La trovatella di Milano | Page 8

Carolina Invernizio
smarrimento. Il suo cuore batteva con violenza.
--Papà,--mormorò.
--Giungo forse male a proposito, mia cara--disse il conte
avvicinandosi--ma avevo da parlarti.
Sedette al posto lasciato dalla fanciulla, attirò questa sulle sue
ginocchia.
Adriana era sbalordita: sperava e temeva al tempo stesso: quel
cangiamento improvviso del padre la turbava, mentre abbandonavasi
dolcemente nelle braccia di lui.
--Dammi ascolto, Adriana--disse il conte baciandola--io mi sono
mostrato un po' troppo severo con te; ma ciò che tu forse attribuisti a
poco affetto, era invece il desiderio di vederti felice. E non lo saresti
cara figlia mia, se tu dessi ascolto ai sogni del tuo cervello, perchè
l'uomo che la tua fantasia ti dipinge come il più nobile e leale dei
cavalieri, ne è invece il più indegno.
Adriana alzò con impeto la testa, fissando gli occhi lucenti in quelli del

padre.
--Parli di Gabriele?
--Sì...
--Se qualcuno ti ha parlato male di lui, è un infame calunniatore.
--Nessuno l'accusa, figlia mia: sono le sue azioni stesse che lo
disonorano...
Adriana si sentì freddo al cuore.
--Che ha dunque fatto? Parla.
--Egli tiene una condotta indegna di un giovane onesto, che vuol
sposare una fanciulla tua pari. Sebbene riprovassi il tuo amore per lui,
feci tacere tutti i miei sogni, le mie speranze e mi diedi ad informarmi
minutamente sul suo conto, a spiare tutti i suoi passi. Una voce interna
mi diceva che Gabriele t'ingannava.
La fanciulla soffocò un grido.
--È una menzogna--disse, mentre il cuore le batteva con indicibile
violenza.
--È la verità--ribattè il conte con voce che parve commossa.--Mentre
giurava d'amarti sempre, faceva le stesse promesse ad un'altra povera
giovane, che fidente in lui, gli ha tutto sacrificato.
--No, no, è impossibile, non lo credo.
Ella sentiva il sangue congelarsele nelle vene e chinava il capo per
nascondere le lagrime d'ira, di dolore, che le velavano le ciglia. Ma
quell'emozione non durò a lungo. Adriana alzò gli occhi divenuti
asciutti e con accento freddo, scevro da ogni irritazione.
--Padre mio--disse--voglio conoscere quella fanciulla, parlarle; se ella
mi conferma i tuoi detti, ti giuro che disprezzerò Gabriele quanto l'ho

amato, realizzerò i sogni che facesti per me.
Ella non vide il lampo di trionfo, che solcò le pupille del conte.
--Il tuo desiderio--rispose--può essere appagato. Quell'infelice vittima
di un vile seduttore, è Maria, la bella guantaia di Porta Vittoria, una
fanciulla che aveva fama di onestissima. Tu puoi mandarla chiamare
colla scusa di fare degli acquisti.
Adriana si alzò tremenda per sangue freddo, bella di un livido pallore.
--Hai ragione--disse--lo farò tosto.
E mentre il conte usciva dalla stanza, suonò con violenza il campanello
ed alla cameriera accorsa, dette le istruzioni necessarie, per appagare il
desiderio di vedere la sua rivale.
Come soffriva, povera Adriana! A momenti sentiva venirle meno il
coraggio, mancarle il cuore, gonfiarlese gli occhi di lacrime. Poi pensò
che mostrandosi così sconvolta alla guantaia, poteva farle concepire
qualche sospetto, onde cercò di frenarsi, si rinfrescò il viso, gli occhi,
indossò un abito da casa, color corallo, ricamato in oro, che le stava a
meraviglia, avvolse in giri capricciosi attorno al capo la stupenda
capigliatura; fermandola con un pettine tempestato di brillanti; poi
passò nel suo salottino da lavoro, un gioiello di buon gusto, di eleganza
artistica. Vi era appena entrata, che la cameriera comparve annunciando
la giovane guantaia.
--Avanti,--disse Adriana con voce alta e ferma, sebbene il cuore le
battesse da spezzarsi. Maria entrò tenendo fra le mani alcune eleganti
scatole. La premura con cui era accorsa all'invito della contessina, le
aveva infiammato il viso, dando maggior risalto ai suoi occhi
ammirabili, al suo sorriso affascinante.
Adriana provò come un capogiro alla vista di quella splendida beltà, ma
si rimise subito e disse con dolcezza:
--Mi avete portato qualche cosa di nuovo, di bello?

--Ho scelto i migliori campioni del negozio--rispose Maria, deponendo
le scatole sul tavolino, dove stava appoggiata Adriana ed aprendolo. Ne
sprigionò un profumo delicato di violetta ed alla vista apparvero guanti
di ogni lunghezza e colore, tenuti insieme da fili invisibili di seta.
La contessina parve per un istante tutta assorta nell'esaminarli.
--Sì, mi piacciono--mormorava--però mi sembrano un po' grandi per la
mia mano.
E mostrava la sua manina candida, affusolata, dalle unghie rosee e
lucenti.
--Ne abbiamo dei più piccoli, della stessa qualità--disse Maria--e se la
signorina si compiacesse dirmi il suo numero...
--Cinque e mezzo.
--Allora ho indovinato senza volerlo; ho scelto appunto tal numero e se
volesse provarsene un paio...
Adriana acconsentì, e siccome le andavano a pennello, disse che teneva
per sè tutte le scatole.
--Tanto devono servire per il mio corredo di nozze,--aggiunse
sorridendo forzatamente.
--Ah! la signorina si fa sposa?--chiese con indifferenza Maria.
--Sì, e forse avrete sentito a nominare il mio fidanzato: il marchese
Diego Tiani.
Maria scosse la leggiadra testa: Adriana la fissava intensamente.
--Eppure il mio fidanzato è
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