire--pensò fra sè--che la cosa a Milano non sia creduta molto facile."
Anche il tutore il giorno dopo abbordò la questione del testamento.
Don Ignazio, più ancora, del marchese, temeva che l'Enrico si ribellasse alla protratta maggior età e volesse tentare la lite, la quale aveva certamente assai probabilità di essere vinta, ma non la certezza. E s'ingannava!
A lui pure l'Enrico dichiarò quello che il giorno prima aveva risposto al marchese, intendere cioè di rispettare il testamento, quantunque fosse persuaso che legalmente parlando quella clausola non avrebbe avuta una sanzione!
Il cavaliere Martelli era fuori di sè per la gioia.
--Che bravo figliolo! Chi l'avrebbe detto! Che bravo figliolo! Allora discorriamo un poco del tuo avvenire--soggiunse egli col suo miglior sorriso.
Il ribollimento del suo dolore, fece scoppiar l'Enrico in nuovo pianto.
--Via Enrico--disse il tutore tra l'ammirazione e il compatimento--non rammaricarti poi troppo colle tristi memorie. Tuo padre, come pure la tua povera mamma, erano due degne e sante creature che ti stanno guardando di lassù e che ti proteggeranno contro i pericoli della vita.
--Son qua, se lo crede necessario,--disse il giovinetto.
--Hai tu pensato qualche volta a quello che vorrai farne della tua vita?--cominciò a bruciapelo don Ignazio.
--Quello che vorrò farne della mia vita?--ripetè Enrico---ma credo che farò anch'io nè più nè meno di quello che fanno
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