giù per il giardino, e giù per lo stradone,--difilato dal rivenditor di giornali: una vil creatura che pel meschino utile che da me ritraeva mi professava una grande riconoscenza.
Simile a un delinquente gli strisciai accanto e gli rivolsi, senza guardarlo in viso, l'obliqua dimanda che da un'ora mi fremeva sulle labbra.
Egli ebbe un sorriso che bruciò sulle mie guance come una scudisciata: un di que' lubrici sorrisi di compiacimento ch'hanno tutti gli esseri volgari e immondi quando inaspettatamente loro accade di scorgere un punto di contatto fra la propria bassa natura e quella d'un altro essere fino allora stimato superiore.
E mi raccontò ch'era una disgraziata maritata quattr'anni fa a un tale impiegato all'ufficio del Registro, un giovane mezzo matto e mezzo malato che, dicevano, la picchiava di santa ragione. In capo a tre anni s'eran divisi: lui se n'era ito fuori: lei se n'era tornata in casa della madre: una vecchia strega che ai suoi tempi n'aveva fatte di tutti colori e adesso, dicevano, insegnava il mestiere alla figlia. Dopo la separazione, lei s'era data a un signore, un banchiere che teneva una villa fra Oneglia e Porto Maurizio. Di notte era stata vista scendere di vettura a quel cancello infinite volte: perfino i ciottoli della strada avevan saputo quella relazione. Ma un bel giorno il banchiere s'era stancato e l'aveva messa alla porta. E allora lei aveva cercato d'invescare un ufficiale...
Tanto bastava.
Io segnai, con la mano che mi tremava, sul taccuino il nome che avevo raccolto dalla bocca di lui; ringraziai, e mi rincamminai verso la villa.
Lassù la sfacciata luce del mezzodì aveva inondato il mio studio.
Accostai le persiane e abbassai le tende perchè anch'essa non fosse testimone delle torbide impure cose che la mia anima doveva esalare. Tolsi un foglio, e scrissi:
?Stamane per la strada solitaria lungo il mare mi siete passata dinanzi rapida e tenebrosa. E il mio cuore s'è messo a battere, indovinando. Vi ho raggiunta mentre stavate per aprire il cancelletto del vostro giardino, e vi ho guardata in viso, la prima volta, curva in quell'atto, E voi, con uno sguardo dei vostri diabolici occhi, mi avete fulminato. E siete scappata via leggera come un uccello! E improvvisamente siete apparsa alla finestra, e mi avete fissato, ancora! Cosa avete voi in quei diabolici occhi? Come cera al sole io mi son sentito struggere, e mi son lasciato struggere. Poi me ne son venuto via col cuore gonfio d'una certezza calda, soave, inebbriante. E tutto quest'oggi mi son nutrito di questa certezza, ho vissuto di questa febbre di fiamma e di abisso. O bellissima tenebrosa! Perchè non mi gettate la parola che io sospiro delirando? La parola che mi farà morire, morire di ebbrezza, prima ch'io possa appressare le labbra alla coppa della felicità? Guardate. Mi inginocchio a' vostri piedi e vi supplico. Non prolungate, tacendo, questo supplizio! Scrivete subito, oggi. Ditemi dove, quando, potrò parlarvi. Poichè ho bisogno di dirvi cose che non posso scrivere, che incenerirebbero il foglio.?
Io aveva così cercato di velare de' colori attraenti d'una passione d'amore quel che non era se non un improvviso risveglio, una torbida rabbiosa e cieca esplosione de' miei appetiti sessuali. Ed avevo gioito in fondo al mio cuore pensando che il carco di miserie, di tristezze e di abiezione che accasciava la vittima, me l'avrebbe più presto sospinta nelle braccia: gioito come se già ghermissi e sentissi, tra' miei artigli, viva dibattersi la preda.
La mia coscienza non era già ottenebrata al punto ch'io non potessi discernere tutto ciò che di abominevole e di vituperevole si nascondeva sotto una simile azione. Ma io comprendeva altresì con sufficiente lucidità come qualsiasi tentativo di resistenza da parte delle mie migliori energie sarebbe inevitabilmente fallito. Un turbine m'aveva sorpreso ed involto nelle sue spire mugghiando: ed io mi moveva portato dalla sua rapina con la leggerezza di un fuscello.
Solo assai tempo dopo, ritessendo io nella mente la storia del mio fosco passato, potei riescire a rendermi ragione del come quel primo fatto e quelli non meno obbrobriosi che gli tennero dietro, dovessero necessariamente accadere e succedersi quasi anelli d'una stessa catena.--La mia adolescenza e la mia prima giovinezza erano state ben singolari! Eccettuato un vago sentimentale amoretto che, sorto con l'adolescenza, s'era a stento trascinato fino alle porte della giovinezza per morirvi d'anemia e di consunzione,--si sarebbe potuto dire che la donna non era entrata mai nella mia vita. L'unico vero e serio e grande amore della mia vita era stata l'Arte. L'unica mia ambizione, imprimere un'orma non cancellabile nella storia della nostra letteratura, e incoronar di gloria il mio nome. Per quest'unico amore e per quest'unica ambizione io aveva imparato a vivere, fin da' quindici anni. Tanto mi ero preso d'essi, tanto mi ero sprofondato in essi, che avevo finito per allontanarmi e straniarmi dal mondo. A quella fiamma
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