Le nostalgie | Page 7

Luigi Gualdo
restava un core ancor fedele?Pareva in uggia al secolo incostante.
Il convento s'apriva a qualche amante?Sconsolata, e chiudevasi.--E le vele?Verso Citera v?lte al suono de le?V?ole seguitava il trionfante
Tragitto il bel navilio pien di suoni,?Dai cordami di seta rispondenti?Come corde di cetra alle canzoni.
Le donne artificiose e sorridenti?Scordavano le labili passioni?Col core pronto ai capricciosi eventi.

Nella vita moderna comprendiamo?La storia tutta degli amor passati.?--Dal dì che ingenuamente il motto: t'amo?Diciam, la prima volta innamorati,
Non sentiam solo in noi l'antico Adamo,?Ma insieme al suo l'amor di tutti i vati,?Il desir forte ed il languire gramo?Del mesto cor, dei sensi inacerbati.
Nell'estasi più pura che levarne?Può fino al cielo, pur sentiamo invisa?La colpevol memoria della carne:
Nel loto ove sguazziamo in bassa guisa?Un pensiero risorge a tormentarne,?E sogniam d'Abelardo e d'Eloisa.
X.
UNA VOCE
*
Era deserto il vasto cimitero,?Nella pace suprema silenzioso;?Qua e là pel verde prato, maestoso?S'alzava un monumento alto e severo.
E tra una fila di cipressi tristi?Stavan gli umili avelli al par sacrati;?Molti che qui passarono obliati?Alfin dormivan là cheti e non visti.
Pendean dal tempo scolorite e storte?Le antiche croci in legno nero--rotte?E infracidile ognor dalle dirotte?Pioggie inondanti il campo della morte.
Qualcuna si vedea su cui d'affetto?Ultimo pegno stava ancor posata?Una ghirlanda misera e sfiorata?Che la mestizia ne risveglia in petto.
Coperte di mal erbe e insiem d'oblio?Altre vedeansi ove taceano i lai:?Stavano là da niun compiante mai,?Con le due nere braccia aperte a Dio.
E nel vento spirante intesi voce?Lugùbre e fioca da una tomba uscita:?Era suon che venìa dall'altra vita:?Mi piegai per udir sovra la croce.
--?O voi felici cui riscalda il sole!...?Dimmi, mortal, che fate ancor tra i vivi??O voi che avete il cielo, il mare, i rivi,?La terra, i fior, le piante, e le parole,
?Sospirate? Piangete ancor? Sperate??Che fate là? V'amate ognor? Gioite??Ancor chiedete al tempo le infinite?Gioie fuggenti già in dolor mutate?
?Ai raggi incantatori della luna?Sentite ancor le bramosìe nascose??Sonvi le selve ancor? Sonvi le rose?Ch'esalano l'amore ad una ad una?
?Ti parlo qui, mortal, dall'altra riva,?Dalla riva ove il vero è senza velo.?Mi appar chiara la terra e aperto il cielo,?Benchè giaccia quaggiù di luce priva.
?Son qui da sola, in questo avel, gelata?Ultima stanza ove s'attende Iddio,?--Verrà l'anime a scioglier dall'oblìo?Dell'angelo divino la chiamata?
?Ma fino allora, oh! quanto è questa cella?Gelido albergo per il corpo stanco!?--Rigida sta nel suo lenzuolo bianco?Colei che un giorno fu chiamata bella.?
? *
Gorgheggiavano intanto gli augelletti?Smentendo tutte le tristezze umane.?Splendeva il sol sulle iscrizioni vane,?Sui nomi già scordati--o benedetti.
Mormoravan le piante all'aura estiva,?E volsi il guardo al calmo firmamento,?Limpido come il ver, pien di contento,?Eterno sulla vita fuggitiva.
E dissi allor: Sognai. La tomba tace.?La tomba è vuota. In tutto il cimitero?Compie natura il suo vital mistero;?Sorgono fiori dal terren ferace.
è lieto il cimiter, natura è lieta,?Il dolore è nell'uomo e nella vita.?Il resto è pien della gioia infinita,?Della gioia immortale a noi segreta,
O voce ch'io credeva udir dal suolo?Sorger vêr me con un mesto susurro,?Piomba dall'alto invece e per l'azzurro?Fino quaggiù discendi ratta a volo!
Volsi lo sguardo al ciel--l'orecchio invano?Tesi aspettando l'implorata voce.?Scordavo il duol della vicina croce,?Ma il verbo non venìa dal ciel lontano.
XI.
. . . . .
*
Fuggiva il giorno ed io pensai: l'estate?Segue la primavera e passa, e viene?Il queto autunno, e poi le sconfortate
Brume; ma pur dopo le amare pene?Giungon le gioie e l'esultanze liete,?Dopo le lotte son l'ore serene.
L'uomo dopo la vita avrà quiete?Nella luce letal crepuscolare,?E dei desir più non saprà la sete.
Sì, una vita ventura che spaziare?Lascierà l'alma nostra alfine pura?Come libero augello sovra il mare
Verrà, ma forse nella nostra oscura?Mente sogniam la speme d'una vita?Fulgida troppo in la sorte futura.
Dei mondi nella serie indefinita?Entro un mondo sarem di veli avvolto,?E la luce sarà vaga e sbiadita.
Ne parrà forse rivedere il volto?D'alcun che amammo sulla terra vieta,?Ma mestamente fia l'occhio rivolto.
Avrem raggiunto il porto, ma la mèta?Ne apparirà diversa e men lucente?Di quanto disse ogni miglior profeta.
Un grigio azzurro regnerà; fian spente?Allor le tinte più sonore e vive;?Tutto parrà languire eternamente.
Color di perla, interminate rive?Si seguiran, cristalli inargentati,?E piante ignote d'ogni raggio schive,
E smorti fiori come addormentati?Nell'eterno sopor dolce e fatale,?E profumi sottili ed ignorati
Senza gli aromi turgidi del male,?Senza i poemi intensi del dolore?E dei peccati senza l'aureo strale,
Senza le lotte del terreno amore,?Sarà quale ombra d'una vita arcana,?E regnerà dove non suonan l'ore
Una nuova mestizia sovrumana.
? *
Pure al domani sotto il sol raggiante?Che illuminava i piani e l'alte cime?E mutava ogni goccia in un diamante
E pareva attestare il ver sublime.?Sentii scendere ancor nell'alma lassa?Il peso della vita che ne opprime.
Mi parve ancor che qui ove tutto passa,?Ove il dolore sol di nostro è certo,?E ogni voglia ne attira odiosa e bassa,
Ove tutti si va per cammin erto?E faticoso ad una ignota mèta,?Non sapendo il perchè d'aver sofferto,
Ove lo spirto mai non si disseta?E ribellar sentiamo prigioniera?L'alma rinchiusa nella fragil creta,
Temibile non è per l'uom la sera,?Che alfin dirà ciò che a ciascuno è
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