resto una faccia come ve
ne son cento. Nè brutto nè bello, ma con quel pallore, quella magrezza,
quell'andar dinoccolato e incerto che ti mostrano lo sforzo grande, che
fa la natura per trasformare un fanciullo in un uomo.
Non eran passati che pochi giorni e anche il giovinetto vide Emma, e da
quel giorno, bench'egli fosse un Enrico e non una Enrichetta, passò
anch'egli lunghe ore alla finestra. Se non che, se per caso egli
affacciandosi, vedeva Emma, questa si allontanava subito dal suo posto
d'osservazione.
Passarono parecchie settimane senza che fra quei due accadesse altro,
che un guardarsi, un arrossire di entrambi, ma più di lei che di lui; un
cercarsi e un fuggirsi.
Emma non aveva mai osato domandare alla cameriera chi fosse quella
famiglia venuta a star di faccia; ma a tavola senza volerlo aveva saputo
che era gente onesta e agiata. Un avvocato carico di famiglia, che
mandava innanzi la casa coi travagli quotidiani della toga e che tra gli
altri molti figliuoli aveva un giovanetto, che studiava medicina
all'Università. Quel giovanetto era Enrico.
E su Enrico si appoggiarono tutti gli incerti desiri, tutti i sogni di Emma;
e in lui, senza avergli mai parlato, senza averne neppure di lontano
udito la voce, cercò l'uomo.
E l'uomo Enrico cercò la donna Emma e l'amò, poeticamente,
ingenuamente; con tutte le sublimi puerilità d'un primo amore.
Chi dei due fosse più timido, non saprei dire; perchè lo erano entrambi
fino all'impossibile.
Egli scriveva dei versi, che voleva gettarle nella finestra aperta; ma i
versi si accumulavano e rimanevano nel cassetto.
Essa voleva fermarsi, quando egli fosse apparso, e voleva rispondere
con un sorriso al suo sguardo; ma continuava invece a fuggire e il
sorriso rimaneva sempre inedito.
S'erano incontrati più d'una volta anche per via e una volta anche in
teatro in due palchi vicini. E allora si erano guardati più a lungo del
solito, cercando di arrossire il meno possibile.
* * *
Passarono sei mesi e le cose erano in questo stato:
Lui sapeva di essere amato, lei era sicura di essere adorata, e
naturalmente ognuno di loro sapeva di amare. Dove però dovesse finire
questo amore nessuno dei due sapeva, e non facevano un passo innanzi
per avvicinarsi l'uno all'altra.
L'unica corrispondenza consisteva in ciò, che quando Emma vestiva per
più giorni di un dato colore, Enrico compariva alla finestra con una
cravatta della stessa tinta.
Un giorno però Enrico si alzò pieno di coraggio. Si sentiva un eroe e
voleva approfittare subito di quell'eroismo, che poteva esser fuggitivo.
Escì di casa, comperò un mazzolino di mammole doppie, e dopo averlo
circondato di una foglia di stagnuola vi chiuse una pietruzza e un
bigliettino con queste sole parole: Enrico alla sua adorata Emma.
Poi, dopo aver veduto che la finestra di lei era aperta, e che nessuno
guardava da altre finestre, slanciò con quanta forza aveva il mazzolino
nella camera di lei.
Se non che egli tremava tanto e le forze eran tanto pochine, che il
mazzetto cadde sul marciapiedi e un monello che passava di là in quel
momento, lo raccolse e lo portò via.
* * *
Fu tale lo spavento del povero Enrico di aver compromesso la sua
Emma con quell'atto temerario, che per più giorni non si affacciò più
alla finestra, con grande sorpresa e grande dolore di lei, che ignorava i
motivi di quell'assenza insolita.
Intanto lei si innamorava ogni giorno più.
Non solo amava lui, perchè lo trovava più bello, più simpatico, più
intelligente di tutti gli altri uomini; ma amava gli studenti di medicina e
i medici, perche avevan dei rapporti con lui.
A tavola, nelle conversazioni della sera, trovava sempre modo di
condurre il discorso su argomenti di medicina e voleva sapere quanti
anni durassero gli studii universitarii per conseguire il diploma di
dottore e si informava dei medici, più celebri della città e voleva sapere
i nomi di tutti i professori della Facoltà medica.
Questa sua insistenza dava negli occhi alla famiglia, e nessuno poteva
darsene ragione, non avendo il menomo sospetto sulla presenza dello
studentino di faccia. Un giorno a tavola il babbo ridendo ebbe a dirle:
--Ma vorresti forse studiar medicina? Bada che sei troppo vecchia per
incominciare gli studii universitarii.
Quando Emma esciva a passeggio colla mamma o con qualche amica si
fermava sempre davanti alle botteghe di strumenti chirurgici e li
guardava con affettuosa curiosità, pensando che Enrico li avrebbe
maneggiati e chi sa con quale perizia, salvando la vita a chi sa quanti
infelici.
Nella vetrina dei librai cercava i volumi che trattavano di medicina, e
benchè non ne capisse neppure il titolo, li guardava e li riguardava con
affetto.
Erano anche quelli cose del suo Enrico e già sognava di vederli sul suo
tavolo, quando sarebbero vissuti insieme e lei si sarebbe
Continue reading on your phone by scaning this QR Code
Tip: The current page has been bookmarked automatically. If you wish to continue reading later, just open the
Dertz Homepage, and click on the 'continue reading' link at the bottom of the page.