La trovatella di Milano | Page 6

Carolina Invernizio
del
padre risuonasse una formidabile minaccia.
Parve che il conte volesse scagliarsi su di lei, tanto era l'impeto con cui
si sollevò dalla poltrona; ma vi ricadde tosto, con un gesto di
noncuranza e di disprezzo.
--Esci,--disse indicando freddamente l'uscio.
Adriana si ritirò senza rispondere. Il conte ebbe appena il tempo di
passarsi una mano sulla fronte per scacciare qualche cruccioso pensiero,

che da un altro uscio entrava nel salotto Diego.
Era il giovane che l'ultima notte di carnevale aveva cercato rifugio nel
negozio della bella guantaia, sconvolgendole il cervello ed il cuore.
Vestito colla raffinatezza degli eleganti suoi pari, sembrava più
seducente, sebbene una lieve ruga attraversasse in quel momento la sua
bianchissima fronte.
--Ebbene?--chiese sdraiandosi con famigliarità su di un divano,
incrociando una gamba sull'altra e gettando sul conte uno sguardo
audace e sprezzante--Adriana si ostina a rifiutarmi?
Il conte alzò bruscamente il capo.
--L'hai sentita?
--Sì.
--Dunque ho nulla a risponderti. Ed il meglio che tu possa fare, è di
cambiare idea.
--Niente affatto, perdio! Non cedo con tanta facilità. Tua figlia si rivolta,
fa l'orgogliosa, ma basterebbe che io le sussurrassi poche parole
all'orecchio, per vederla piegare: ti è noto se, quando voglio, voglio!
Il conte aggrottò le ciglia, si morse le labbra.
--Che vorresti dirle?--balbettò.
--Ciò che siamo io e te, perbacco. Le racconterei per filo e per segno il
tuo passato, mostrandole l'epistolario che ebbi da mio padre. E quando
ella saprà che l'uomo, il quale adesso si fa chiamare conte Patta, è stato
nel quarantotto un infame spia che si vendette successivamente,
contemporaneamente a tutti, salvo a tradire a tempo opportuno, chi
meno lo pagava, per chi gli offriva di più; allorchè le racconterò la tua
fuga da Milano nelle famose cinque giornate, lasciando preda al furore
popolare, che voleva far giustizia sommaria della spia, una moglie
innocente, una tenera bambina...

--Taci, taci...--interruppe balbettando per l'ira il conte, rizzandosi con
impeto, per avvicinarsi al giovane.
Questi non si mosse, sembrava sfidarlo con gli sguardi arditi.
--Non è la verità?
--Taci ti dico, ho sopportato tutto da te, parole crudeli ed insultanti,
ricatti, angherie, umiliazioni; mi sono piegato a quanto volesti, non
risparmiandoti cure, denari, pagando qualsiasi tuo debito. Ma se per
rendere Adriana tua schiava, tu adoperassi i mezzi usati con me, se
dalle tue labbra uscisse una sola delle rivelazioni che a me ti compiaci
ripetere per tormentarmi e minacciarmi, giuro che non uscirai vivo
dalle mie mani, mi succeda poi quello che si voglia.
Il suo accento, il suo gesto erano tali da spaventare chiunque altro si
fosse trovato al posto di Diego. Ma il giovine non dimostrò alcuna
emozione.
--Via, via, credo che tu scherzi--disse alzando le spalle--come io ho
semplicemente voluto avvertirti, che volendo, avrei il mezzo di
abbassare l'orgoglio di Adriana e vedermela piangente fra le braccia.
Tuttavia credo di aver trovato ancor meglio per farla mia moglie e
vendicarmi al tempo stesso del mio rivale.
Spiegò il suo progetto che fu approvato dal conte. Erano tornati in
apparenza calmi e quando si separarono si strinsero da buoni amici, la
mano.
Ma il conte rimasto solo, cadde annichilito sul divano e celando il volto
in un guanciale di seta, in un parossismo d'ira impotente, pianse come
un fanciullo.

CAPITOLO QUARTO.
Il Genio del male.

Per alcuni giorni nessuno si recò al negozio di Maria a riportarle gli
abiti ed a riprendere il costume da maschera.
La bella guantaia si era fatta triste e pensierosa, tanto che Annetta non
potè a meno di accorgersi che qualche cosa di strano avveniva in lei e
l'interrogò con somma dolcezza, accarezzandola come quando era
bambina.
Maria dapprima non rispose; ma ad un tratto due ardenti lacrime le
sgorgarono dagli occhi.
Annetta ne fu spaventata.
--Tu piangi? Ti è accaduto dunque qualche cosa ben di
grave?--domandò ansiosa.
--No, no, rassicurati, mamma,--rispose Maria, mentre un sospiro
sfuggiva dal suo petto oppresso.
E con tronchi accenti, raccontò quanto le era successo l'ultima notte di
carnevale.
Annetta aggrottava le ciglia.
--Perchè non mi svegliasti?
--Non volevo disturbarti.
--Ed intanto ti sei messa nel rischio di vederti usare qualche violenza.
Quel giovinotto poteva essere un birbante inseguito dalle guardie.
--Oh! mamma, se tu avessi veduto che fisonomia gentile...
--L'apparenza spesse volte inganna: intanto, lo vedi, non ha rimandati i
tuoi abiti.
--I suoi valgono molto più.
Li svolse per mostrarglieli e nel far ciò un oggetto cadde con lieve

rumore in terra. Annetta si affrettò a raccoglierlo. Era un portasigari di
velluto, con sopravi ricamate in oro le iniziali D. e T.
Mentre stavano ammirandolo, entrò in negozio una specie di facchino,
portando un grosso involto.
--Sta qui la signorina Maria?--chiese.
Annetta si avanzò.
--È mia figlia, che volete da lei?
--Consegnarle questa roba.
--So cos'è, posatela sul banco ed aspettate ho da rendervene dell'altra.
--Non ho avuto ordini in
Continue reading on your phone by scaning this QR Code

 / 31
Tip: The current page has been bookmarked automatically. If you wish to continue reading later, just open the Dertz Homepage, and click on the 'continue reading' link at the bottom of the page.