cosa che ti riempir�� di contentezza.
--Che cosa c'��, babbo? chiese la piccina.
--C'�� che il Signore ti ha fatto un regalo, un un bel regalo: nientemeno che un fratellino.
--Un fratellino? E dov'��? Su, su, portami a vederlo, te ne prego.
Il babbo apr�� l'uscio della camera dove dormiva la mamma. A capo del letto c'era una donna di fuori che rifasciava un bambino.
Allora s�� che piovvero le domande! Il babbo s'ingegnava di rispondervi alla meglio, e quando cred�� di avere appagato la curiosit�� dell'Enrichetta, questa gli domand�� di punto in bianco:
--Babbo, chi �� quella donna? Perch�� abballotta cos�� il mio fratellino? Non c'�� pericolo che gli faccia male?
--Non ci pensar neppure. �� una buona donna che ho mandato a chiamare, affinch�� prenda cura del bambino, gli dia il giulebbe e lo rifasci.
--Ma il bambino �� della mamma. Lo ha visto?
--S��, che l'ho veduto, disse la signora scansando il parato del letto per veder meglio l'Enrichetta. E tu sei contenta d'averlo?
--Se sono contenta? figuratelo! non sar�� pi�� sola a fare i balocchi. Ma che viso curioso! Babbo, ti contenti che lo faccia correre con me? Lo terr�� per la mano.
--�� impossibile; il poverino non si reggerebbe in gambe. Non vedi come le ha deboli?
--Oh Dio! Che bei piedini! paiono di ovatta! Lo vedo da me, che prima di correre ci vorr�� del tempo.
--Pazienza! Bisogner�� prima che egli impari a camminare: e dopo, sgambetterete insieme nel giardino.
--Davvero? Povero piccino! Voglio che stia sempre con me. Intanto, perch�� tu possa avvezzarti a volermi bene, eccoti una figurina, prendila. Babbo, perch�� non la vuole e tiene le manine serrate?
--Perch�� non sa che cosa farsene. Bisogna aspettare qualche mese.
--Quand'�� cos��! Caro omino mio! Io ti regaler�� i miei balocchi. L'hai caro? Rispondi. Ti pare, babbo, che sia l�� l�� per ridere? Su, da bravo, chiamami Enrichetta, Enrichetta! O che non puoi parlare?
--Parler�� fra due anni. Ma tu procura di non stordir la mamma col tuo cicaleggio.
--Guarda, guarda, babbo! Ha il visino tutto contratto, piange: forse avr�� fame. Aspetta, caro; corro in dispensa a farmi dare una chicca.
--Il bambino non potrebbe mangiarla, disse il babbo; guarda la sua bocca: non ha nemmeno un dente. Come vuoi che faccia a masticare?
--Dunque non pu�� mangiare! O di che cosa camper��? Se dovesse morir di fame!
--No, figliuola: il buon Dio ha gi�� provvisto ai suoi bisogni, disse la mamma, guardando con amore la sua creaturina. Il mio seno �� pieno di latte, destinato a sostentare il tuo fratellino. Egli �� deboluccio, come vedi: ma fra qualche mese, sgambetter�� in terra come un agnellino.
--Mi par mill'anni di vederlo! Guarda, babbo, la bella testina tonda! Non m'arrischio a toccarla.
--La puoi toccare, ma leggermente.
--Oh s��, adagino. Dio com'�� morbida! Par di toccare del cotone in fiocco.
--E cos�� sono le testine di tutti i bimbi nati d'allora.
--Se il poverino cadesse se la farebbe in mille pezzi.
--Certo. Ma noi lo vigileremo sempre, affinch�� non gli avvengano disgrazie.
--Sai, Enrichetta, disse a un tratto la mamma, che cinque anni sono eri piccina come lui?
--Io? Davvero, mamma? Non ci credo!
--Eppure, �� verissimo.
--Ma se non me ne ricordo!
--Ne sono persuasa. Vediamo un po': Com'era, cinque anni sono, il parato di questa camera?
--�� sempre stato cos��.
--Niente affatto. Io lo feci mutare quand'eri piccina, com'�� ora il tuo fratellino.
--Curiosa! Non me ne avvidi neppure.
--I bambini cos�� piccini non si avvedono mai di quanto avviene intorno a loro, e se fra cinque o sei anni chiederai al tuo fratellino qualche schiarimento sulla giornata d'oggi, vedrai che non si ricorder�� di nulla.
--Anch'io, dunque, ho avuto il latte della mamma?
--Senza dubbio, rispose il babbo. Se tu sapessi quanto la poveretta si �� affaticata per te! Eri tanto debolina, che non potevi inghiottir nulla e noi temevamo sempre di vederti morire da un momento all'altro. La tua mamma diceva: Oh se la mia povera bambina dovesse patire! E s'ingegnava di farti ingoiare qualche gocciola di latte. Spesso, quando dopo una lunga giornata di strapazzi, si addormentava, tu la svegliavi coi tuoi strilli: e lei, sempre paziente e amorosa, correva alla tua culla per racchetarti.
--Anch'io, da piccina, avr�� adunque avuto la testa debole e molliccia come quella del mio fratellino?
--Come quella, figliuola mia.
--E com'�� dura, ora! Chi sa quante volte avr�� corso il pericolo di farmela in pezzi!
--Eppure non ti �� mai avvenuta una disgrazia! Noi non ti lasciavamo un momento. La mamma rinunzi�� per te a ogni divertimento, a ogni spasso: trascur�� tutte le sue conoscenze e si dette esclusivamente a te: quando, a volte, era costretta a uscir di casa per far delle compre, stava sempre in pensiero e non vedeva l'ora d'esser tornata. ?Gigia, diceva alla donna di servizio, ti raccomando l'Enrichettina, fa' conto che sia tua,? e le faceva sempre delle attenzioni e dei regali, perch�� ti tenesse bene.
--Povera mamma! Ma dimmi un po': c'�� stato proprio un tempo durante il quale non
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