senza contare che si logorano anche molto da sè, a vedere le debolezze
degli uomini. Poi, quando son giunte all'ultimo quarto, buona notte,
spariscono, vanno in zecca a farsi rifondere; e quindici giorni dopo, le
ricompaiono più tonde di prima.--
A questa intemerata dello strano personaggio, il signor Commendatore
non potè trattenersi dal ridere. Così il ghiaccio era rotto; e siccome il
signor Commendatore era un uomo di garbo, si ricordò appunto allora
che non aveva anche fatto i suoi convenevoli all'ospite.
--La prego,--diss'egli,--si accomodi e quantunque io non sappia con chi
ho l'onore.... a che cosa io debba attribuire....
--O come?--interruppe l'altro ghignando.--Non mi conosce Ella? E non
le pare di avermi veduto mai, neanco in qualche vignetta? Ah,
vede?--soggiunse, come leggendo nell'animo del suo
interlocutore.--Ella mi conosce benissimo, e non occorre che io le
declini il mio riverito nome e cognome. Quanto all'attribuire, mi scusi;
o non m'ha chiamato Lei? Non ha formato in cuor suo un certo
desiderio?....
--E come sa?--chiese il vecchio gentiluomo, interdetto.
--So tutto; ed ella mi fa torto, signor Commendatore garbato, a
dubitarne. Non debbo io sapere tutto ciò che avviene ogni giorno ed
ogni ora nelle anime? È un ufficio noioso, spiacevole, e vorrei dire
anche peggio, se me lo consentisse la buona creanza. Le basti di saper
questo, e lo creda sull'onor mio, che spesso ci divento rosso dalla
vergogna. E quando si pensa che il principale ha creato l'uomo
coll'intenzione di fare una gran bella cosa, e quasi per castigare un
ribelle par mio. Ma già, dice il proverbio che non tutte le ciambelle
riescono col buco; e questa dell'uomo mi sembra una frittata. Dica, o
non pare anche a Lei?
--Oh, non me ne parli, per carità! Se non fosse per la donna....
--Eh, eh!--soggiunse l'altro, con un suo risolino asciutto.--Non dico di
no. C'è del buono. Ma bisogna distinguere... saper scegliere... Io me
n'intendo un pochino.
--Sì, davvero, saper scegliere!--incalzò il signor Commendatore, che
aveva inforcato il suo ippogrifo.--E quando si potesse, coll'esperienza
che ci è venuta dagli anni.....
--Averci anche un miccino di gioventù; la capisco, non dubiti, la
capisco. Ho inteso il suo desiderio poc'anzi. Stavo per l'appunto
ascoltando le vibrazioni dei nervi del dodicesimo paio, al loro uscire
dal foro condiloideo anteriore del suo cranio. Ella deve sapere che
quando si pensa si formano parole, quantunque alla muta. Gli è come a
dire che si lasciano dormire i nervi laringei, non mettendo in moto che
gl'ipoglossi. Provi a pensare qualcosa; non ha Lei la coscienza di avere
parole formate, quasi segni visibili delle idee? E senza questi segni che
sarebbero le idee? Potenza amorfa; impotenza; un quissimile del nulla.
Eccole una scoperta con cui potrà farsi onore, se pizzica di scienziato.
Io gliela offro di buon grado.--
E il sarcastico personaggio, sporgendo il cavo della mano coll'indice e
il mignolo stretto, fe' l'atto burlesco di offrirgli una presa.
--No, grazie non ne uso.
--Ah, tanto meglio! La scienza è un certo albero, che, suda suda, è un
miracolo se ne cavi fuori le tavole d'una cassa da morto. Ma torniamo a
noi. Vogliamo dunque levarcela, questa vecchia zimarra e questa barba
di stoppa? Eh eh! Il concetto è antico, ma è bello. Il signor Volfango
Goethe l'ha tirata fuori da una leggenda popolare del quattrocento; ma,
di leggenda in leggenda, e d'un ringiovanito in un altro, si potrebbe
risalire fino al decrepito Jolao, restituito, per le preghiere d'Ercole, alla
prima giovinezza. Sarebbe un dotto lavoro; ma già, fatica erudita, fatica
da cani; non mi dà l'animo di proporgliela. Finirebbe, io ne son certo,
col trovare il prodigio operato già mill'anni addietro nella terra dei Vedi;
e allora le toccherebbe andarsi a perdere tra gli Arii, ed altri siffatti
lunarii.
--Che il... destino me ne scampi!--gridò il Commendatore, trattenendo
per delicato riguardo al suo ospite, un cielo che già aveva sulla
lingua.--Ma, quel che più importa, il prodigio è possibile?
--Possibilissimo; solo che Vossignoria dica appuntino quel che
domanda.
--Rivivere, ricominciare, ecco tutto;--rispose il signor Commendatore,
sospirando.--Ho fallito la strada; ho perso il mio tempo; ho studiato
quando abbisognava amare; amato quando bisognava studiare; ceduto
ai matti consigli dell'ambizione, quando si trattava, pel mio meglio, di
rimanere a mezza via, all'insegna della felicità; creduto un gran bene di
vincere il punto su Tizio e Caio, e rinunziato, per sciocchi trionfi di
vanità, alle più care gioie della vita; fatte le volte del leone su pochi
metri di terra, quando avevo davanti a me il mondo dischiuso; infine,
che Le dirò? buttato via cinquant'anni, dei cinquantacinque che ho spesi.
E vorrei tornare indietro, rimettermi a nuovo; sicuro, per mettere a
frutto la mia esperienza, anche a patto di darle poi l'anima.
L'ospite, a quelle parole, diede una scrollatina di spalle.
--Eh via!--diss'egli,--per chi mi piglia? Il patto è largo; ma
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