La pergamena distrutta | Page 4

Virginia Mulazzi
ora non era però più un vero segreto: altre persone, oltre a don Francesco, lo conoscevano: ma, ove anche parlassero, che mai potrebbero fare se egli conservava la pergamena?
Dunque a che giovava?
Poi suo figlio, che egli conosceva pur troppo ostinato e duro, non vorrebbe ottenere il silenzio di tutti, a qualunque costo?
Ed allora le sue ultime parole, invece di cancellare una colpa antica, aprirebbero mai il varco a nuovi delitti?...
Come finirebbe tutto?...
Queste idee tormentose traversavano lo spirito del duca colla rapidità del lampo, ed aggiungevano ancora, se possibile, agli strazj che già lo laceravano.
E la morte veniva. La sentiva avvicinarsi a passi accelerati!...
Ah perchè, perchè non aveva evitate sì crudeli angosce?...
Vedendo che il cavaliere di Malta voleva parlare, il morente gl'impose colla mano silenzio.
--Io muojo! esclamò disperatamente, volgendosi a suo figlio: se voi non mi obbedite, Dio non vi perdonerà! Distruggete, distruggete quella pergamena!...
--Voi, rispose don Francesco con un rispetto che sembrava una derisione, voi non ragionate più, signore! Perciò non comprendete quel che comprendeste in passato: che l'interesse cioè ed il decoro della nostra casa esigono venga conservata questa pergamena; poichè altrimenti, oltre il danno, si provocherebbe uno scandalo.
--Oh cielo!... Siete dunque risoluto?...
Ed il vecchio duca si lasciò cadere affranto sui ricchi guanciali.
--Sì, riposate, signore, continuò il figlio: vi fa male agitarvi tanto!...
E don Francesco, girando il suo sguardo imperioso intorno a sè, aggiunse lentamente:
--Chi mi impedirà di lasciare le cose come sono sempre state?
--Io!... disse entrando una giovane dama, seguita da donna Rosalia.
E strappò nello stesso tempo quasi di sorpresa la pergamena dalle mani di don Francesco attonito, interdetto.
--Donna Livia! esclamarono insieme il vecchio ed il conte.
E prima che gli astanti si riavessero dallo stupore. donna Livia aveva già gettata la pergamena sulla vivissima fiamma che splendeva nel camino, e che in un attimo la consumò.
Comparsa, parola, azione, tutto era stato l'opera di un istante.
--Oh! grazie! mormorò il vecchio duca: grazie!
--Il cielo vi ha mandata, signora! disse il cavaliere di Malta, contemplando con emozione donna Livia.
Don Francesco si avvicinò a lei, dicendole con voce concitata e tremante per la collera, per il dispetto:
--Che avete voi fatto?
--Nostro padre è morto! esclamò in quell'istante donna Rosalia, che trovavasi più vicina al letto.
Era vero!
L'ultima scossa era stata violenta! La speranza aveva precorso di qualche istante l'opera della morte!

II.
Vi fu qualche minuto di confusione.
Intanto il frate benedettino rientrò nella camera. Tornava dal convento, ove era andato ad annunziare che passerebbe tutta la notte presso il duca dell'Isola: aveva certamente creduto in una più lunga agonia. S'inginocchiò presso il morto, e si mise a pregare.
Donna Rosalia si univa sola a quelle preci: gli altri erano ancora sotto l'impressione della scena di poco prima. Anche la giovinetta non l'aveva dimenticata: ma pure poteva piangere il padre.... Sembrava che la morte, questo grande mistero, esercitasse sopra di lei una specie di attrazione. Certo dessa vi guardava senza timore, fors'anche con desiderio.
Don Francesco fissava severamente donna Livia, come se avesse voluto fulminarla col suo sguardo nero. Vi era del furore in quello sguardo, e nel furore una minaccia per ciò che ella aveva fatto.
Ella evitava di mirarlo.
Donna Livia era una bella dama, che dimostrava venticinque anni al più: i suoi magnifici capegli neri, eppure morbidi e fini, formavano un magico contrasto colla bianchezza abbagliante della sua pelle. Ma la bellezza principale di quel volto erano gli occhi, dell'azzurro più puro: grandi, profondi, perfettamente ombreggiati, ma forse un po' troppo severi per una giovane donna. Però i tratti di lei erano poco accentuati; e ciò le toglieva in severità, e le aggiungeva in grazia. La sua statura era di poco più alta dell'ordinaria, e la persona elegante in modo, d'avere nei minimi suoi atti della seduzione.
Donna Livia portava quella notte un ricco mantello da viaggio, specie di zimarra di velluto nero, foderata di seta azzurra.
Era la moglie di don Francesco, ora duca dell'Isola.
Il cavaliere di Malta seguiva con inquietudine lo sguardo di suo cugino: forse temeva per donna Livia la collera di lui.
Ed infatti come le perdonerebbe egli, per natura violento ed altiero, di aver distrutta quella pergamena, che teneva preziosa, e l'insulto ricevuto innanzi alla famiglia?...
Opporsi, come ella aveva fatto, alla volontà del marito, sfidarla in un tempo in cui questi aveva sulla moglie un'autorità illimitata, era certamente correre grave rischio.
In faccia alla morte sembra che ogni sdegno dovrebbe tacere: ed invece in quella circostanza i rancori si risvegliavano, nascevano forse.
E chi cercherebbe il cavaliere dell'Isola, od i suoi figli? Ove sarebbero?
Don Francesco che farebbe, nel caso si ritrovassero suo malgrado?...
Il benedettino conosceva la causa dell'agitazione che regnava tra i membri della nobile famiglia dell'Isola: aveva confessato il defunto, che a lui per primo rivelava il segreto. Non sapeva però nulla della scena accaduta allora.
Il vecchio duca gli aveva detto che, se non veniva distrutto l'atto col quale si diseredava nella forma più solenne il cavaliere
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