N.° 4 e lette nello
stesso nido bianco; ma non ebbero risposta per parte di Emina.
Ma la N.° 7 ebbe una risposta e da quel momento le linea telegrafica,
che riuniva due cuori, due ingenuità, due amori, non fu più interrotta.
I peccati però non seguivano la stessa numerazione delle lettere, avendo
sempre una cifra molto minore. Quelle erano al N.° 20, i peccati erano
sempre al N.° 2.
Il primo: ricevere le lettere di un giovane e leggerle senza portarle alla
mamma.
Il secondo: rispondervi.--Veniale il primo, quasi mortale il secondo. E
chi sa fino a quando il terzo si sarebbe fatto aspettare, navigando i due
colpevoli sempre nelle acque azzurre dell'Oceano senza mai toccar
terra!
* * *
Intanto fra i molti visitatori della casa erano comparsi due nuovi uomini,
che si erano quasi nello stesso tempo innamorati di Emma.
Essa però non se n'era accorta, perchè malgrado le lettere ricevute e
risposte, serbava sempre una grande innocenza, e perchè i due
pretendenti al suo cuore erano timidissimi, il primo essendo molto
giovane e molto scienziato, il secondo essendo molto brutto e molto
vecchio. Il primo aveva 26 anni ed era l'ingegnere Rinaldini, più uomo
di scienza che ingegnere; il secondo era il marchese di Acquafredda, di
60 anni e tre o quattro volte milionario.
L'ingegnere Rinaldini era destinato a grandi cose, ma nessuno se
n'accorgeva, perchè era troppo timido e troppo modesto.
Timido per temperamento e perchè della società umana non conosceva
che la casa della mamma e la scuola; modesto, perchè aveva studiato
molto e sapeva moltissimo; ma il suo ideale era così lontano e così in
alto da parergli impossibile raggiungerlo anche con una vita di
ottant'anni.
Appena laureato con grandissimo onore aveva subito ottenuto un posto
di ingegnere tecnico nella R. Marina, ed era incaricato dello studio
delle materie esplosive.
Aveva l'ingegno inventivo e fin dai primi mesi aveva scoperto cose
nuove e intraveduto tutta una rivoluzione nel congegno delle torpedini
e dei siluri. Non si era affrettato però a vantarsi, nè a pubblicare i suoi
risultati.
Era timido, era modesto; ma soprattutto non era impaziente.
L'impazienza è dei deboli.
Ora in congedo da Spezia, dove aveva il suo ufficio, si trovava in
vacanza a Firenze, dove la mamma lo aveva spinto a entrare in società.
"Tu hai bisogno di riposarti (gli aveva detto) dei tuoi studii e devi
conoscere il mondo, in cui devi vivere e che tu ignori affatto. Non sei
solamente un ingegnere, ma un uomo."
E il Rinaldini aveva ubbidito, non direi a malincuore, perchè sentiva
anch'egli il bisogno di vedere e conversare in un mondo per lui
nuovissimo e sentiva una grande curiosità di trovarsi con persone
d'altro sesso.
Vide Emma e se ne innamorò lì per lì, come colpito da quel famoso
coup de foudre, per il quale psicologi e romanzieri non hanno trovato
una parola migliore.
Per lui, con un'ingenuità indegna del suo tempo, amare e sposare erano
sinonimi: ma come aspirare alla mano di una fanciulla bella, colta e
anche ricca? Egli, che non aveva che la sua professione e una
modestissima agiatezza da parte della sua famiglia?
Ma d'altra parte, come rinunziare a quell'amore, che aveva occupato
tutto il suo cuore e subito, dilagando senza ostacoli in quell'anima così
vergine?
Dopo averla veduta la scienza non gli bastava più e parevagli che la
scienza con Emma sarebbe il paradiso in terra, senza di lei una landa
sterile, arida, un deserto senza oasi.
Sembrandogli il suo amore un'utopia aveva provato a tenersi lontano
dalla casa di Emma, preparandosi poco a poco a ritirarsene del tutto. E
con sforzi dolorosi riuscì a non visitarla per tre giorni di seguito, ma
non potè giungere al quarto e quell'assenza non servì che a una cosa
sola: a persuaderlo che ormai l'amore per Emma e la vita erano per lui
una cosa sola. E per ricompensare quasi i dolori di quella sua
lunghissima assenza ora egli andava ogni giorno da lei, e i genitori lo
festeggiavano e parevano felici della sua assiduità. Soprattutto il padre,
che, come uomo di scienza anche lui, aveva subito pesato il valore di
quel giovane.
Emma era sempre cortese con lui, sempre alla stessa maniera e
null'altro che cortese.
Invece nel Rinaldini l'amore cresceva ogni giorno, e ormai a furia di
dilagare, aveva innondato ogni fibra di lui, penetrando nei più sottili
meandri della sua vita. Non aveva più nulla da occupare al di dentro.
L'alveo del fiume era pieno; e la piena doveva condurre
all'innondazione.
Pareva che in questo caso straripando l'amore avesse dovuto
manifestarsi al di fuori. Nel linguaggio volgare ciò si chiama
dichiarazione d'amore.
Ma la dichiarazione non veniva mai; e tutta la corte, che l'ingegnere
faceva alla sua Emma, si risolveva in sguardi continui, ardenti,
penetranti come lama di Toledo; terribili come
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