Le nostalgie | Page 4

Luigi Gualdo
si potea per essa conoscer la paura.
Appena circondata dall'acqua

amara e pura,
Era nel suo elemento; e quando poi serena
E allegra
uscìa dai flutti, simile a una sirena,
Il suo bel corpo bianco destava
meraviglia.
Pareva il mar sua culla, ella del mar la figlia;
Del vasto
oceano ignoto ognor sentiasi amica
Ed ignorava ancora che fosse la
fatica.
Con le braccia sublimi qual di marmo animato
L'Ellesponto
ella pure avrìa attraversato
Senza paura--ed anco senza desir d'amore!

E spesso nella calma estiva e verso l'ore
Pesanti del meriggio,
scotendosi le goccie,
Usciva tutta gaia, e in sulle ardenti roccie
Si
coricava offrendo del sole ai caldi baci
Le giovanili forme innocenti e
procaci.
Là rimaneva a lungo placidamente, l'alma
Sentendosi
confondere alla natura calma.
L'ira degli elementi per lei era una festa

E sorrideva altera in mezzo alla tempesta.
Era una dolce musica per
lei lo spaventoso
Rumoreggiar dei flutti che non hanno riposo
E fra
le nubi oscure il sibilar dei venti!
--Ma preferìa l'arcano amor degli
elementi,
Il lungo bacio queto del pelago alla terra
Allora che dei
nembi s'è calmata la guerra,
La molle ondulazione che ne viene dal
largo
Quando tutto s'addorme in un lento letargo,
E quando, per
cullarle sovra i flutti soavi,
Sembra che il mar domato cerchi le grandi
navi.
Quel giorno, ancor più lieta, piena di gioia pura
Nuotava in alto mare
in fra l'onde sicura.
Lontana assai da terra si soffermò un istante,

Tra la spuma giocò, poi senza andar più avante
Si coricò e fu
immobile--bagnando l'aureo crine
Nell'acqua, che la linea sì delicata
e fine
Del viso incorniciava di cristallo verdastro.
--Nel cielo
s'innalzava gloriosamente l'astro
Del giorno.--Ed ella alzava al vasto
firmamento
Gli occhi che d'azzurro s'empiano e di contento.
Alfin si mosse.
Allora provò una gran sorpresa:
Un giovane mai visto, con una mano
tesa
Dritto verso di lei nuotava ed un delfino
Parea, maestoso qual
era in suo cammino.

Veniva. Egli era bello al par d'un dio pagano.
Veniva. Ad ogni istante
era meno lontano.
Avea i capelli bruni., non lunghi ed arricciati,
Da
gocciole lucenti coperti ed imperlati,
Ed il suo viso imberbe più
giovin dell'aprile
Era d'una bellezza perfetta e femminile.
Ei pure
era sorpreso, e coi grand'occhi neri
Pieni di dolce ardore e languidi ed
alteri
La contemplava fisso. A un tratto fu vicino.
--«Io ti scorsi da
lungi nel raggio mattutino.
Colui che non vedevi per ammirarti
accorse.
Che niuno sa nuotare al par di me...»
--«Io forse»
E fuggì via. Ma rapido ei la raggiunse. Allora,

Nuotando insieme andarono uniti per brev'ora,
A forze uguali. A lei
pareva fosse un gioco
E quasi senza sforzo pur lo vìnceva un poco.
Ognor s'allontanavano. Ma dopo lunghi istanti,
E stanca di guardare
all'orizzonte avanti,
Ella pur si voltò, e i loro sguardi alfine

S'incontrarono. E allora le pupille divine
Nell'innocenza sua fissò sul
nuotatore
E ingenua il contemplava e senz'alcun rossore.
Essi
correvan sempre; ma ecco che improvviso
Una espressione strana le
si dipinse in viso.
Ignota lassitudine di lei s'impadroniva,
Parca che
le sue mani cercassero una riva...
Il giovin se ne avvide, e le pupille
fisse
Sempre su lei: «Sei forse un poco stanca?», disse.
--«Io?
Giammai». Ma frattanto facevansi più lenti
Mentre così dicea tutti i
suoi movimenti.
In tutto lo splendore sul vastissimo piano
Il sole i
rai possenti vibrava più lontano,
E quella immensità che avean
dinnanzi a loro
Pareva tempestata di grosse gemme d'oro,
Ma a
riposar lo sguardo, sovra le loro teste
Stendevasi tranquilla
l'immensità celeste.
Senza contare il tempo andavano silenti.
Ella era tutta gaia, ma già
nuotava a stenti
E si sentia contenta e un poco umiliata.
Faceasi il
respir corto e la lena affannata,

Ed una man tenea sul seno palpitante,

Ed egli le chiedea sommesso, ad ogni istante,
S'ella era lassa, e
sempre, sdegnosa e sorridente,
Rispondeva di no. Eppur
sensibilmente
Ad ora ad or scemavano le forze sue già vinte
Ed

avanzava solo a disperate spinte.
In fin le stese il braccio ed ella
affranta, muta
L'afferrò febbrilmente e già quasi svenuta.
Tutta
sentiasi invasa da ignoto turbamento.
L'un contro l'altro stretti
andavano col vento
E i corpi si toccavano splendidamente belli
E
l'aura alla fanciulla i dorati capelli
Moveva, e li spingea in opulenta
massa
Sulle spalle imbrunite di lui. Ell'era lassa,
E di guardarlo in
viso quasi più non osava...
Egli con occhi languidi e ardenti
contemplava.
S'allungavano forse gl'istanti all'infinito,
Volavan forse l'ore?--Il
tempo era smarrito.
Ell'era ognor più stanca. Il nuotator robusto
La sostenne, cingendo il
suo corpo venusto,
Traendola con sè. Con forza prodigiosa
La
portava qual fosse una languida rosa.
Ella avea chiuso gli occhi, e quasi inconsciente
Il cor di confidenza
pieno ineffabilmente,
Spinta da irresistibile e nuovissimo istinto
Le
braccia intorno al collo del giovine avea cinto.
Egli mirava l'ombra
che le palpebre chiuse
Gettavan sulle guancie di pallore suffuse,
E
le labbra vermiglie. E si sentìa sul petto
Le mosse di quel core a
battere costretto,
E per la prima volta. Ei mormorò sommesso:
--«Io
t'amo».
Ella rispose: «Mi salva».
Allor più presso
A
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