stette muto
Al mio cospetto.
Pareva, fatto ver, sogno d'artista?Da ingelosir Pigmal?one o Apelle;?E gli occhi suoi parean due nere stelle
Senz'ombra trista.
Pieno d'incanto era il suo bel sorriso,?Fatte pei baci le sue labbra rosse,?Armon?ose le leggiadre mosse,
Fulgido il viso.
La sua tunica bianca a liste aurate?Lasciava nude le marmoree braccia;?Sul volto suo non si vedeva traccia
D'ore passate.
Vuote le mani, senza flauto o lira,?Pur silente sembrava ch'ei cantasse?Con la presenza sua--e l'alme lasse
Togliesse all'ira,
Alle lotte, ai dolori, ai desìr vani?Con la purezza del sereno sguardo.?--E compresi ch'egli era a parlar tardo
Per gaudi arcani.
Ed ei lieto tacea. Ma alfine io lessi?--Interpretando l'occhio che parlava?I segreti dell'alma allegra e schiava
Sul fronte impressi.
E diceva il suo sguardo: è senza inganni?La vita, e il cielo ognor ride ai mortali!?Più non invidio ai cherubini l'ali:
Ho diciott'anni.
Il mondo è mio, il piano e la foresta;?I vezzosi giardini e i verdi colli?Già mi donaron tutti i fior che volli
Per farmi festa.
Mai non si stanca questo piede e varca?Il monte che conduce all'alta mèta;?E non invidio alcun, prence o poeta,
Dotto o monarca.
Ed ignoro le voglie ambiz?ose,?Non mi curo d'imperio o di potenza,?Sprezzo i tesori, e d'oro so far senza
Perchè ho le rose.
Parlo tacendo e regno senza spada?E rinnegar la gioia mia non voglio,?Ma il segreto svelare dell'orgoglio
A ogni contrada:
Sono superbo perchè sono vinto?Dalla fragile man d'una fanciulla;?E mi tien quella man che si trastulla
Di fiori avvinto.
Ella è candida e bionda, alta e sottile?Nella maestà delle nascenti forme,?Divine son de' brevi piedi l'orme
Sul suolo vile.
Lo sguardo suo celest?ale è pieno?Di ricordi di cielo e di speranze,?E le v?ole acquistano fragranze
Sovra il suo seno.
E nel sentiero ombroso ed appartato,?Sotto le piante antiche ed indulgenti,?Passiamo uniti lungi dalle genti
A lato a lato--
Ciò diceva il suo sguardo, e lo splendore?Crescea della pupilla e del sorriso...?Aprì la bocca alfine, e d'improvviso
Mormorò: ?Amore...?
? *
Obliai questo sogno. I giorni grigi?Uniformi passavan senza eventi;?E stetti a lungo ascoltando i concenti?Del perenne tumulto di Parigi.
Vivevo assorto tra i rumori strani?Della vita febbrile affaccendata,?Dimenticando l'ora, il dì, la data,?Noncurante dell'oggi e del domani.
Era bel tempo--ed il cangiante smalto?Del ciel verdastro e grigio verso sera?Facea parer tutta la folla nera?Che passava serrata sull'?asfalto?.
Un dì, seduto in mezzo al gran frastuono?Dell'ampia via su cui l'ombra scendea,?Sognavo senza concretar l'idea?Mentre coi lumi già cresceva il suono.
Sorgevan vaghe imagini riflesse?Dalla svariata scena a me davanti:?Stud?avo la storia dei sembianti,?Le intere vite in un sol gesto espresse.
E quella via era teatro e specchio.?Ma a un tratto si fissò la mia attenzione?Sovra d'un uom che fra tante persone?Umil passava e dispregiato: un vecchio.
La barba grigia avea lunga ed incolta,?E come giunto a qualche passo estremo?Stanchissimo pareva e quasi scemo,?Qual chi non parla mai e rado ascolta.
Smorte, scarne le guancie, incerto il passo,?A brandelli le vesti, e tremolanti?Le magre mani, ei si fermò davanti?A noi, guardando indifferente e lasso.
Lo spingeva la folla ed i monelli?Al cencioso beon davan la baia,?Si scostava la dama e l'ambubaia,?L'insultavano i ricchi e i poverelli.
Ei non se ne accorgeva, e tra le rozze?Spinte d'ognun mangiava un po' di pane,?Proprio sul passo delle cortigiane,?Tra il continuo rumor delle carrozze.
Mi vide, mi fissò nel viso, e fosse?Ch'egli scorgesse in me pietà od ingegno,?Si raddrizzò, guardò, cambiò contegno,?Sorrise mestamente, e non si mosse.
Oh! qual tristezza in quello sguardo spento!?Quanta miseria nell'aspetto affranto!?Quanta eloquenza in quelle rughe, e quanto?Dolore in quella bocca senz'accento!
Vi si leggevan vergognose doglie,?E forse--orrende malcelate impronte?D'anni passati tra rimorsi ed onte--?Ebrezze trangugiate e morte voglie.
Nella moderna ed acre poesia?Di quella strada pazza e fragorosa,?Quale contrasto nella orribìl prosa?Del misero che soffre e non desìa!
Tra la lotta malsana dei piaceri,?In quella gara delle immonde brame,?Null'altro egli sentiva che la fame?E non avea ne sensi nè pensieri.
Gli diedi una moneta e domandai?Più con lo sguardo assai che con un motto?Come si fosse in tal stato ridotto,?Per qual sequela di sventure e guai.
Allor la sua pupilla ebbe un bagliore,?Crollò il capo scotendo il bianco crine,?E con la rauca voce disse alfine?Una parola sola: ?Amore, amore...?
IX.
GLI AMORI
*
O felice la Grecia! Sensüale?E puro insieme per la forma pura?Vi librava l'amor le rapid'ale.?Ignorando i tormenti e la paura.
O sereno l'amor che ingenuo assale,?Che Orazio canta in seno alla natura,?Scandendo il verso dolce ed immortale?E bevendo il falerno fuori mura!
Il cielo sorrideva e il lieto sole?Irrad?ava la beltà pagana,?E musica sembravan le parole.
Là nel bosco s'udia passar D?ana...?E Afrodite che regna dove vuole?Era indulgente per la stirpe umana.
? *
E nella ferrea età medioevale?Dalle barbare pugne e dai portenti,?Tra i fati avversi ed i furor cruenti,?Crescea pallido il fior dell'ideale.
Sostenea ne' perigli e negli stenti?Il giovin paggio una cura immortale;?Ei tenea chiusa nel cuore leale?La bella fede de' suoi dì ridenti.
Un sorriso bastava. Egli moriva?Per la divisa sovra il brando scritta,?--O se tornava alla natìa sua riva
Per più non ritrovar la derelitta,?Il vecchio cavaliero ancor sen giva?Con la corazza da uno stral trafitta.
? * *
Poi divenne l'amor falso, elegante,?Al dolore ribelle e insiem crudele;?E se
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