non stentar sempre; l'ignorante
non si cura dell'utile né si provede. «Tu hai poco senno e manco
ventura»: se tu saprai conoscerla, felice te! Chi recusa la sua ventura è
sventurato.
VIGNAROLO. Padrone, né mi muovono le tue lusinghe né mi
spaventano le tue minacce: il diventare un altro è una specie di morire,
e col morire non ci sto bene. Io farei capitomboli per amor vostro.
PANDOLFO. Deh, che ti venga il mal francese!
VIGNAROLO. Non ho paura che mi venga.
PANDOLFO. Perché?
VIGNAROLO. Mi è venuto gran tempo fa e ne sto in possessione.
PANDOLFO. Se lo hai, che ti mangi e spolpi insin alle ossa, sciagurato
che sei! ché se il pan che mangi conoscesse da chi è mangiato,
piangeria quando è sotto i tuoi denti. Ti ho detto che tu non ti moverai
da quel che sei, che si trasformerá il volto solo per ventiquattro ore: poi
lascierai quel volto preso e tornerai nel tuo di prima. Fa' conto che
andarai in maschera per un giorno, proprio come se dormissi e in sogno
ti paresse esser Guglielmo, e risvegliandoti la mattina ti trovi quel
vignarolo ch'eri prima. Ma che diavolo te ne può avvenire per questo?
VIGNAROLO. Io togliendo quella somiglianza e ingannando la casa di
Guglielmo, son io che l'inganno o no?
PANDOLFO. Non tu ma quella somiglianza.
VIGNAROLO. E quella somiglianza ed io non siamo tutti una cosa?
PANDOLFO. No, ché tu mai sarai Guglielmo né Guglielmo te; ma
restará ingannato chi si crede che tu sia Guglielmo.
VIGNAROLO. Io pensava che bisognasse disfarmi e risolvere la carne
e l'ossa, e poi impastarmi di nuovo e buttarmi a cola dentro le forme di
Guglielmo per transformarmi in lui.
PANDOLFO. Non tante cose, no.
VIGNAROLO. Chi sa, forse mi ci accorderò. Ma come sarò
transformato in Guglielmo, che ho da fare?
PANDOLFO. Entrarai in casa sua; e le genti stimaranno che tu sii il
padrone, ti ubidiranno: disporrai di Artemisia sua figliuola, che mi sia
moglie.
VIGNAROLO. Or questo non è un mezzo ruffianesimo? perderò
l'onore.
PANDOLFO. Abbi danari, ché l'onore poco importa.
VIGNAROLO. Un cuor mi dice che lo facci; un altro, no. (Vignarolo,
consiglia un poco te stesso.--Ascolta e fa' come ti dico io. Come sarò
transformato, entrarò in casa sua, mi goderò Armellina. Ma se son
Guglielmo, Guglielmo goderá quella dolcezza, non il vignarolo: avrò
fatto la caccia per altri. No no, non lo vo' fare in conto veruno, morrò
piú tosto! Non tanta còlera, vignarolo, piano piano! son solo e fo
questione con me medesimo: consigliati meglio. Transformandomi in
Guglielmo, avrò quanto desio in questo mondo; se passará questa
occasione, non tornerá piú mai. Di vignarolo diventarò gentiluomo con
moglie e danari, e dalla villa passarò alla cittá: cancaro alla zappa, alla
vanga, all'aratro, a' buoi, anche a' porci e all'asino ancora! Sicché
risolviti, vignarolo, ad una bella occasione: quando sarò dentro,
prometterò Armellina al vignarolo, farò stipulare i capitoli, li
prometterò cento, ducento o trecento ducati; e quando ritornarò io,
andarò con li capitoli in mano a ritrovar Armellina). Lo farò, sí sí, son
risoluto.
PANDOLFO. Sei risoluto?
VIGNAROLO. Risolutissimo; ma avvertite che vuo' che mi promettiate
far un altro piacere anco a me quando sarò in casa di Guglielmo.
PANDOLFO. Ed a chi ho da mostrarmi cortese e amorevole se non a te
che con ogni obbedienza dimostri servirmi, massime se per tuo mezzo
conseguirò la mia Artemisia? Certo che non ti pagherò d'ingratitudine
né di discortesia.
VIGNAROLO. Quando sarò dentro e che per opra mia recupererai la
tua moglie, io prometterò Armellina sua serva al vignarolo; però
quando sarò ritornato vignarolo a voi, mi facciate osservare la promessa
con dir che or son in villa.
PANDOLFO. Eccomi e con la persona e con la robba per servirti e
porre navi e cavalli per osservarti la promessa, e sarò tuo campione.
VIGNAROLO. Su su, me ne son pentito: la cosa non può riuscire, resta
per me.
PANDOLFO. Che dici? che cervello è il tuo?
VIGNAROLO. Orsú, voglio servirvi.
PANDOLFO. E ti vuo' dar del mio ducento ducati piú di dote.
VIGNAROLO. Su, mano a' fatti, andiamo all'astrologo, ché voglio
transformarmi.
PANDOLFO. E vuo' che stii sempre tre mesi in letto e mangiar sempre
maccheroni.
VIGNAROLO. Se non basta transformarmi, disformami, reformami e
conformami ancora.
PANDOLFO. Io so che i baci che ti dará Armellina si udiranno un
miglio.
VIGNAROLO. Deh, andiamo presto, di grazia, ché io mi struggo, mi
consumo e mi muoro!
PANDOLFO. Fermati! dove vai? non è quella la strada per ire
all'astrologo.
VIGNAROLO. Io strabilisco, non so dove mi vada.
PANDOLFO. Eccolo. Monsignore, noi siamo tutti in pronto.
SCENA III.
ALBUMAZZAR, PANDOLFO, VIGNAROLO, GRAMIGNA.
ALBUMAZZAR. Ed arrivati in buon punto di astrologia: ché se il Sole
vi fosse padre, madre Venere, la Luna sorella, Saturno vostro avo,
Marte
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