sempre irrequieto, in traccia D'un fantasma incompreso, o fosse un'ombra Del mio stesso pensiere, o una diversa Immagine con me nata, e divisa Fatalmente da me. Dove mai, dove, Sospiroso io dicea, trovar ti posso, O dis?ata e necessaria parte De l'esser mio? Per entro a l'immortale Anima mia tutto il mortal sentiva. Infelice mi tenni. A Dio nel fronte Gli occhi un dì fissi, e interrogarlo osai: Chi m'ha fatto così? D'ira e di lampi Ei fiammeggiò, nè mi rispose. Il vero, Io replicai, l'eterno vero; io voglio Tutto saper; se il Ver tu sei, ti svela! Ei fulminò; tremar gli angioli; io caddi, Nè pugnai già: sentía ch'era più grande De lo sdegno di Dio la mia caduta. Quale allor degli antichi astri mi accolse? Nessun fuor che la terra, e de la terra Gli oscuri antri più cupi: ivi prescritta Fu la mia reggia a un tempo e il carcer mio. Bollía sotto ai miei passi un fragoroso Mar di liquide fiamme; in gran tenzone Mugghiando si rompeano onde contr'onde; Ma più cocenti assai dentro al mio petto Combattendo bollían dubb? e speranze; Salde e ferree correan sovra il mio capo Di granito le vòlte, e assai più saldo Era il cor mio: sempre a me innanzi, ovunque, Un fantasma d'amor, sempre in cor mio Una voce incompresa: ama e cammina! Ruppi il carcere mio; l'aria, la luce De la terra cercai; chi avria potuto Porre un freno al mio spirto? Ièova m'avea Fulminato, non vinto. è là, un occulto Pensier diceami, è là sovra la terra Il tuo destin, là di tue prove il campo, Là fra tanto agitar d'od? è l'amore, Là fra tanto morir la vita alberga! Mi trasformai la prima volta: ignoto Corsi la terra, e al caro sole in vista L'uom, la natura e l'esser mio compresi. L'uom compresi, e l'amai. Ma allor che prono A piè dei suoi creati idoli il vidi Vaneggiar paventoso, e legar tutta L'anima ardita a un inconcusso altare M'arse il cor d'ira e di pietà. Sembiante A vasta e fruttüosa arbore, in mezzo De la terra sorgea l'egregia pianta D'ogni umana Sc?enza; e Dio, nemico Del veggente saper, che i tenebrosi Spirti rischiara, le ruggía d'intorno Con feroce divieto; onde alcun mai Coglier non osi ed assaggiarne il frutto. Fu allor che con sottile arte la mente Degli uomini tentai: simile a Dio Sarà, dicea, chi ciberà quel frutto; E quel frutto fu colto. Un'orgogliosa Brama, un'ardente, inestinguibil sete Di saver, d'indagar l'ombre, che folte Gli addensava d'intorno il Dio nemico, Morse gli uomini tutti; e qual più viva Sentì in cor la mia voce e il poter mio, E per vie non segnate oltre si spinse Al confin de la pavida ignoranza, E interrogò con l'intelletto audace Le piante e gli animai, la terra e gli astri, Quei di mago ebbe nome e di ribelle. Piombò quinci su'l capo ai maledetti Figli di Cam la collera di Dio, E assai d'essi per?r, non la pugnace Virtù, che a l'uom pria la Natura infuse, Ed io, sin da quel dì, sveglio e raccendo. D'orgogliose speranze io mi pascea Secretamente, ed oltre un mar d'affanni Prevedea su la terra il mio tr?onfo; Ma fulminato dal geloso Iddio Nuovamente io piombai nei tenebrosi Baratri de la terra, ove il superbo Sdegno del petto e il mio dolor nascosi. Ivi scendea talor qualche gagliardo Intelletto di sofo o di poeta, A cui fu colpa il propagar le nuove Apocalissi del pensier mortale. R?ardea la speranza entro al mio petto Co'l suo venir, però che per ciascuna Stella, che al fronte di Sofia s'accende, De la Fede su'l crin spegnesi un sole. Così durai gran tempo, e non già pago De l'esser mio: sempre a me innanzi, ovunque Un fantasma d'amor, sempre in cor mio Una voce incompresa: ama e cammina! Ritornai su la terra. Un mansüeto, Che de l'iroso Iddio credeasi il figlio, Predicava l'amor. Debole e solo Egli parea, ma tutta era con esso L'umanità. Stetti pensoso e muto Ad ascoltarlo, e mi obliai. Senz'armi Egli pugnò; vinse morendo: cadde Giove dal ciel, Roma dal mondo, e il mondo E il ciel fu suo. Sperai, dubbiai; ma il giorno Che tutte dopo a lui volgersi al cielo, Per cercarlo, vid'io l'anime umane, E su la terra derelitta e mesta, Come in carcere vil, gemer la vita; No, vittoria non è, gridai da l'imo Petto, e furente mi scagliai per quanta Terra il ciel vede, e il mar sonante abbraccia; No, vittoria non è questa, che il tempo, L'opra, il pensier, l'uomo e la vita uccide; Amor questo non è, ch'entro a una fatua Luce di ciel nuota oz?ando, e il tergo Cheto soppone a qual che sia flagello! Braccio e pensier, moto e conflitto è amore; Campo d'opre
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