Le tre valli della Sicilia | Page 8

Gaetano Sangiorgio
era
più denso, dove gli spari rivaleggiavan col tuono, piombava a
precipizio, questo atterrando, quello pestando.
Già da tre ore si battagliava; perocchè appena Frazitto ebbe veduto
Mussomeli spoglio e deserto, aveva inseguito Cletto e raggiuntolo sulle
alture. Ma la fatica non avevagli concesso di assaltar subito le barricate
degl'insorti, e solo a sera potette dar il segno dell'attacco. Pardo intanto
aveva raggiunta Acquaviva, raccolte le diverse brigate, distribuite armi
e munizioni, dati capi e comandi, eccitati gli spiriti, studiato il terreno;
e Frazitto al primo urto s'era accorto di lottare con prodi, di aver sfidato

l'ingegno del più prode di Val Mazzara. Posti l'uno a fronte dell'altro, il
rinnegato di Marsala e il cospiratore di Sutera, soldati di due opposte
bandiere, devoti a principii ostili, fedeli a giuri avversi, non potevano
nè piegare nè cedere; dal cozzo delle loro spade dovevano scaturire o la
libertà delle Madonie o il servaggio della valle. Frazitto e Pardo lo
sapevano; e perciò aspra e dura era la guerra; avrebber lottato sino
all'infinito piuttosto che dirsi vinti e gettare le armi.
Mancava solo un'ora a mezzanotte, e Pardo voleva vincere. Serrò
dunque le fila de' suoi, comandò a Cletto che ad ogni costo spezzasse la
doppia schiera dei regii, ed a Diego affidò un'eletta squadra di bravi
perchè cogliesse all'imprevista nelle sue ali il nemico e sfondandolo si
cacciasse nel centro. Egli poi, seguito da Fuoco e Bino, e da pochi
arditi, alzò il grido d'allarme e a gran furore piombò addosso al Frazitto.
Fu un urto spaventevole; molti come falciati dalla morte caddero per
non più risorgere. Pardo compiè prodigi; colla spada nella destra, nella
sinistra la pistola, faceva largo innanzi a sè e urlando ad ogni
tratto:--Muojano i nemici!--gettava di sella i cavalieri e stramazzava i
pedoni. Eccitati dal calor della pugna e dal valore di Pardo, anche Bino
e Fuoco rivaleggiarono coi più prodi; quei tre tanto menaron colpi e
spossarono che ben presto i regi perdetter terreno e spauriti piegarono.
Fu un delirio di rabbia, un violento ricambiar di fendenti e imprecazioni;
nessuno rimase illeso, e il campo fu veduto seminato di agonizzanti e
cadaveri, tutti feriti nel petto, caduti tutti coll'onor del valore;
Cletto e Diego, degni esecutori di Pardo, tempestarono il nemico nei
lati e di fronte.
Pieni di coraggio ed entusiasti, esposero sempre sè stessi per salvar la
vita dei compagni, li eccitarono ad atti di valore incredibili, apriron loro
la via. E tutti, gridando Viva Italia, Viva Pardo, insegnarono ai soldati
che l'amor della patria infonde in animi generosi coraggio e virtù;
uccisero i feritori, feriti uccidevano. Giovani imbelli su quelle alture
divennero veterani, i loro bracci parevano di ferro, i loro petti
invulnerabili. Allorchè uno cadeva l'altro serrava la fila, e sempre
cacciandosi innanzi portavano la strage nelle nemiche; assottigliati,
raddoppiavano il valore e ben aveva diritto Pardo di gridare dal folto

della carnificina:--Su, su, bravi, fatevi onore, ancora pochi colpi e
nostra sarà la vittoria.--
E Orlando?
Il buon Orlando, condotti sulle alture Cletto e gli amici, era disceso in
paese, e salvato dalle ire soldatesche per la divisa di capitano, aveva
raccolti altri giovani e stavali alla lesta, ed il meglio possibile,
ordinando, allorquando Enzo cogl'insorti di Cammarata comparve. La
presenza dei fratelli dell'alto monte, di un uomo sì ardito, sì ostinato
qual era Enzo, ravvivò il desiderio di menar le mani e in Orlando e nei
patrioti rimasti in Mussomeli. Epperò, dato bando a qualunque assetto,
tutti uniti volser le spalle al sobborgo e salirono alla volta d'Acquaviva.
Ivi giunsero nell'ora in cui più dubbia ed accanita ferveva la battaglia,
ed il loro arrivo (non eran molti, ma freschi e prodi) assicurò a Pardo il
trionfo. Orlando ed Enzo, scorto Pardo, lo seguirono in mezzo ad un
turbine di spari e polvere, e sguainate le sciabole e spianate le carabine
caricarono il nemico coll'audacia dei magnanimi, onorarono sè stessi,
s'accrebbero lustro. E la mischia terminava, e le grida di vittoria
echeggiavano dovunque, allorchè Orlando come percosso da un pugno
barcollò e cadde rovescioni: Buscemo Stampace vedutolo l'aveva preso
di mira e gettato morto da sella!
Caduto Orlando, Buscemo, cacciato dal demone dell'odio, fatto
coraggioso dalla paura, spronò il cavallo contro Fuoco ed
avventandosegli addosso, disse con voce irata e rabbiosa:
--Fuoco, Fuoco, e la lettera l'hai recata?
--Voi Stampace?
--Rendi l'arme, gaglioffo.
--Ah, furfante!--e Fuoco, colto all'improvvisto da un colpo scaricatogli
alle spalle, gettò la spada e dato furiosamente di piglio al fucile,
immerse la baionetta nel ventre al traditore, e sì d'impeto che il sangue
sprizzato dalla larga ferita gl'insudiciò mani e viso. Frazitto, che poco
lungi duellava con Pardo, si scagliò livido di rabbia sul giovinetto, e,

rizzatosi sull'animale, calò un fendente tanto assestato sul cranio di lui
che il filo della spada tagliato il cerebro ripercosse sulle mascelle,
Fuoco, orribilmente mutilato,
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