Libro serio | Page 3

Antonio Ghislanzoni
in essa era tutta l'agitazione di un popolo, era tutta una Italia impaziente di giogo straniero e anelante alla pugna. I critici slombati e pedanti, i quali nelle opere dell'artista non veggono che la forma, ed altra perfezione. non riconoscono se non quella che �� il prodotto del calcolo, della pazienza, della imitazione, sono nel loro pieno diritto di inneggiare enfaticamente alle ultime produzioni del Verdi al solo scopo di riprovare le prime e di gettarle tutte in fascio alle fiamme[1]. No! noi non saremo cos�� ingrati verso l'illustre maestro, da obliare le grandi e nobili scosse che egli ha prodotto in noi colle sue prime musiche; non ci accuseremo di cretinismo per avere nella nostra giovinezza, preso parte a questo delirio di tutta Italia, pel quale, alle prime rappresentazioni del Nabuco, dei Lombardi, dell'Ernani, gli spettatori balzavano dalle seggiole ed acclamavano al maestro come le turbe acclamano ai profeti. Non �� esagerazione ci�� che scriviamo. La prima musica del Verdi ha suscitato entusiasmi quali la storia del teatro non ricorda pi�� solenni e pi�� universali. Il pubblico, non diremo d'Italia, ma del mondo, non aspett�� il Macbeth, n�� il _Ballo in Maschera, n�� il Don Carlo_, per riconoscere il genio di Verdi. Il genio di Verdi era tutto l��, nel Nabuco, nell'Ernani, in quelle prime musiche esuberanti, dove prorompeva tutta intiera, nella sua giovanile schiettezza, l'indole appassionata e gagliarda del grande maestro.
Mariani si present�� come direttore di orchestra al teatro Re, dova si eseguivano i Due Foscari dalla signora Angiolina Bosio[2], dal baritono Corsi e dal tenore Volpini, tre artisti allora esordienti che poi divennero famosi. L'appaltatore teatrale Angelo Boracchi, che allora teneva al suo stipendio quell'esercito di giovani cantanti, da cui uscirono la Bosio, la De-la-Grange, il Fraschini, il Ferri, il De Bassini, il Corsi ed altri celebri, riconobbe il talento del Mariani e tosto lo scrittur�� per l'autunno al teatro Carcano, ove dovevano prodursi grandiosi spettacoli. E fu in quella stagione che il giovane direttore di orchestra si fece anche ammirare come violinista, suonando con nuova squisitezza l'a solo dei Lombardi, di cui ogni sera il pubblico entusiasta chiedeva la replica. Quei saggi promettevano un grande suonatore da concerto; se non che, l'amore delle grandi esecuzioni complesse fece trascurare al Mariani l'esercizio dello istrumento di Tartini, e per tal modo il direttore di orchestra ed il compositore assorbirono pi�� tardi il violinista.
Nella primavera del 1847, il nome di Mariani era celebre. Le sue prime composizioni per canto, fra le quali vuolsi ricordare il _Giovane accatone_, pubblicata dal Ricordi, si ripetevano ammirate da tutti i dilettanti di Milano.
In quell'anno, per cura dell'intelligente ed audacissimo Boracchi[3] il Carcano venne riaperto con spettacolo d'opera, e il Mariani richiamato a dirigere l'orchestra. Fu una stagione memorabile, pel numero e la valentia degli artisti scritturati, per la variet�� delle opere, per lo splendore inusato della messa in scena, per la singolarit�� degli aneddoti che in quella ricorrenza si produssero, pei tumultuosi entusiasmi del pubblico, forieri di rivoluzione. Si era aperta la stagione coll'opera Giovanna d'Arco, eseguita da una Ranzi, dal tenore Volpini e dall'autore della presente biografia, che, in allora ignaro affatto di ogni disciplina musicale, cantava da baritono[4]. N�� in appresso, n�� mai, al teatro Carcano suonarono pi�� clamorose ovazioni. Il celebre tenore Moriani[5], attore e cantante insuperabile, si produceva nel Rolla del Ricci e veniva acclamato il Modena del canto. Uranio Fontana, che divenne pi�� tardi, a Parigi, maestro di canto all'Accademia Imperiale ed al Conservatorio, faceva eseguire la sua nuova opera i Baccanti, scritta sullo stile di Verdi, su quello stile tanto criticato in allora dalla massa dei maestri impotenti, nondimeno imitato da tutti. La messa in scena di quell'opera del Fontana diede luogo ad un curioso episodio, del quale l'autore di questo scritto pu�� dire con Cicerone: pars magna fui. Non dispiaccia ai nostri lettori di veder qui riferito un frammento di storia teatrale, che riflette vivamente le condizioni dell'epoca.
Le prove dei Baccanti procedevano affrettate e scompigliatissime. I cantanti principali non erano ben sicuri delle loro parti; la prima donna, per certe sue antipatie verso l'autore dell'opera, poneva la miglior volont�� del mondo acci�� tutto camminasse alla peggio; i cori e l'orchestra non aveano fatto prove sufficienti. In ogni modo, stringendo il tempo e volgendo al termine la stagione, lo spartito doveva andar in scena. Quando il maestro e gli artisti meno se lo aspettavano, furono invitati alla cos�� detta prova generale. Proteste da parte del Fontana, resistenza assoluta da parte dell'impresario, minaccie inesorabili da parte dell'Autorit�� politica, che da ogni nonnulla vedeva insorgere il temuto spettro della rivoluzione.
Si d�� principio alle prove. I suonatori, svogliati e insolitamente ribelli all'arco del loro conduttore--i coristi male imbeccati e peggio diretti--la prima donna raffreddata e smorfiosa--tutto sembra cospirare contro il povero maestro perch�� la sua opera abbia a riuscire una
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