Le tre valli della Sicilia | Page 9

Gaetano Sangiorgio
stramazzò al suolo; ed intanto Buscemo
veniva sollevato dai soldati e recato in salvamento. Pardo vide,
intravvide, avvampò d'ira, impallidì, ed urlando vendetta piombò sul
maggiore.
Diego e Cletto accorsi essi pure allo strazio del povero Fuoco,
perdettero il lume della ragione, e mugghiando terribilmente si
precipitarono in mezzo ai nemici. I cavalli, crivellati da palle e punture,
caddero bocconi, ed i due temerari, impigliati nelle staffe, furono per
loro gran malanno subito circondati. Percossi coi calci delle carabine e
sforacchiati da una pioggia di colpi, Cletto e Diego penarono lunga
pezza a trarsi di sotto ai morti corridori, ma appena ebbero libera la
persona saltarono in piedi e alla gragnuola risposero con una fitta di
botte che mai si vide la più disperata. Benchè due contro dieci, pur si
difesero da eroi, e vivo sangue lor spicciava da ogni dove. Mani, coscie,
reni, collo, faccia, tutto il corpo fu loro ferito, e così grondanti e sfatti
incutevano spavento agli stessi assalitori. Infiacchiti e stremati, percossi
senza tregua, sentirono però vacillar le ginocchia, s'accosciarono, e già
moribondi tenevano in rispetto quella mano di codardi. E codardi eran
davvero, perocchè ammazzavano due morti..... Non hai ancor letti i
nomi di Diego e Cletto scritti a caratteri d'oro nel sacro libro dei nostri
martiri?
La battaglia ora terminata, i regii in fuga, gl'insorti padroni delle alture
avevano inalberato lo stendardo tricolore sul campanile. Nondimeno
Pardo e Frazitto combattevano ancora, e il loro era duello a morte;
serrati l'un contro l'altro, avevano le armi e le vesti spezzate, e col solo
troncone della spada si squarciavano le membra chiazzandosele di
sangue in omaggio d'eguaglianza selvaggia. Gli occhi volevano
schizzare dalle orbite, i denti battevano, il palpito de' due cuori era
febbrile e violento, un tremito di convulso livore correva loro attraverso
la persona: il delirio della tenzone riusciva al suo colmo, e però fu
giocoforza finissero. Raccolte tutte le sue forze Pardo abbracciò stretto
l'avversario, l'atterrò, e cadendogli sopra gli tuffò e rituffò con gioia
suprema l'avanzo del ferro nel petto. Frazitto non diè un grido, non

mosse palpebra, e morì brandendo tuttavia stretta in pugno la sciabola
gocciante. Pardo a lenti passi s'allontanò e appiè della torre poco
discosta cadde svenuto.
VIII.
Spuntava l'alba del 6 e gran folla di popolo s'accalcava sul piazzale
d'Acquaviva. Adagiato su poca paglia lungo i gradini della chiesa, un
uomo, tutto insanguinato, lottava colla morte, e nella sua agonia
sorrideva. Inginocchiata a lui d'accanto, una giovane donna piangente e
discinta gli tergeva con pannolino il sudore, e con affetto sublime lo
baciava in fronte. Dolore acuto e profondo era quello della donna, e ne'
suoi occhi velati e gonfi dalle lagrime ognun leggeva la storia d'un
amore sviscerato e imperituro. Chini sul morente, due giovani
montanari ne contemplavano con visibile angoscia le ferite fasciate e le
labbra semiaperte; avrebber di cuore sacrificata parte della loro vigoria
per salvar la vita dell'amico; non piangevano, ma i loro sospiri e
l'agitazione de' loro sembianti attestavano il cupo e mal celato strazio
dell'animo. La folla stessa singhiozzava; il prematuro e fatale morir di
quell'uomo era dunque un affanno comune, tutti sentivano che in lui si
spegneva un'esistenza preziosa, si recidevano speranze lungamente
nutrite, affezioni cementate dai fatti.
--Addio, Iza mia... addio Enzo, Bino addio... ed a voi pure popolani...
addio! muoio... ma muoio contento... la mia valle è risorta... e l'isola
respira! Abbiate sempre cara la libertà... sull'altare di essa deponete
rancori ed odii... amatela, la patria... questa terra nostra... questa terra...
Oh, sento mancarmi le ultime forze... addio amici... Iza, Iza mia,
ricordati del tuo Pardo... amalo anche morto... e spesso parla di me alla
vecchia Rosalia... ai villici di Sutera... Oh Sutera!... ieri fuggivo...
esulavo... oggi eccomi ucciso... Addio Iza... Iza!... dammi l'ultimo
bacio!--E colle braccia strinse al seno la desolata sposa, baciandola,
ribaciandola, coll'impeto dell'abbandono estremo. Iza, vinta da tanto
dolore, teneva fissi gli sguardi negli occhi di Pardo; e le suppliche
d'Enzo e Bino perchè di là si levasse, si togliesse a quel luttuoso
spettacolo, a nulla valsero; nessun conforto, consolazione nessuna
ascoltò... abbracciava ancora le spoglie del marito che le campane

salutavano con mesta melodia il sole risorto.
IX.
Nove mesi dopo la tragedia d'Acquaviva Buscemo entrava commissario
d'ordine e pace in Barletta. Riverito siccome personaggio potente, la
città fu parata a letizia per festeggiare l'eroe di Val Mazzara!
Così era salutato nelle Puglie Buscemo Stampace.

PIERIO
STORIA DI VAL DI MONE.
«Tutto dolor!... una memoria segna Cui non cancella il sangue E per età
non langue.» Mariannina Coffa Caruso.
I.
Era un mattino di maggio. Il cielo sereno come suole nella poetica
plaga dello Stretto veniva tagliato nel suo lontano orizzonte dalle vette
degli Apennini di Calabria, ed il sole già sorto indorava con fantastica
armonia le tremule acque del mar messinese. Il placido
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