Lindomani | Page 9

Neera
da lei.
Comparve a tavola tutta rossa, impaziente di conoscere l'esito. Quando Alberto ebbe dichiarato che la salsa era gustosa, allora si calmò; mangiò e bevve di buonissimo umore; fece l'enumerazione dei piatti che preferiva, combinandoli con quelli preferiti da Alberto, vedendo con soddisfazione che si incontravano nel gusto.
--E, dimmi--esclamò improvvisamente--che cosa intendeva il dottore con le sue allusioni alla serva dei Merelli?
Alberto era l'uomo meno adatto del mondo a nascondere checchessia; rispose, un po' imbarazzato, che il dottore scherzava volentieri.
--Non è ciò--interruppe Marta a cui si schiarivano le idee meravigliosamente--se non ci fosse nulla di positivo, lo scherzo non avrebbe avuto ragione d'essere.
--Ebbene, disse Alberto, pensando che, in fin dei conti, la cosa non lo riguardava affatto e che Marta l'avrebbe saputa egualmente--Merelli fa all'amore colla Ninetta.
--Così?--esclamò Marta sgranando gli occhi.
--Come, così?
--In presenza della moglie...
--Ma!...
--Con tanti bambini?
--I bambini non c'entrano.
--Ma è un orrore!
--Certo non lo approvo.
--Tu non avresti questo coraggio, eh?
--Non mi sono mai piaciute le serve.
--Ah!--tornò a fare Marta con un sospiro di sollievo, mentre l'onesto faccione dell'Appollonia le attraversava il pensiero.
E dopo un po' di tempo mormorava ancora:
--è un'infamia, è un'infamia. Ma perchè sei amico di quell'uomo?
--Oh! bella, dovrei levargli il saluto in causa del suo gusto per le serve? è una debolezza in lui, non può correggersi. Ninetta non è la prima.
--Ma sua moglie? Poverina, voglio avvertirla...
--Non ci mancherebbe altro!
--Almeno consigliarla a tener serve vecchie...
--Non ci stanno in quella casa, con tutti quei bambini, rifletti.
--Oh! povera donna, povera donna!
---Senti--continuò Alberto prendendo le mani di sua moglie per calmarla--secondo ogni probabilità, la signora Merelli non sospetta niente; e se lo sospetta, forse non ci pensa; può anche darsi che lo sospetti, che ci pensi, ma che non gliene importi un cavolo. In tal caso tocca a noi farci cattivo sangue?
Marta stette zitta un momento.
--è impossibile--scattò poi--che ella resti indifferente!
--E perchè impossibile?--dopo dieci anni di matrimonio...
--Alberto, che cosa dici? L'amore fra marito e moglie non deve essere eterno?
--Cara mia, se tutte le cose che dovrebbero essere, fossero!
--Tu dunque fra dieci anni non mi amerai più? E amoreggerai?...
L'Appollonia tornò a passare nella mente di Marta portandovi un raggio così giulivo che, nel bel mezzo della sua indignazione, dovette sorridere; di che accorgendosi Alberto, disse:
--Ma sì, farò all'amore coll'Appollonia.
Ella rideva, adesso; avendo posata la fronte sulla spalla di suo marito, eccitata da un ordine nuovo di idee che le si erano parate dinanzi.
--Però, senti, non capisco come una persona educata, un uomo che ha studiato, infine che non è un villano del tutto, possa perdersi con le serve.
--Anche un uomo educato non trova sempre delle duchesse, mia cara Marta, e poi, se ti dico che è il suo debole! Vuoi uscire a fare due passi in giardino?
--No.
Ella tornava al suo argomento, appassionandovisi con una voluttà rabbiosa e crudele.
--Ma non pensa alle conseguenze, al disonore della ragazza, a...
--Che cosa vuoi che pensi!... Finiamola, se non ti dispiace, coi Merelli.
Alberto si era levato in piedi, non dissimulando una certa seccatura, e passeggiava innanzi e indietro fermandosi ogni tanto a guardar fuori dalla finestra.
Marta sentì una stretta al cuore. Non cambiò positura, non si mosse. Aveva ancora davanti il piatto sul quale stavano alla rinfusa dei picciuoli di ciliegia; li prendeva a due a due, allacciandoli insieme per vedere quale si rompeva; a conti fatti, i picciuoli rotti erano in gran maggioranza. Li riunì con cura in un monticello.
--Hai detto all'Appollonia che non faccia più tanto rumore, alla mattina, co' suoi zoccoli?
--Sì, gliel'ho detto.
--E tu sarai così buona da cucirmi, domani, quei bottoni alla mia casacca di velluto?
--Sono già cuciti.
--Oh! che tesoro di donnina.
Ella sperava ancora che l'avrebbe guardata in faccia; ma Alberto si fermò dietro la sedia di sua moglie, accarezzandole il collo colla punta dell'indice.
--Addio, vado fuori un po'.
Chinossi, baciandola sulle guancie, sonoramente.
Marta rispose: addio--e si strinse nelle spalle, sembrandole che la stanza diventasse fredda.
* * *
Gli amici di Alberto Oriani non capivano perchè la sposina non fiorisse di quel rigoglio pieno ed espansivo che accompagna generalmente il passaggio dalla fanciulla alla donna.
Eppure Marta era felice; lo diceva a tutti, lo scriveva alla madre, ne era ella stessa convintissima. Se la malinconia l'assaliva qualche volta, era una malinconia vaga, uno scoraggiamento del quale non accusava Alberto, ma sè stessa.
Ella faceva continui confronti tra suo marito e gli altri mariti, trovando che Alberto li superava tutti in bontà, in gentilezza; certo non era molto espansivo, ma è forse necessario? Egli diceva spesso che l'amore, come lo descrivono i poeti, è un sogno da matti; e Marta ripeteva questa frase nelle lunghe ore della sera, le ore che Alberto passava in farmacia con gli amici. L'amore vero era quello che Alberto aveva offerto a lei: il suo nome, la sua casa, i suoi servi; i pasti presi insieme, le notti dormite insieme nella bella camera col parato a fiori; e poi, il bacio che
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