gli tendeva le rosse manine dalla sua picciola
cuna. Qui, per altro, gli soccorrevano certi suoi vecchi dirizzoni, e,
messa in disparte la poesia fugace della cuna, rammentava le noie, i
grattacapi del matrimonio.
«Non ho la signora Zita per chiudermi gli occhi? È una brava donna e
l'ho ricordata nel mio testamento, perchè non abbia a capitar peggio e a
rompersi la testa negli ultimi giorni della sua vita. Il resto ai poveri,
famiglia che, a dir la verità, non ho molto aiutata vivendo. Infatti, ho
dato, quando i venti, quando i cinquanta, ma non per fare del bene al
prossimo, sibbene perchè una bella signora mi pagava in amabili sorrisi
il piacere che aveva di mettermi nella sua lista. Ha pagato cinquecento
lire, per vanagloria, un guanto di dama, a cui non avrei fatto il sacrifizio
di un'ora, per giungere alla felicità di baciarle una mano; mille lire una
scatola di fiammiferi, per far dire ad una superba Giunone: peccato che
il Commendatore Ariberti non sia nobile di sangue! Vanitas vanitatum
et omnia vanitas! Ho fatto un monte di spese inutili, anche sapendo di
farle. Al giuoco mi lasciavo guardar le carte da una sirena traditora, che
profanava il pizzo di Fiandra, onore delle nostre bisavole. Nei salotti,
per le vie, stringevo la mano a centinaia di sciocchi, o di tristi, e mi
trattenevo su d'un angolo di strada a sentire i discorsi degli
sconclusionati, per finire il giorno con loro, e come loro. Ah, il passato,
il passato! Chi mi dà di cancellarlo? Chi mi dà da riviverlo
altrimenti?....»
E cento svariate forme di persone e di cose gli scorrevano davanti agli
occhi, luminose ad un tempo e fugaci come immagini di sogno; selve
fragranti per mille aromi preziosi, città di marmo popolate da semidei,
liete frescure, laghi azzurri tra i monti, nuvoli rosei, amori, glorie,
olimpiche gare e corone d'alloro, tra migliaia d'uomini e di donne
festanti; e così via via tutto ciò che ha fatto bello il mondo, tutto ciò che
lo farà ancora alle generazioni venture, tutto ciò che era fuggito da lui
senza rimedio.
Ah sì, senza rimedio, pur troppo! E il petto del povero Commendatore
ansimava, gravido di sospiri. Quello scherno della fantasia era per lui la
cosa più molesta del mondo. Certo, se non fosse stato un uomo per
bene, sarebbe uscito in qualche grossa maledizione. Ma queste cosacce
non erano il fatto suo; grazie al cielo, il signor Commendatore
rispettava sè stesso, e se pure gli venne il momento che la rabbia
traboccasse, il pensiero assunse tuttavia una veste conforme al decoro.
--In fede mia,--esclamò egli parlando a sè stesso, che, pur di
--ricominciare la vita, farei un patto col diavolo. Sì,--soggiunse --poscia,
ridendo con un tal po' d'amarezza,--se l'amico ci fosse! Ma --anche
questo ci ha distrutto la scienza moderna, anche questo!
--Davvero? e chi glielo dice?--
--Queste parole, che fecero sobbalzare il signor Commendatore nella
sua nicchia, gli parve che venissero a lui da un armadio di rimpetto,
anzi proprio da un'ampia spera che vi stava incastrata, riflettendo la
luce raccolta della sua lucerna, e, tra questa e la penombra in cui egli
stava mezzo nascosto, i capricciosi giri del fumo che mandava fuori il
vaso del tè. Sbarrati gli occhi, come per guardar meglio davanti a sè,
vide dall'immagine riflessa di quelle mobili spire formarsi alcun che di
nuovo, indi balzar fuori d'un colpo, a guisa di pantomimo da un quadro
mobile, quel famoso personaggio dal viso sarcastico e dalla svelta
persona, che si dipinge vestito di rosso dal capo alle piante e con una
berretta sormontata da una penna di gallo; insomma «un giovine
gentiluomo» come quello veduto dal dottor Fausto di Goethe, o «un bel
cavaliero» come quello veduto dal suo omonimo di Gounod.
Qui sarebbe il caso di indagare, poichè siamo nel secolo della
incredulità, se si trattasse pel signor Commendatore d'una visione
drammatica o melodrammatica, letteraria o musicale. Ma siccome io
credo al fatto che narro, non è mestieri di cedere a queste pretensioni
degli uomini di poca fede. Dopo tutto, apparenza o realtà che fosse,
fatto sta che parlarono a lungo. Ma, di grazia, rifacciamoci dalle mosse.
--E chi glielo dice?--gridò l'inatteso ospite del signor Commendatore,
con una voce impressa di malizia e di buon umore.--Io son più vivo che
mai. Sappia, signor Commendatore degnissimo, che non si uccidono
così facilmente le vecchie forme del pensiero umano. La scienza ha un
bel fare; ma, spinte o sponte, dovrà lasciarci la nostra parte di sole. Ella
avrà scoperto il mito, non dico di no, e ci avrà tolto qualcosa; ma anche
scemati un pochino del nostro avere, ricompariremo, torneremo a far
casa. Non sa Lei quel che avviene delle vecchie lune? Le logorano i
naviganti e gl'innamorati a guardarle, come i cani ad abbaiarvi dietro;
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