Lucifero | Page 8

Mario Rapisardi
comuni e di travagli, Non èremo la terra; uom, che nel pianto Vive, e da Dio gioie o tormenti aspetta, Schiavo non pur, ma inutil cosa il chiamo! Tremar le infeminite anime al grido Del mio potere; e Dio, fatto più forte De l'umano terror, me per la mano Del suo fido Michel di ceppi avvinse, E percosso e ferito indi nei cupi Baratri m'inchiodò; stolto! e si tenne Securamente vincitor. Dai ceppi, Dagli abissi io balzai, giovine eterno, E mutando me stesso in mille guise Ebbi regno nel mondo. Una venale Turba di sacerdoti a cui nel nome Abusato del Cristo, agevol cosa Era il far degli altari empio mercato, Me d'ogni colpa allor, me d'ogni affanno Degli uomini imputò; strani sembianti Mi foggiar le nemiche anime, e avverso D'ogni umana salute e d'ogni amore Il mio nome suonò; ma in faccia a questo Dolor tuo sacro e in faccia al mondo io giuro: Mi fu iniqua la fama! Orrido, immoto Su l'umane coscienze s'assidea L'infallibile Domma: un paventoso Mostro senz'occhi e tutto plumbeo il corpo, Che il mortale Pensier di ferri avvinto Squarcia con le feroci unghie, e sen ciba. Suo regno è l'ombra, sua virtù gl'inganni; L'ignoranza dei popoli il suo scudo, Ed armi sue l'anátema e la scure. Contro ad esso io pugnai: sinistra e maga Cosa per lui la sitibonda brama D'ogni saper; frutto vietato il vero, Colpa il voler, la libertà delitto, E allora, oh! allor, superbamente il dico, Menzogna, error, colpa e delitto io fui!--

CANTO TERZO.
ARGOMENTO.
Lucifero, continuando il racconto, accenna alla venuta dei barbari; ad Ario, che si ribella, fra' primi, all'autorità ecclesiastica, da cui viene scomunicato nel concilio di Nicea; a Telesio, che scote il giogo scolastico; alla stampa che propaga il pensiero nuovo.--La rivoluzione, filosofica in Italia, diventa religiosa in Germania.--Leone X e Lutero.--Il pensiero e la coscienza armano il braccio dei popoli, e la rivoluzione prende l'aspetto politico.--Tirannide monarchica e republicana: la libertà sta nel centro.--Rivoluzioni d'Inghilterra, d'America, di Francia.--Il canto della guigliottina.--Fecondità delle rovine.--Rassegna delle principali invenzioni del pensiero umano; dalle quali confortato l'Eroe, predice il suo vicino trionfo.--Finita così la narrazione, si parte, mentre una voce misteriosa annunzia agli uomini la sua venuta.
Sopra la terra imperversava intanto Un uragan di popoli. Sul vecchio Tronco latin spirò l'aura del norte, E il rinverdì; fra le disfatte genti S'insinuò un gagliardo alito, un fremito Di selvatica possa. A quella forma Che al ritorno d'april, sotto al fecondo Bacio del Sol, freme la terra, e il cieco Germe, che in grembo custodì dal fiero Morso de' ghiacci, a l'aurea luce esprime; Tal serpea de l'uman genere in petto Una nuova virtù, che a la secreta Aura del mio pensiere apríasi il varco. Ed Ario sorse, e tutte avea d'intorno Le germaniche stirpi.--Oh! splenda un lume Di verità su queste genti; un riso Di libertà su le coscenze umane; Sia concesso il pensier!--Questo ai pastori Del buon Cristo ei chiedea, là, su la soglia Del Niceno consesso, ove a congiura Tratti il cenno li avea d'un parricida. Siccome folla di mendici, a cui Cadan rotte le vesti e manchi il pane, Tali sul freddo limitar premeansi Mute, ans?ose del giudizio, ai fianchi D'Ario le genti. Alzar le braccia i sacri Del Cristo alunni, e su la fronte ardita Del Cirenèo fulminar tutta a un'ora L'umanità. Sfida fu questa, a cui Ostinata e mortal guerra successe. Quinci la Fede della plebe: un'orba Maga, che l'ignoranti anime impera, E d'error vive ed a le stragi istíga; Quindi colei, che luminosa incede Fra tutti affanni, e di Sc?enza ha nome: Di severi intelletti arbitra e diva, Sperimentando, essa li guida in loco Dove scevro di nubi il Ver fiammeggia; Gli eterni de le cose atomi indaga, L'essenze esplora, e a la cagion lontana La varia prole degli effetti annoda. Chi potría tutti annoverar di questa Universa battaglia i campi e l'armi, Gli eroi, gli stud?, i vincitori, i vinti? Sol taluno dirò. Di precursori Italia è madre, e tre corone ha in fronte: Regnò co'l brando e con le leggi in pria; Poi, vinta i polsi e straz?ata il petto, Co'l pensiero regnò. Gemean le menti Sotto al flagel d'una loquace, astuta Sfinge bifronte, che, di Cristo a un tempo E d'un Saggio, che patria ebbe Stagira, Usurpando il poter doppio e gli aspetti, Mutava con sottile arte in oscura Fede il saper, la cattedra in altare. Povera fra le genti iva e digiuna D'ogni culto Sofía, nè pria fu lieta Di fermo ospizio e d'onorate offerte, Che s'avvenne in Telesio. Il venerando Vecchio sedea pensosamente a l'ombra De le selve native; e, pari al raggio Novo del Sol, che tra le fronde e i rami Scendea sereno a ricercargli il fronte, Un arduo gli splendea dentro al pensiero Giovanissimo spirto. A l'aura, al guardo
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