assai ad aprirlo.
Aveva forti palpitazioni di cuore; aveva paura e curiosità; impazienza
di sapere e paura di commettere un peccato.
Quell'involtino era per lei una cosa viva e nello stesso tempo un corpo
di delitto. Non dubitava un sol momento chi lo avesse lanciato e perciò
appunto credeva, che fosse un peccato l'aprirlo; perchè essa sapeva
un'altra cosa, cioè che in quell'involto c'era una lettera.
Infatti, quando ebbe raccolto tutto il suo coraggio e l'ebbe aperto, vi
trovò una pietra e una lettera chiusa, colle stesse parole che erano state
scritte invano sul mazzolino: Enrico alla sua adorata Emma.
Ma quella lettera non fu aperta. Fu nascosta convulsivamente nella
tasca. E là rimase per tutto quel giorno e la notte appresso, presa,
ripresa, guardata e riguardata contro il sole per vedere se si potesse
leggere qualche parola, senza bisogno di aprirla.
Quella lettera dormì sotto il cuscino di Emma, ma non dormì lei, che
con quel foglio sotto il capo vegliava in un letargo convulso pieno di
dolci torture e di sogni fantastici.
Quante volte accese il lume, decisa a rompere il suggello per deliziarsi
nel mare delizioso delle cose ignote e per tanto tempo sognate.
E quante volte spense la candela per resistere alla tentazione del
peccato.
Ma quando alla mattina si alzò stanca, quasi esausta dalla lunga lotta,
corse subito in camera dalla mamma, che era sempre a letto e
gettandole le braccia al collo e piangendo le disse:
--Vedi, mamma, quel giovanotto che abita di faccia a noi, mi ha gettato
dalla finestra nella mia stanza questa lettera.... ma io la dò a te....
Le mamme, che pure hanno attraversato tutte lo stesso Orto di
Getsemani, e dovrebbero essere esperte del mondo d'amore, quando si
tratta delle loro figliuole, hanno tutte una triplice benda sugli occhi e
non vedono nulla e nulla indovinano.
E anche la mamma di Emma non sapeva nulla di nulla; per cui cascò
dalle nuvole, e afferrando la lettera con impaziente curiosità, quasi
avesse paura che le sfuggisse, la nascose, ringraziando la buona
figliuola della prova di confidenza che le dava in quel momento:
--Brava, la mia Emma, brava! Grazie.... fa sempre così. Confidami tutto,
senza paura e senza scrupoli. Nessuno ti ama più di me, nessuno più di
me desidera la tua felicità....
* * *
Emma non rivide più quella lettera, e la mamma non ne parlò mai alla
figliuola.
Era una lettera d'amore, come se ne scrivono a vent'anni. Pura e ardente;
ingenua come l'ignoranza, calda come la giovinezza.
Nei dieci giorni successivi due altre lettere furono lanciate nella camera
di Emma e anch'esse non furono lette che dalla mamma. E anch'esse
erano come la prima; ingenue come l'ignoranza, calde come la
giovinezza.
CAPITOLO QUARTO.
La corrispondenza continua.
Compaiono sull'orizzonte due altri pretendenti al cuore di Emma
Il lettore desidera molto probabilmente ch'io gli dica, che dopo quelle
prime tre lettere lanciate da una finestra all'altra, ella non ne ricevette
altre.
Ma pur troppo, siccome il mio racconto è storia vera, e la storia ha per
primo dovere quello di esser sincera, io devo dirvi la pura verità, tutta
la verità, null'altro che la verità; come certi testimonii, spergiurando, in
una causa da me perduta perchè ero un galantuomo, dissero davanti al
mio pretore.
E la verità è molto diversa da quella supposta o desiderata dal benigno
lettore.
Emma ricevette una quarta lettera, che non riportò subito alla mamma,
come aveva fatto delle prime tre, ma se la nascose in seno; ben decisa a
farle seguire più tardi lo stesso cammino che avevano seguito le altre.
Ma la lettera lanciata alle dieci del mattino era ancora alle dieci della
sera allo stesso posto, e siccome vi stava bene, calduccina e lieta di quel
roseo nido, tessuto con qualcosa di meglio che non sieno le paglie e i
fuscellini; non aveva voglia di escirne.
Se non che Emma alle dieci andava a letto e il foglio criminoso passava
dal roseo nido in un altro bianco niveo, ornato di trine e profumato di
giovinezza, ch'era il letto di lei.
Fu messo sotto il cuscino, ma dopo poco passò nelle mani di Emma, e
le mani lacerarono la busta con uno strappo, che pareva una
convulsione.
Tra lo strappo e la lettura passarono molti minuti, dolorosi e agitati
come un'agonia; lunghi come secoli; ma il foglio fu letto e riletto alla
luce tremula della candela con un tremito degli occhi, delle mani; e
soprattutto del cuore della innocente fanciulla, che aveva così
commesso il suo primo peccato.
Quale sarà l'ultimo?
L'ultimo non lo so, perchè in amore conosco il peccato secondo e il
terzo e il quarto e il centesimo; ignoro l'ultimo.
A pochi giorni di intervallo furono lanciate una lettera N.° 5, una lettera
N.° 6. Furono nascoste nello stesso nido roseo della
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