Lindomani | Page 8

Neera
ella la incoraggiò, assicurandola che era vino schietto, fatto in casa.
Indi prese per un braccio l'Adelina, scuotendola un poco, mormorandole all'orecchio che era una cattivaccia, e se la trascinò dietro in cucina.
Marta, che pure aveva una certa pratica di società, non trovava una parola. Guardava quella famiglia singolare, cercando inutilmente lo sguardo di suo marito, che sembrava sotto il fascino di Merelli.
--Ha la mamma, nevvero?--chiese ad un tratto la voce fioca della signora Merelli.
--Sì, ho la mamma.
--Il padre no?
--No, sgraziatamente.
--è proprio una disgrazia quando muore il capo di casa!
La signora Merelli, che era rimasta coll'occhio vagante, quasi seguendo nell'aria lo svanire delle proprie parole, riprese, rassegnata sotto il peso dei suoi doveri di padrona:
--E fratelli?
--Nessuno. Ero io sola con la mamma; ora sono sola con Alberto.
--Ma non starà a lungo sola!--soggiunse con una grossa risata il signor Merelli.
Marta tornò ad arrossire.
--Vorrei andare un momento a vedere la Pina--mormorò la signora Merelli, che aveva esauriti tutti i suoi argomenti di conversazione.
--Va e conduci la signora.
--Oh!... non è un divertimento...
Marta protestò che le avrebbe fatto piacere conoscere anche l'altra bambina.
S'avviarono su per una scala modesta, cogli scalini di mattonelle, ed entrarono in uno stanzone che serviva di guardaroba, di dormitorio e di ripostiglio per gli stivali del capo di casa: stivali rossi di cuoio, stivaloni lunghi a gambiera, uose, tiranti, il tutto allineato lungo una parete, colla canna di un fucile che luccicava in un angolo e la casacca di fustagno dai bottoni di rame, gettata sullo schienale di una sedia, tesa ancora e quasi calda della plasticità vigorosa di chi la aveva rivestita. Davanti al letto della piccina, intanto che Marta ne lodava il volto intelligente, la madre sospirò:
--Lei è adesso nella sua luna di miele... le auguro che duri a lungo.
--Oh! sempre--esclamò Marta con vivacità.
Un'espressione di meraviglia passò negli occhi della signora Merelli, che poco dopo soggiunse:
--Almeno non avesse troppi figli... perchè qualcuno ci vuole, ma troppi! Io non ho aspettato neanche un giorno; nove mesi giusti dal dì del mio matrimonio nacque Battistino.
--Davvero?--fece Marta--è egli possibile?
--Come le dico. E ho sofferto tanto quella volta!
Si allontanò dal letto voltando le spalle alla bimba;
--Tre giorni interi coi dolori e poi un male, un male...
Marta ascoltava, terrorizzata, sentendosi un brivido alla superficie della pelle.
Dopo un po' di silenzio si arrischiò a domandare:
--E gli altri?
--Meno; tuttavia è una gran brutta parte che il Signore ha dato a noi donne. Gli uomini hanno tutto di buono, essi!
Quante domande sulle labbra di Marta! Quella donna maritata da dieci anni avrebbe potuto scioglierle una quantità di problemi, ma non osò. Diede timidamente un'occhiata all'esercito degli stivali e a quella casacca baldanzosa, meditando le parole: hanno tutto di buono essi! E le parve di sentire l'eco di risate rumorose, di passi pesanti, di parole alte e brutali, tutto un egoismo scettico di padroni e di conquistatori.
Di ritorno nel salotto provò un'impressione di sollievo vedendo Alberto.
--Partiamo?--gli disse.
Egli rispose gentilmente:--Come vuoi.
Nell'andito sbucò fuori la Ninetta, complimentosa, aggiungendo i propri saluti a quelli che i suoi padroni andavano facendo agli sposi. Le due signore si abbracciarono, promettendo di vedersi spesso. Ninetta soggiunse:
--Ma sì, venga!
Quando la porta della casa gialla fu chiusa, Marta si strinse al braccio di suo marito.
--Ti sei annoiata un pochino?--chiese egli ridendo.
--No, ma desideravo trovarmi sola con te. Mi pare che tutti gli altri abbiano a portarmi via qualcosa del mio Alberto, perchè tu sei mio, non è vero?
--Oramai, se anche non volessi, è cosa fatta.
--E quel signor Merelli è lui pure tutto di sua moglie?--chiese Marta insidiosamente.
--Oh! capirai, non posso saperlo...
--Non mi piacerebbe per marito.
--Ne sono ben lieto.
--è grossolano.
--Un pochino.
--E troppo pingue.
--Converrai che di questo non ne ha colpa. Sua moglie, che te ne pare?
--Una buona donna, con poco spirito se vuoi, oh! ma ha sofferto tanto.
--Ti ha raccontato?...
--Sì, il suo primo parto...
--Ah! solamente ciò?
--Sicuro--fece Marta, dandosi l'importanza di una matrona iniziata a segreti misteri.
Tacquero fino a casa. Sulla soglia trovarono il dottorone, impettito. Egli, che era già stato presentato a Marta, la salutò chiedendole che cosa l'era parso dei coniugi Merelli.
--Ma... gentili.
--E la servetta?
Il dottorone lanciò questa domanda con tale malizia negli occhi, che Marta stupì.
--Andiamo--fece Alberto prendendo il dottore sotto braccio--vieni a desinare con noi.
--Non posso. Ho a casa una galantina di lepre con certi tartufi che sono una meraviglia. La mia serva non ha l'abilità della Ninetta... ma per la galantina!
Si baciò la punta delle dita, sempre con gli occhi birichini, e fatta una scappellata alla signora, e detto che s'era fermato apposta per augurarle il buon pranzo, se ne andò, lento lento, col corpaccione male assettato nell'abito nero, coi calzoni color lumaca troppo corti, il cappello a tuba posto in bilico sopra l'orecchio.
Marta si spogliò in fretta; doveva preparare una salsa di cui ella sola conosceva la ricetta e che, nel suo ardore di neofita, giudicava più accetta ad Alberto, se fatta
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