delle scintille ne' suoi grandi
occhi, e ch'egli l'amava con vera passione.
Pure si vedeva ch'ella non cercava di affascinarlo: forse perciò appunto riesciva
intieramente.
--Ah! mormorò tra sè don Francesco retrocedendo; mi sarebbe impossibile offenderla
troppo! Dunque, cederò io questa volta a lei? No!
E si mise a percorrere la sala agitatissimo.
Egli aveva sposato donna Livia sapendo ch'ella non lo amava: anzi dopo che ella stessa lo
aveva pregato di rinunziare alla sua mano, adducendo a motivo di quel rifiunto l'essere
stata perdutamente innamorata di un cavaliere morto poco prima.
Bella, nobile, ricchissima, don Francesco aveva tentato ugualmente ogni mezzo per
conseguirla; ma allora egli sperava dominarla facilmente: sin là aveva creduto la donna
un oggetto di piacere, una distrazione, non di più; ma quando ebbe sposato donna Livia,
comprese che ciò non era: non voleva convenirne però, e si rivoltava contro sè stesso per
pensare talora il contrario.
Ed intanto si sentiva ogni giorno più trascinare verso quella donna giovane e bella, che
metteva nel bene tanta forza quanta ei ne metteva nel male; e che al fascino della bellezza,
della grazia, della gioventù, aggiungeva quello della superiorità del carattere.
Dopo aver passeggiato qualche tempo come un pazzo, il duca si rivolse di nuovo a donna
Livia, che era rimasta in piedi dinanzi al camino.
--Voi non parlate, signora? le chiese con amarezza; perchè?
--Perchè parlando non potrei che ripetere quanto ho già detto, rispose ella freddamente.
Egli tacque: eppure soffocava dalla collera. Quando si vuol dir troppo non si dice nulla,
talvolta.... Ma poi, ritornando alla sua idea fissa, che cioè non doveva cedere, nè
sopportare in pace un'offesa, abbandonò quella calma forzata.
--Oh, disse, io saprò punire quelli che non rispettarono il mio volere, che tentarono farmi
arrossire!... E colei che venne ad incontrarvi, ad informarvi di tutto, proverà prima il mio
sdegno... Donna Rosalia...
--Voi non farete ciò, signore, rispose la duchessa; d'altronde su di me sola deve pesare la
responsabilità di quanto io sola feci.
--Ah! è così che voi... Ma neghereste che mia sorella vi aveva avvertita, prevenuta?
--Non lo nego.
--Dunque?
--Dunque è egualmente inutile che vi adiriate con donna Rosalia: perchè, ove anche ella
non mi avesse informata a tempo, e non mi fosse stato possibile distruggere quella
pergamena....
--Ebbene?
--Mi sarei opposta a che voi la conservaste, e non cercaste rimediare....
--Oh, voi non avreste potuto nulla, signora! disse egli alzando le spalle.
--Perchè? Il segreto non era noto a voi solo, ed io certo lo avrei presto conosciuto.
--E che m'importa se mi rimaneva in mano quella prova? disse il duca con veemenza.
Ed aggiunse con maggior calma:
--Allora non avreste potuto cangiare assolutamente la menoma cosa, nè vincere la mia
volontà, ve lo assicuro.... Vedete dunque che senza quella sciocca fanatica....
--Non insultate vostra sorella, che meriterebbe invece la vostra stima.... Poi, ve lo ripeto:
è vano.... Non so ciò che avrei fatto; ma in ogni modo non avrei mai permesso che
rimanesse a mio figlio ciò che non gli appartiene.
Don Francesco durava veramente fatica ad ascoltare ancora: meravigliava di sè stesso,
della sua sofferenza. Certo la situazione, in cui si trovava, era penosa: poichè l'orgoglio,
l'interesse, il risentimento combattevano nel suo cuore coll'amore una lotta orribile.
--Ah! esclamò dopo un istante; ciò che non gli appartiene? Eppure, signora, quell'atto era
fatto volontariamente, e colui che lo fece aveva il potere di diseredare un figlio ribelle,
che era disceso ad una unione disonorante.
--Sì; ma lo aveva revocato.
--Ah, sapete anche questo? chiese il duca con sdegno.
--Sì, disse donna Livia: e guardate, aggiunse con fermezza; per persuadervi che io avrei
riparato egualmente, anche malgrado l'esistenza della pergamena, vi dirò in qual modo
avrei agito.
--E come?
--Disponendo delle mie sostanze, di cui sapete che, per volere di mio padre, ho quasi per
intiero l'assoluta proprietà, sino all'ammontare della parte di eredità legittima che spetta a
vostro zio, e...
Il duca interruppe.
--E credete che ciò vi sarebbe stato possibile? le domandò con ironia.
--Nulla è impossibile quando la giustizia lo esige.
--Che volete dire con ciò? Che io sono ingiusto?
--No; ma che ringrazio il cielo, il quale non permise....
--Tacete! tacete! esclamò il duca furioso.
Egli si sentiva tratto con violenza ad imporre colla forza silenzio a sua moglie, a gettarle
almeno in viso una di quelle parole umilianti che trafiggono coloro cui sono dirette, ed
avviliscono tante donne, le quali cadono allora ai piedi di chi le insulta; ma donna Livia!
Ei la conosceva: guai se non l'avesse rispettata!
Che avrebbe dato in quell'istante per non amarla?...
Ed invece la fermezza di lei, il suo coraggio gliela rendevano maggiormente cara.
Ella sembrava riflettere.
--Signore, disse poi con calma; io voglio sperare che, quando vi rifiutaste a distruggere
quella pergamena, non avevate calcolato quanto ciò sarebbe stato
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