sotto un falso nome, che non conosco. Facendo fare delle indagini però, si potrebbe trovare il cavaliere dell'Isola; o, se egli non vivesse più, ritrovare i suoi figli; poichè ne ebbe due, un maschio ed una femmina. Ecco quanto nei primi anni seppi a caso di lui. Mi sembra che si dovrebbe far pubblicare che nostro padre prima di morire aveva revocato l'atto col quale diseredava il cavaliere dell'Isola. Mio fratello od i suoi figli si presenterebbero colle carte di famiglia, ch'egli aveva portate seco. Oh, voglia il cielo che ciò avvenga!
S'interruppe ancora: indi con molta pena proseguì:
--Perchè nostro padre aveva difatti revocato quell'atto negli ultimi istanti di sua vita: si era pentito amaramente della durezza usata verso quel figlio, un dì tanto amato.... Mi aveva supplicato distruggere quell'atto, che contiene anche la rinuncia di mio fratello, il quale era stato costretto a firmarla.... Così mai avrebbe potuto presentarsi a reclamare.... Eppure non era soltanto della parte, che gli spettava degli averi paterni, che si era privato quell'infelice: ma anche di metà della dote vistosissima di sua madre.... L'altra metà il duca gliela fece consegnare in oro al momento della partenza.... Prima di morire, mio padre mi ordinò di rendere al cavaliere dell'Isola il suo nome, e dargli la terra di S.... colle vastissime sue dipendenze.--è quanto, disse, gli è ancora dovuto....
La fisonomia di don Francesco si faceva sempre più cupa, ed il morente ne sembrava spaventato....
--No, continuò poi, io non distrussi quell'atto ingiusto, quella carta fatale: ma voglio farlo adesso.... datemela! è sola nel mio scrigno, nel cassetto a destra: eccone la chiave, che portai sempre sopra di me.... Tenete, conte;.... là, nel mio gabinetto....
Il cavaliere di Malta obbedì, e tornò quasi subito con una vecchia pergamena, che porse all'infermo, il quale la prese esclamando:
--è questa!
Don Francesco gliela tolse all'istante: sino ad allora non si era mosso.
--Datemela, figlio mio, supplicò il morente: non disubbiditemi come feci io a mio padre.... Non preparatevi rimorsi simili a quelli che mi lacerano l'anima!
Don Francesco rimase impassibile. Il conte lo guardò indignato: fece per parlare; ma egli glielo impedì.
--Non accetto consigli da voi, cavaliere, gli disse: so come devo condurmi nell'interesse della mia casa.
--Avete ragione, esclamò donna Maria,--che sembrava volersi cattivare il fratello.
Il vecchio duca sospirò.
--Come! voi pure, figlia mia!
Alle parole, indirizzategli un istante prima da don Francesco, una vampa di rossore era salita al viso del conte di San Giorgio; ed involontariamente forse aveva appoggiata la mano sull'elsa della spada.
Suo cugino se ne avvide, e:
--Quando vorrete, gli disse.
--No! esclamò spaventato il vecchio: ve ne supplico entrambi!
Donna Rosalia si volse piangendo al fratello:
--Come? mormorò: anche una sfida! Ma non vedete che nostro padre sta per morire? Non comprendete quanto soffre?... Deh! rimediate al male che fece, e di cui è tanto pentito!... Fate che muoja in pace!...
--Tacete! rispose don Francesco, guardandola in modo, che la fanciulla atterrita non osò più proferire parola.
Il morente girava con angoscia lo sguardo intorno a sè, mentre andava mormorando:
--Ed il confessore, che mi assolse soltanto a condizione che venisse riparata la mia colpa!
Indi con forza:
--Don Francesco, distruggete quella carta: io ve lo impongo!
--Rifletterò, rispos'egli tranquillamente.
--Ah! voi non volete annientarla! Pietà!... Ed io che confidai in voi!...
E dopo un istante:
--Se fosse qui donna Livia!... Ella sola forse....
Quel nome di donna Livia parve fare un grande effetto su tutti gli attori di quella funebre scena.
--Sì: ella sola infatti! mormorò sommessamente il cavaliere di Malta.
Don Francesco sembrò alquanto scosso.
Suo padre continuò a bassa voce:
--Avevo ordinato si andasse a prenderla! Perchè non mi hanno obbedito?
--Sono andati, padre mio; gli susurrò all'orecchio donna Rosalia: anzi....
Ed escì inosservata: aveva udito il rumore di una carrozza: ma gli altri non vi avevano fatto attenzione.
--Oh! disse tra sè il vecchio: se potessi commuoverlo! Se il cielo lo permettesse!
E come incoraggiato alla speranza dell'ajuto celeste, tentò ancora:
--Don Francesco, disse con voce quasi inintelligibile, ve ne prego; distruggete quella pergamena!.... Non fate che Dio vi maledica!
Nell'accento del vecchio vi era quella esaltazione religiosa che al momento di lasciare la terra, s'impadronisce talvolta di coloro che in vita commisero grandi colpe.
E tale esaltazione, possibile sempre, era naturale nel duca in un'epoca in cui la fede non poteva quasi essere intieramente soffocata in alcuno: e si riaccendeva allo spegnersi della vita con tutte le proporzioni della superstizione.
Così allora quell'uomo, il quale aveva negato a suo padre moribondo ciò che a lui, moribondo pure, negava ora il figlio, e che di più era stato prima causa della ingiustizia cui voleva rimediare sì tardi, sentivasi sinceramente compreso d'orrore per la condotta di Don Francesco.
Era pentimento? Era certezza che Dio punirebbe suo figlio, come puniva lui? Forse eravi anche questo nella sua disperazione.
Vedendo don Francesco risoluto a non distruggere la pergamena, egli si chiedeva con terrore se quel segreto passerebbe così di padre in figlio, senza che mai vi fosse chi volesse rimediare.
Ma
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