La notte del Commendatore | Page 8

Anton Giulio Barrili
e mettimi un par d'uova nel tegamino.
--Eh, lo so che non è innamorato di me! Non ho già le mani nello
zucchero, io!
--Che cosa intendi di dire, sciocca?
--Dico, signor padroncino, che dello zucchero si fanno i confetti, e che
il droghiere....

--Piglia questo, di confetti!--gridò egli, facendosi rosso in volto come
una ciliegia, e andandole contro per assestarle un mezzo scapaccione.
Ma quella linguacciuta non istette ad aspettarlo, e corse per l'ova del
padroncino, contenta di aver mostrato colla sua stoccatina che la sapeva
lunga sul conto suo.
Finita la colazione e data una scorsa in paese, tanto per digerire, o per
giungere fin sui paraggi della drogheria, dove con aria di parere e non
parere incominciava a molestarsi colle dita il solino, per aver modo di
voltarsi e sbirciare in bottega, gli bisognava chiudersi nella sua camera,
a smagrire sui libri.
La mamma, se a caso lo vedeva girandolar colle mani alla cintola, era
sempre lì coll'antifona:
--Suvvia, Nicolino; non hai fatto ancor nulla quest'oggi. Vedi, tuo padre
va in collera, e brontola sempre con me. Per amor mio, va a lavorare,
che tu non perda il novembre quel che sapevi in agosto.
Nicolino andava storcendo un pochino le labbra, ma andava. Ridottosi
nella sua camera, e piantati i gomiti sullo scrittoio, masticava, secondo
il bisogno, un passo di Tito Livio, o un teorema di geometria; ma
queste cose gli conciliavano maledettamente il sonno, e per cacciarlo
via, Nicolino mutava registro, scombiccherava un acrostico, o tirava
qui un tocco in penna, tutto facce e profili di parrochi.
Onde tanto accanimento contro questa degnissima sottospecie
dell'ordine dei primati? Il nostro Nicolino non poteva patire il parroco
di San Quirico che veniva ogni sera in casa a far la partita di tarocchi, e
che ogni sera regolarmente, col pretesto di volergli un gran bene, gli
faceva un interrogatorio di bassa latinità. Si noti, a scusa di Nicolino,
che egli era già a Cicerone, e il buon prete s'era incocciato nell'Epitome.
Sbadataggine? Impotenza? Arcano che Don Silvestre ha recato con sè
sotto le umide volte del presbiterio.
Lo studio quotidiano finiva come doveva finire, con una brava dormita
a gomitello. Dopo due ore di quella applicazione, il ragazzo

sgattaiolava nella vigna, per far ora di pranzo. Usava per altro la
precauzione di portarsi un libro sotto il braccio, per non lasciar credere
che andasse a caccia di grilli, o, come più veramente era, in busca di
fragole selvatiche. Qualche volta, allo sbocco d'una stradicciuola
campestre, s'imbatteva nel babbo; ed ora il libro lo salvava, ora no, da
una ramanzina coi fiocchi.
Gli voleva un gran bene, suo padre; ma era un bene di sostanza, non
d'apparenza, e la prima pelle appariva un po' ruvida. A tavola, i
principii erano sempre questi: Hai studiato quest'oggi?--Sì, babbo.--Che
cosa?--Gli elementi di geometria.--Bene domattina mi copierai cinque
teoremi, e me ne darai anche la spiegazione. Vo' vedere i progressi che
fai.--
Non faccia meraviglia la cosa, perchè il signor Amedeo sapeva tutto,
anche di matematiche. Uomo di pronto ingegno e di vasta coltura,
argomento nella sua prima gioventù di alte speranze ai Doglianesi della
vecchia generazione, il signor Amedeo si era poi affondato nei pantani
della vita di provincia. Perchè? Anzitutto per ragioni domestiche;
inoltre, e più ancora, per affezioni, che lo avevano condotto a formare
una nuova famiglia all'ombra della vecchia. E prima per amore, e da
ultimo per consuetudine, aveva ristretto il suo orizzonte per modo, che
gli bastava di attendere ai suoi poderi, perchè dessero un anno per
l'altro le loro diecimila lire di reddito, egli che avrebbe potuto
guadagnare cinque volte tanto in una gran città, a far l'avvocato od il
medico. A volte ci pensava, anzi se ne rodeva un pochino; e che fosse
proprio così, lo provava il fatto del leggere continuo che faceva. Di
solito, la vita di provincia abbatte, rappicciolisce lo spirito; non si
studia, non si legge più, salvo il giornale, tanto per fare un po' di
polemica stracca alla bottega da caffè. Ma il signor Amedeo più che
una vita di provinciale, faceva una vita di campagnuolo, e studiava alle
sue ore e si teneva al fatto delle cose del mondo. Perciò i rimorsi del
non aver seguito la sua stella; e poichè gli era nato e venuto su l'erede,
si riprometteva di emendare in lui la sua colpa, di sviarlo dalle secche
su cui egli aveva incagliato.
--Quel che non ho potuto far io,--diceva il signor Amedeo,--farà lui;

ingegno ne ha; non lascierò che si smarrisca per via.--
Le scuole erano buone a Dogliani. E non era un miracolo, perchè
questa è soventi volte l'unica fortuna dei piccoli centri in Italia, e da
loro per questo rispetto, un gran vantaggio sui grandi. Ma il signor
Amedeo non se ne contentava; il primo, il vero maestro
Continue reading on your phone by scaning this QR Code

 / 138
Tip: The current page has been bookmarked automatically. If you wish to continue reading later, just open the Dertz Homepage, and click on the 'continue reading' link at the bottom of the page.