precipitò sopra, coprendolo di baci e di esclamazioni,
portandolo sotto alla finestra per esaminarlo meglio.
--Come è bellino! Care queste spalluccie nude! E che occhietti! E le
manine, Dio, che manine... ma avevi le mani così piccole allora?
--Caspita, i bambini!...
Risero entrambi, stringendosi il braccio, felici. Salirono così lo scalone
che conduceva al piano superiore.
--Ma è tutto bello qui, sai?
--Sì, non c'è male. È comodo.
Entrarono nella camera da letto. Tre finestroni la illuminavano, facendo
penetrare i raggi del sole attraverso un ricco cortinaggio di stoffa a fiori
sopra un fondo cilestrino. Della medesima stoffa era il panno del letto,
altissimo, ampio, per metà ricoperto di un piumino di seta celeste,
sull'orlo del quale ricadeva, accuratamente stirata, la trina del lenzuolo.
Sulla pettiniera un'altra trina, nel festone della quale serpeggiava un
nastro celeste, faceva da sopporto a un servizio di cristallo,
lucentissimo. Sugli specchi, sulle cornici non si scorgeva un atomo di
polvere.
--È stata l'Appollonia a preparare queste belle cose?
--Lei, certamente. Vi avrà impiegato tutto il tempo che ci volle a noi
per percorrere l'Italia; ma infine, ognuno fa quello che può.
Marta, levandosi il cappello e la spolverina, sedette sul divano che era
ai piedi del letto, sentendosi finalmente in casa propria.
--Oh come si sta bene qui!
Tese le mani a suo marito, invitandolo a sedersi anche lui sul divano.
Ora non dubitava più di essere la signora Oriani.
La sua felicità doveva incominciare da quel momento; prima era stata
una corsa vertiginosa, contraria all'amore. L'amore ha bisogno di un
nido.
Marta sollevò gli occhi, girandoli torno torno come per prendere
possesso d'ogni cosa; e quando ebbe ben riguardata la camera, il letto,
le cortine a fiori, fissò Alberto con un'estasi tale di riconoscenza, di
tenerezza timida e ardente, che egli, un po' sorpreso, la baciò, non
sapendo che dire. Ella trasalì tutta, colla speranza di una rivelazione.
--O mio Alberto, mi amerai sempre, sempre?
--Che domanda!
--Dillo!
--Ne dubiti dunque!
--Dillo...--ripetè Marta, stringendosi, avviticchiandosi a lui tutta
tremante, con la bocca socchiusa.
Un'ondata di sangue colorì la fronte di Alberto, che rispose per la
durata di un attimo alla stretta di sua moglie. Poi si sciolse, dolcemente,
ravviandosi i capelli.
--Andiamo--disse--non facciamo ragazzate.
* * *
La prima visita fu per i Merelli; lui, il marito, se l'era fatta promettere
solennemente da Alberto, quando questi era ancora fidanzato.
Appena Marta pose il piede nella casa gialla, sul canto di piazza, urtò
un cestino dove un bimbo muoveva i primi passi; mentre curvavasi ad
accarezzare il bimbo, uscì come un razzo, da una porta laterale, una
ragazzotta sui venticinque anni, bruna, ardita, con due occhietti che
sembravano granelli di pepe, e senza aspettare che Marta od Alberto
parlassero, con facile loquela li invitò ad entrare, dicendo che la
padrona li aspettava, che li avrebbe visti tanto volentieri.
Sì dicendo, aperse loro la via attraverso una barricata di seggiole
capovolte, di balocchi, di pannilini ammonticchiati, ripetendo ad ogni
oggetto rimosso:--Scusino, sono i ragazzi, non si può mai tenere un po'
d'ordine, scusino.
Merelli apparve, alto, complesso, coi baffi rigogliosi, la pelle lucida e
piena, lo sguardo lucente; una certa eleganza campagnuola negli abiti,
che le sue membra riempivano fino a tenderne le cuciture; tutt'insieme,
un aspetto di uomo sano e senza fastidi; una voce da toro.
--Giulietta! Giulietta!--si pose a gridare, intanto che aiutava la serva a
sgomberare il cammino, sorridendo in pari tempo ai visitatori.
Una faccina da monello, leggermente imbrattata d'inchiostro, uscì
curiosa da un paravento.
--Va a chiamare tua madre--tornò a gridare Merelli--sporcaccione!
La servetta era riuscita, in questo frattempo, ad aprire prima l'uscio e
poi le finestre del salotto, passando accortamente una mano sulle sedie
più in vista, e con atto cerimonioso invitò Marta a prender posto sul
divano.
--Ecco mia moglie--disse Merelli andando incontro a una donnina nè
bella, nè brutta, col petto liscio, e il ventre sporgente, un profilo da
madonna invecchiata troppo presto.
La signora Merelli salutò, un po' impacciata, inesperta, tenendosi per
mano una marmocchietta che rosicchiava una crosta di pane.
--La famiglia è tutta qui?--chiese Alberto girando gli occhi.
--Questa e l'Adelina: smetti di mangiare, via! Battistino era là quando
sei entrato, dietro il paravento, a farne delle sue; il piccino lo hai visto,
nevvero? e tre. La Pina è a letto, un po' indisposta, il quinto è in
viaggio...
Dopo questa enumerazione il silenzio gravò, penoso, per cinque minuti.
--Si annoierà in campagna--disse la signora Merelli, con una voce
stanca--se è abituata alla città...
--No, no, la vita di noi donne non è nella famiglia?
La signora Merelli assentì, facendo un lieve tentativo per togliere di
bocca il pezzo di pane alla piccola Adelina.
--Questo paese poi è simpatico, la posizione è bella... Lei ci è nata?
--Non qui, ma vicino. Mi trovo in questa casa da
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